Qual è la mia colpa, quella che porto con
me sin da quando ero nel grembo di mia madre? Potrebbero dirci questo i piccoli
figli delle madri recluse in carcere, quei bimbi che spesso sono costretti a
trascorrere in carcere quei primi mille giorni di vita che costituiscono, come
ci rappresenta il Ministero della Salute, la “prima finestra di sviluppo del bambino caratterizzata dalla costruzione
degli organi, in primo luogo del cervello, e delle relative funzioni,
che nella loro plasticità possono risentire dell’esposizione a un ampio spettro
di fattori, positivi o negativi, in molti casi controllabili”, e nei quali “lo sviluppo delle competenze cognitive e
socio-relazionali del bambino dipende molto dalla qualità
della relazione con i genitori e con l’ambiente che lo circonda,
priorità assoluta di salute pubblica”.
A Leda Colombini dobbiamo
l’impegno per questi bambini, a lei dobbiamo le battaglie a tutela di questi
piccoli, a lei dobbiamo l’intuizione di aver fatto di questi aspetti legati
alla tutela della salute infantile oggetto di azione politica.
Leda Colombini nacque a Fabbrico di Reggio Emilia il 10 gennaio del 1929 in una famiglia estremamente povera. Il nonno era mezzadro e la madre, dopo esser rimasta incinta dal figlio del padrone, partorì tre figlie. Il padre non le riconobbe mai, e la madre, esempio di grandissima dignità femminile, le allevò da sola, aiutata dal suo anzianopadre. Fin da bambina Leda comprende la sofferenza della madre per questa condizione che non le avrebbe permesso di far proseguire gli studi alla figlia oltre alla quinta elementare; Leda, infatti, dopo la scuola primaria va subito a lavorare nelle risaie vicine a Fabbrico. È in quel luogo che nasce la storia della “mondina rivoluzionaria”; sono gli anni di Filò, cioè quelle serate in cui le famiglie contadine si riunivano nelle stalle, unico posto caldo, mangiavano qualcosa, ma soprattutto era lo spazio dei racconti.Leda apprende della Resistenza e della possibilità di partecipare attivamente, anche solo cucendo abiti e preparando calze e maglioni per i partigiani.Alla fine della guerra si iscrive giovanissima al Partito Comunista Italiano ed entra nelle file dell’UDI dove incontra Nilde Iotti. È il partito che la manda alla scuola centrale per quadri dirigenti, dislocata allora a Milano. Furono mesi, ha ricordato Leda, «difficilissimi» ma anche fondamentali. Prima di allora parlava solo il dialetto e – come lei stessa ha raccontato – in quei mesi imparò l’italiano, un po’ di storia, di economia e di geografia. Infatti, subito dopo la guerra, il Pci si ritrovò con iscritti prevalentemente analfabeti, per questo fu messo in piedi un vero e proprio sistema scolastico- educativo che, partendo dalle sezioni, passava per le province, le regioni e arrivava fino alle scuole nazionali, come quella di Milano dove approdò Leda. Nel ’49 la Federbraccianti le affida la guida nazionale delle braccianti, quasi la metà degli iscritti. In questa nuova veste, Leda, giovanissima, affronta le fragili condizioni lavorative delle donne in diversi comparti agricoli: oltre all’annuale campagna per le mondine, da innovativo impulso all’azione sindacale tra le braccianti più sfruttate e meno riconosciute, quelle del Sud (raccoglitrici di olive, di castagne, di gelsomini).Nel 1969 entra ufficialmente in politica: nel 1970 eletta Consigliera regionale del Lazio per il Pci, riconfermata nel 1975 anno in cui diviene Assessora ai Servizi sociali, riconfermata, ancora nel 1980. Resta in carica sino al 1983, data in cui si dimette per essere eletta alla Camera dei deputati, per due mandati fino al 1992. In Parlamento, ricopre incarichi nelle Commissioni di ambito sociale e degli enti locali; sono Sue le proposte di legge quadro sul volontariato e sui portatori di handicap nonché quella relativa all’abolizione dei limiti di altezza nei concorsi pubblici, legge approvata all’unanimità.
