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Una grande compositrice italiana di cui non si sapeva niente

Nell'800 la fiorentina Carolina Uccelli si distinse in un settore molto maschile: negli Stati Uniti hanno ricostruito la sua storia e messo in scena la sua opera.
 
di Stefano Nazzi
tratto da “il Post” del 9 agosto 2024


Più o meno cinque anni fa Will Crutchfield, direttore artistico della compagnia operistica statunitense Teatro Nuovo, trovò su internet la partitura in bassissima risoluzione di un’opera di cui non aveva mai sentito parlare prima: Anna di Resburgo, un melodramma in due atti che raccontava la storia di una famiglia di feudatari scozzesi alle prese con tradimenti, assassini e problemi giudiziari. Era stata scritta da Carolina Uccelli, una compositrice fiorentina sconosciuta, che l’aveva portata in scena per la prima volta al Teatro del Fondo di Napoli (oggi teatro Mercadante) nell’autunno del 1835, quando aveva 25 anni.
Ma le informazioni biografiche su Uccelli erano in generale pochissime: Crutchfield si mise a indagare su di lei e scoprì che era nata come Carolina Pazzini a Firenze nel 1810 da una famiglia dell’alta borghesia, che fin da giovane si era distinta per la sua bravura al pianoforte e nel canto e che Gioachino Rossini, uno dei più influenti e celebri operisti della storia, era un suo grande ammiratore. Il lungo lavoro di Crutchfield è culminato a luglio con la messa in scena di Anna di Resburgo a New York, che ha procurato all’autrice un po’ della fama che a livello storico e storiografico non le era mai stata riconosciuta.

In un articolo scritto per il New York Times Crutchfield ha raccontato che, quando si imbatté nella partitura, era rimasto colpito dall’eccezionalità di quel documento, tanto che all’inizio pensò che potesse trattarsi di un falso storico. Questo perché, negli anni Trenta dell’Ottocento, l’opera lirica era un ambito dominato quasi interamente dagli uomini. Le donne avevano pochissime speranze di affermarsi come compositrici, e più in generale di combinare qualcosa con la musica: le poche che ci riuscivano erano cresciute in ambienti alto borghesi, e le loro possibilità erano quasi interamente circoscritte alla cosiddetta musica da salotto, ossia concerti privati che venivano suonati dal vivo nei salotti europei e davanti a un pubblico ristrettissimo.
Uccelli, invece, aveva realizzato qualcosa di straordinario: non soltanto era riuscita a scrivere un intero melodramma e a coinvolgere nella rappresentazione professionisti di fama internazionale come il librettista Gaetano Rossi, la soprano Fanny Tacchinardi e il tenore Napoleone Moriani, ma anche a farla distribuire nella scena operistica più importante e dinamica del tempo.
Agli inizi dell’Ottocento l’Italia non era ancora un paese unito, ma l’opera lirica aveva già perso la sua nomea di passatempo per aristocratici ed era diventata un consumo culturale comune a fasce della popolazione sempre più ampie, al punto che, come ha scritto lo storico della musica Angelo Rusconi, era «di fatto un elemento di unità in un paese diviso»: la programmazione dei teatri seguiva le stesse modalità in tutti gli stati pre unitari, e alcuni impresari erano riusciti a ottenere la direzione artistica di teatri che si trovavano in stati diversi.

