tratto da Internazionale “Sudamericana” del 11 ottobre 2024
la newsletter sull’America Latina a cura di Camilla Desideri
Più di cento persone sono morte e quaranta sono
rimaste ferite in un attacco avvenuto all’alba del 3 ottobre a Pont-Sondé, nel
dipartimento haitiano dell’Artibonite, nell’ovest del paese. Il bilancio
precedente delle Nazioni Unite era di settanta vittime, ma il 9 ottobre è stato
aggiornato da un funzionario locale che è intervenuto in una radio haitiana. Le
violenze sono state attribuite alla banda criminale Gran Grif, i cui affiliati
hanno aperto indiscriminatamente il fuoco nelle strade della città. Secondo le
Nazioni Unite nell’attacco sono morte anche dieci donne e tre bambini. Sedici
persone, tra cui due membri della banda, sono state gravemente ferite durante
una sparatoria con la polizia. I criminali hanno usato i loro fucili d’assalto
contro case e veicoli, costringendo migliaia di abitanti a scappare nella
vicina città di St. Marc. Sul suo account X il primo ministro Garry
Conille ha parlato di “un attentato brutale e senza senso
rivolto contro tutta la nazione haitiana”, aggiungendo che “le forze di
sicurezza nazionali, con l’aiuto di quelle internazionali, stanno
intensificando il loro intervento”.
Gran
Grif è una delle bande criminali più efferate di Haiti e il dipartimento
dell’Artibonite, prevalentemente agricolo, è tra i più colpiti dalla
violenza che negli ultimi anni ha preso il sopravvento nella capitale e in
altre regioni del paese. In un messaggio audio diffuso sui social network,
il leader del gruppo criminale Luckson Elan ha accusato lo stato e gli
stessi abitanti di Pont-Sondé di essere responsabili dell’accaduto, perché
sarebbero rimasti passivi mentre i suoi uomini sono morti negli scontri con
la polizia o i gruppi di autodifesa. Ma secondo la maggior parte delle
fonti, l’attentato è stato una rappresaglia contro la resistenza dei
residenti a pagare una tassa alla banda criminale per la circolazione dei
veicoli sulla strada nazionale numero 1, che attraversa la città da nord a
sud.
La criminalità nella regione dell’Artibonite, considerata il granaio di
Haiti con 28mila ettari coltivati a riso, ha portato all’abbandono di
almeno cinquemila ettari di terre fertili aggravando l’insicurezza alimentare
nel paese. El País scrive che oltre agli attacchi contro i contadini, le
bande impongono la loro legge attraverso i sequestri, il furto di alimenti
e gli abusi sessuali. Secondo la Piattaforma delle donne organizzate per lo
sviluppo dell’Artibonite, tra aprile del 2023 e marzo del 2024 nel
dipartimento ci sono stati più di 1.370 casi di stupro. L’attacco del 3 ottobre è arrivato quasi un mese
dopo il prolungamento dello stato d’emergenza in tutto il territorio
nazionale per far fronte alla violenza generalizzata. Da giugno nell’isola
sono presenti alcune centinaia di poliziotti keniani che fanno parte della
missione internazionale di sicurezza armata per stabilizzare il paese,
limitare il potere delle bande e organizzare delle elezioni libere.
“Il massacro di Pont-Sondé è il peggiore in termini di vittime da quando
gli agenti di polizia stranieri hanno cominciato ad arrivare ad Haiti e ha
evidenziato le carenze degli sforzi internazionali per ripristinare la
sicurezza”, ha scritto il Miami Herald.
La crisi sociale e di sicurezza si ripercuote su tutta la popolazione – in
sei mesi il numero degli sfollati interni è raddoppiato raggiungendo le
700mila persone – e in particolare sui bambini. Il 1 ottobre, quando è
ricominciato l’anno scolastico, molte scuole non sono state in grado di
accogliere gli alunni. Alcuni edifici sono inagibili dal terremoto del
2010, altri non possono essere raggiunti a causa della presenza delle
bande, altri ancora sono stati adibiti a rifugi temporanei per chi ha perso
la casa. A questo si aggiunge che circa il 30 per cento degli insegnanti ha
lasciato il paese, quindi l’anno scolastico è cominciato anche se in molte
classi mancavano i professori.
La fame, la prospettiva di guadagni facili e di avere un riparo spingono
molti bambini a entrare nelle fila delle delle bande, ha denunciato il 9
ottobre un rapporto dell’ong Human
rights watch (Hrw).
Negli ultimi mesi centinaia, se non migliaia, di minorenni sono stati
reclutati dai gruppi criminali, che li coinvolgono in attività illegali
come estorsioni, saccheggi, rapimenti e perfino omicidi. Secondo il fondo
delle Nazioni Unite per l’infanzia (Unicef), mezzo milione di bambini vive
sotto il loro controllo. Anche se non ci sono cifre ufficiali, le
organizzazioni per i diritti umani e i funzionari governativi stimano che
almeno il 30 per cento degli affiliati alle gang sia composto da minorenni.
“Con l’inizio dell’anno scolastico”, sostiene Hrw, “il governo di
transizione dovrebbe dare la priorità a una strategia incentrata
sull’istruzione, che protegga i bambini, tuteli i loro diritti, risponda ai
loro bisogni urgenti e offra un via d’uscita legale dai gruppi criminali.
Per farlo è fondamentale il sostegno economico della comunità internazionale”. |
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