Ma il motivo che rende Leda Colombini una donna davvero speciale, per il quale vogliamo ricordarla nella Giornata internazionale della donna 2025, è il suo impegno per i diritti delle madri detenute,a tutela dei loro piccoli figli e figlie; impegno che proseguirà anche dopo la fine del suo mandato parlamentare quando diviene presidente dell’Associazione di volontariato “A Roma insieme”, associazione che dal 1994 ha concentrato il suo impegno sul lavoro con le donne ed i bambini in carcere,secondo quanto previsto dalla Legge 354 del 1975 (Ordinamento Penitenziario), grazie alla quale le madri detenute possono tenere con sé i figli fino all’età di 3 anni, “affinché nessun bambino varchi più la soglia di un carcere”. I sabati dell’uscita dei bimbi con i volontari, i loro compleanni con la torta fatta dal pasticciere migliore di Roma, la loro prima gita al mare, sono tra gli aspetti della vita di Leda Colombini narrata nel bello e toccante documentario “Leda Colombini, una vita per le donne” a cura di Flavia Montini per Rai radio 3.
Oggi a Leda Colombini è dedicata Casa di Leda, a Roma, la prima casa-famiglia per madri detenute, non un istituto di custodia attenuata, ma una casa. Ha le finestre ma non le sbarre.
Alla Camera dei deputati nel maggio 2022, prima della caduta del governo Draghi, il parlamentare e pediatra Paolo Siani presentava la proposta di legge con la quale si prevedeva che l’istituzione di case-famiglia protette proprio come quella della casa di Leda a Roma, quale unica luogo per far scontare la pena alla donna in gravidanza o mamma con bimbo fino a sei anni di età, fossero coperte finanziariamente con uno specifico fondo alle regioni.
Èuna goccia nel mare, ancora per molti di questi bimbi non esiste la prospettiva anche fisica di uno sguardo che spazi libero, senza alcun ostacolo.
Ma è anche un seme che può germogliare nelle nostre coscienze civili e tradursi nell’impegno delle nostre comunità.
Leda Colombini muore improvvisamente nel dicembre del 2011, uscendo dal carcere di Regina Coeli dove era passata dai suoi bambini.
Leda Colombini nacque a Fabbrico di Reggio Emilia il 10 gennaio del 1929 in una famiglia estremamente povera. Il nonno era mezzadro e la madre, dopo esser rimasta incinta dal figlio del padrone, partorì tre figlie. Il padre non le riconobbe mai, e la madre, esempio di grandissima dignità femminile, le allevò da sola, aiutata dal suo anzianopadre. Fin da bambina Leda comprende la sofferenza della madre per questa condizione che non le avrebbe permesso di far proseguire gli studi alla figlia oltre alla quinta elementare; Leda, infatti, dopo la scuola primaria va subito a lavorare nelle risaie vicine a Fabbrico. È in quel luogo che nasce la storia della “mondina rivoluzionaria”; sono gli anni di Filò, cioè quelle serate in cui le famiglie contadine si riunivano nelle stalle, unico posto caldo, mangiavano qualcosa, ma soprattutto era lo spazio dei racconti.Leda apprende della Resistenza e della possibilità di partecipare attivamente, anche solo cucendo abiti e preparando calze e maglioni per i partigiani.Alla fine della guerra si iscrive giovanissima al Partito Comunista Italiano ed entra nelle file dell’UDI dove incontra Nilde Iotti. È il partito che la manda alla scuola centrale per quadri dirigenti, dislocata allora a Milano. Furono mesi, ha ricordato Leda, «difficilissimi» ma anche fondamentali. Prima di allora parlava solo il dialetto e – come lei stessa ha raccontato – in quei mesi imparò l’italiano, un po’ di storia, di economia e di geografia. Infatti, subito dopo la guerra, il Pci si ritrovò con iscritti prevalentemente analfabeti, per questo fu messo in piedi un vero e proprio sistema scolastico- educativo che, partendo dalle sezioni, passava per le province, le regioni e arrivava fino alle scuole nazionali, come quella di Milano dove approdò Leda. Nel ’49 la Federbraccianti le affida la guida nazionale delle braccianti, quasi la metà degli iscritti. In questa nuova veste, Leda, giovanissima, affronta le fragili condizioni lavorative delle donne in diversi comparti agricoli: oltre all’annuale campagna per le mondine, da innovativo impulso all’azione sindacale tra le braccianti più sfruttate e meno riconosciute, quelle del Sud (raccoglitrici di olive, di castagne, di gelsomini).Nel 1969 entra ufficialmente in politica: nel 1970 eletta Consigliera regionale del Lazio per il Pci, riconfermata nel 1975 anno in cui diviene Assessora ai Servizi sociali, riconfermata, ancora nel 1980. Resta in carica sino al 1983, data in cui si dimette per essere eletta alla Camera dei deputati, per due mandati fino al 1992. In Parlamento, ricopre incarichi nelle Commissioni di ambito sociale e degli enti locali; sono Sue le proposte di legge quadro sul volontariato e sui portatori di handicap nonché quella relativa all’abolizione dei limiti di altezza nei concorsi pubblici, legge approvata all’unanimità.