Affermarsi nella lirica dell’Italia pre unitaria significava insomma ottenere una notorietà enorme e trasversale: con Anna di Resburgo Uccelli sfidò le convenzioni culturali del tempo da una posizione non privilegiata, provando a emergere come compositrice in un contesto reputato esclusivamente maschile.
Dopo aver studiato a fondo la partitura e il libretto dell’opera, che fu scritto da Rossi e poi rivisto da Uccelli che ne semplificò alcune parti, Crutchfield decise di mettersi al lavoro per portare in scena Anna di Resburgo. È stato un compito difficile: dopo la prima del 1835 al teatro del Fondo di Napoli, l’opera fu eseguita pochissime altre volte (una «mezza dozzina», secondo Crutchfield), e poi Uccelli interruppe quasi del tutto la sua attività musicale; di conseguenza, non c’era altro materiale da cui prendere spunto. Per ricostruire le arie e le ambientazioni, Crutchfield ha dovuto studiare dalla scansione della partitura originale, che fu scritta a mano quasi due secoli fa e che di conseguenza era molto difficile da leggere.
Alla fine, dopo cinque anni di lavoro, a luglio l’opera è stata eseguita per la prima volta dopo 189 anni in due teatri statunitensi: l’Alexander Kasser Theater di Montclair, nello stato del New Jersey, e il Rose Theater di New York.
Anna di Resburgo è ambientata nella città scozzese di Roxburgh, e comincia dai dissidi che contrappongono due feudatari confinanti, Edmondo e Duncalmo. Il secondo, avido delle terre del primo, lo uccide e fa in modo che la colpa ricada su suo figlio, Edemondo, che a quel punto è costretto a fuggire in esilio e ad abbandonare sua moglie Anna e suo figlio Elvino. Per non doversi separare da Elvino, Anna è costretta ad assumere l’identità di una contadina, Egilda, facendo attenzione a non farsi scoprire.
 
Le rappresentazioni sono state accolte molto favorevolmente dalla critica, che ha apprezzato il ritmo del racconto e alcune intuizioni di Uccelli, che nonostante la giovanissima età dimostrò di avere un grande abilità nella costruzione della trama, nella scrittura del recitativo (la parte delle opere liriche metricamente più simile al parlato, quella che deve portare avanti la narrazione) e nell’alternare parti comiche e drammatiche. Un altro elemento che contraddistingue Anna di Resburgo, soprattutto se contestualizzata nel periodo storico in cui fu scritta, è la sua protagonista, ossia una madre.
Crutchfield ha scritto che «le madri sono raramente protagoniste nell’opera e, le poche volte in cui lo sono, c’è sempre qualcosa di spaventoso in loro», citando a questo proposito gli esempi della Norma di Vincenzo Bellini, che arriva quasi a uccidere i propri figli, e di Lucrezia Borgia (Donizetti) e Medea (Luigi Cherubini), che lo fanno per davvero. Anna di Resburgo racconta invece di una madre che protegge il proprio figlio anche a rischio di compromettere la sua vita, senza «incentrare la narrazione sul desiderio maschile e sulla rivalità sessuale», come molte opere del tempo.
La fine della carriera di Uccelli fu determinata da una sfortunata coincidenza temporale: un mese prima del debutto di Anna di Resburgo era stata infatti presentata Lucia di Lammermoor, una delle opere più famose del compositore bergamasco Gaetano Donizetti, che ottenne in breve tempo un successo enorme di pubblico e critica. Anna di Resburgo e Lucia di Lammermoor avevano in comune alcuni dettagli della scenografia e l’ambientazione, ossia la Scozia.
Gli elementi di somiglianza tra le due opere indussero il pubblico ad accogliere poco favorevolmente Anna di Resburgo e a considerarla una sorta di plagio di Lucia di Lammermoor. Ma la scarsa considerazione dell’opera dipese anche dal fatto che Donizetti era un compositore di enorme fama internazionale e all’apice della sua carriera: eguagliare il successo di una sua nuova opera era impensabile, specialmente per una compositrice, alle prime armi e con pochissima esperienza come Uccelli.
In realtà, Uccelli era stata screditata come compositrice anche prima che Anna di Resburgo fosse portata in scena a Napoli. Aveva fatto il suo debutto nell’opera cinque anni prima con Saul, un melodramma di cui non è rimasta alcuna traccia ma che, secondo diverse fonti, fu apprezzato moltissimo dal compositore pesarese Gioachino Rossini.
Dopo avere assistito alla prima di Saul al teatro della Pergola di Firenze, il 21 giugno del 1830, Rossini pubblicò una lettera per congratularsi con Uccelli per l’ottima riuscita di Saul. Come ha scritto Crutchfield, i suoi apprezzamenti per l’opera di esordio di una compositrice così giovane (ai tempi aveva 19 anni) e fino a quel momento sconosciuta generarono sospetti nella critica del tempo, che cominciò a speculare su una presunta (e mai confermata) relazione extraconiugale tra Uccelli (che ai tempi era sposata con un medico pisano, Filippo Uccelli) e Rossini.
Per esempio, dopo la prima di Saul, la rivista londinese di musica d’opera Harmonicon scrisse che «i fiorentini si sono divertiti, sia in versi che in prosa, con la composizione di questa signora e con l’alta e potente protezione che Rossini, come è noto, le ha offerto», quasi a suggerire che Uccelli fosse riuscita a portare in scena Saul solo grazie alla raccomandazione di un compositore di enorme successo.

