Romanzo amaro e intensissimo, la Parete, è per persone dai cuori forti e dall’equilibrio psichico stabile, quanto meno al momento dell’ascolto: la solitudine fa paura ai più e può portare all’isolamento. Senza un buon equilibrio psichico il romanzo potrebbe suscitare angoscia e disorientamento.
È una prova molto dura, quella a cui sottopone il lettore, la Haushofer. Una scrittrice austriaca che se n’è andata troppo presto e che meriterebbe certamente maggiore successo, come ci ricorda il pezzo che segue.
(RL)
“Marlen Haushofer, sola e ben accompagnata”
Una vedova rimane isolata in uno chalet di montagna e (ri)scopre il rapporto con la natura. Il capolavoro della scrittrice austriaca è un romanzo appassionante, mistico, profondo, amaro e bellissimo che parla di solitudine e violenza
di Daria Bignardi tratto da Vanity Fair del 1.4.19
Uno dei miei
sogni o delle mie paure – Rilke diceva che le paure sono
draghi a custodia dei tesori più nascosti – è quello del naufrago: ritrovarsi
completamente soli e separati dalla civiltà e dover imparare a sopravvivere,
non solo fisicamente ma soprattutto psicologicamente. Soli con se stessi, come
Robinson Crusoe. Che se uno non è del tutto risolto – e chi lo è – sai che
avventura? Non solo procurarsi da mangiare, ripararsi, curarsi da soli, ma
essere costretti a conoscere e a sopportare se stessi, senza possibilità di
fuga. E poi crearsi relazioni inedite: con le piante, con gli animali, con chi
c’è. La parete di Marlen Haushofer (e/o),
uscito nel 1963, racconta una di queste storie. La protagonista, una vedova
quarantenne, casalinga e con due figlie già grandi, si ritrova isolata
in uno chalet di montagna, separata durante la notte dal resto del mondo da
una parete di vetro infrangibile al di là della quale capisce che sono tutti
morti. Dopo le prime esplorazioni in cui si rende conto di essere rimasta
completamente sola col cane Lince, che diventerà il suo amatissimo compagno,
stringe un’intensa relazione affettiva con una mucca e una gatta. Gli animali
domestici diventeranno la sua famiglia e quelli selvatici le
sue prede. Dovrà imparare a cacciare, a coltivare, a studiare il modo per
sopravvivere e applicarlo con disciplina e fatica in ogni momento della
giornata. Marlen Haushofer, originaria dell’Alta Austria, figlia di una
domestica, moglie di un medico, aveva studiato letteratura sotto il
nazismo e scritto a quarant’anni il suo capolavoro, un romanzo
appassionante, mistico, profondo, amaro e bellissimo che parla di
solitudine, violenza, identità, genere, ma anche di natura e animali. Un libro
che meriterebbe maggior popolarità, un romanzo di formazione del Ventesimo
secolo. Qualche anno fa ne è stato tratto un film che non ho
visto, ma non so cosa darei per poter incontrare Marlen Haushofer, che è morta
a quarantanove anni nel 1970, e parlare con lei di letteratura e di vita.