Ma il motivo che rende Leda Colombini una donna davvero speciale, per il quale vogliamo ricordarla nella Giornata internazionale della donna 2025, è il suo impegno per i diritti delle madri detenute,a tutela dei loro piccoli figli e figlie; impegno che proseguirà anche dopo la fine del suo mandato parlamentare quando diviene presidente dell’Associazione di volontariato “A Roma insieme”, associazione che dal 1994 ha concentrato il suo impegno sul lavoro con le donne ed i bambini in carcere,secondo quanto previsto dalla Legge 354 del 1975 (Ordinamento Penitenziario), grazie alla quale le madri detenute possono tenere con sé i figli fino all’età di 3 anni, “affinché nessun bambino varchi più la soglia di un carcere”. I sabati dell’uscita dei bimbi con i volontari, i loro compleanni con la torta fatta dal pasticciere migliore di Roma, la loro prima gita al mare, sono tra gli aspetti della vita di Leda Colombini narrata nel bello e toccante documentario “Leda Colombini, una vita per le donne” a cura di Flavia Montini per Rai radio 3.
Oggi a Leda Colombini è dedicata Casa di Leda, a Roma, la prima casa-famiglia per madri detenute, non un istituto di custodia attenuata, ma una casa. Ha le finestre ma non le sbarre.
Alla Camera dei deputati nel maggio 2022, prima della caduta del governo Draghi, il parlamentare e pediatra Paolo Siani presentava la proposta di legge con la quale si prevedeva che l’istituzione di case-famiglia protette proprio come quella della casa di Leda a Roma, quale unica luogo per far scontare la pena alla donna in gravidanza o mamma con bimbo fino a sei anni di età, fossero coperte finanziariamente con uno specifico fondo alle regioni.
Èuna goccia nel mare, ancora per molti di questi bimbi non esiste la prospettiva anche fisica di uno sguardo che spazi libero, senza alcun ostacolo.
Ma è anche un seme che può germogliare nelle nostre coscienze civili e tradursi nell’impegno delle nostre comunità.
Leda Colombini muore improvvisamente nel dicembre del 2011, uscendo dal carcere di Regina Coeli dove era passata dai suoi bambini.
”i
bambini stanno in carcere e noi dobbiamo risarcirli. Avranno delle conseguenze
se non iniziano a conoscere qualcosa al di là delle sbarre. Mi piace pensare-
continuò Leda- che facendogli vedere il bello nelle loro testoline crescerà un
seme di bontà, che poi gli permetterà di scegliere”.
Maria Vittoria Montemurro
Riferimenti
bibliografici
“La storia di Leda, da bracciante a dirigente di partito”, Francesco Piva, Franco Angeli, 2009.
https://www.raiplaysound.it/playlist/ledacolombiniunavitaperledonne
“La storia di Leda, da bracciante a dirigente di partito”, Francesco Piva, Franco Angeli, 2009.
https://www.raiplaysound.it/playlist/ledacolombiniunavitaperledonne