Il periodico musicale tedesco Allgemeine musikalische Zeitung scrisse invece che, probabilmente, Rossini non era interessato a Uccelli per il suo talento, ma per il suo aspetto, mentre il giornale fiorentino Il Censore rimproverò il teatro della Pergola per aver dato spazio a quello che descriveva come un esercizio di «vanità femminile».
Due anni dopo la messa in scena di Saul il marito di Uccelli morì, e questa circostanza incise moltissimo sulla sua attività da musicista, dato che aveva potuto dedicarsi alla composizione anche grazie al suo sostegno economico. Riuscì a scrivere Anna di Resburgo grazie all’aiuto di Alessandro Lanari, l’impresario che aveva in gestione il teatro della Pergola e che aveva acconsentito alla rappresentazione di Saul dopo essere rimasto colpito dal suo talento. Nel 1834, Lanari fu assunto per dirigere i teatri reali di Napoli e lì, dopo una lunga attività diplomatica, riuscì a ottenere il permesso di rappresentare Anna di Resburgo al teatro del Fondo.
Dopo il 1835 Uccelli interruppe la sua attività da compositrice, ma non quella da musicista: continuò a esibirsi in concerti privati, e fu anche menzionata in una breve voce contenuta nella Biographie universelle des musiciens (una famosa e apprezzata enciclopedia dedicata alla vita e alla carriera di musiciste e musicisti) scritta dal musicologo belga François-Joseph Fétis tra la fine degli anni Trenta e gli inizi degli anni Quaranta dell’Ottocento.
Al netto dello sforzo di Fétis, le fonti storiche che parlano di Uccelli sono pochissime. La sua morte fu menzionata in un breve trafiletto nel numero del marzo del 1858 del periodico L’Italia Musicale, e qualche decennio dopo la Gazzetta Musicale di Milano scrisse un articolo in cui evidenziò che «se Fétis non l’avesse menzionata, difficilmente avremmo saputo della sua esistenza».
Parlando del suo tentativo di far riscoprire tardivamente l’opera di Uccelli, Crutchfield ha scritto che «non possiamo sapere quali opere avrebbe potuto scrivere se le fosse stata concessa la carriera che ha cercato con tanta audacia, ma quella che ha lasciato dietro di sé è un gioiello». Dopo aver visto lo spettacolo a New York, il critico musicale Joshua Barone ha scritto sul New York Times che il merito più importante di Crutchfield è stato quello di aver dimostrato che «Uccelli non ha mai meritato di essere trascurata; forse era una principiante, ma era una principiante brava». La critica del Wall Street Journal Heidi Waleson ha definito Anna di Resburgo «un’allettante visione di ciò che Uccelli avrebbe potuto diventare: ha abbracciato e abbellito abilmente le convenzioni del bel canto, e l’opera mostra abilità melodica e un’orchestrazione intrigante».