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A lezione dall’uomo primitivo

Libri, diete, persino l'educazione dei figli: l'ultimo trend che, stando ai suoi sostenitori, dovrebbe migliorarci la vita, sostiene che l'esempio da seguire sia l'uomo primitivo.
 
di Arnaldo Greco 
tratto da “Rivista Studio” 26 Settembre 2024


Un paio di giorni fa, Repubblica ha pubblicato un articolo di Darby Saxbe in cui si proponeva di educare «i bambini alla noia» che, detta così, non sembra una cattiva idea, ma lo proponeva sulla scia di certi studi di Barry Hewlett riguardo «all’educazione dei figli nelle società di cacciatori-raccoglitori dell’Africa centrale». In queste società i figli non sono al centro delle attività dei genitori, che non devono correre dal catechismo alla scuola o dal corso di tennis a quello di canto, ma devono correre dietro alle antilopi o, più in generale, al cibo, pena il digiuno. I genitori, però, con questo stile di vita non sarebbero stressati dalla cura dei figli e anche questi ultimi ne beneficerebbero nella crescita – l’articolo non dice se inseguire le antilopi stressi meno, ma lascia intendere che sì. In ogni caso non è un’idea nuova. Già nel 2021, Rizzoli aveva pubblicato Cacciatore raccoglitore genitore. Perché l’uomo primitivo cresceva bambini felici e collaborativi? di Michaeleen Douclef, una domanda la cui risposta non è semplicemente “perché se non collaboravano morivano di fame o di abbandono”, ma è molto più complessa visto che il libro consta di ben 528 pagine.

Ma, al di là della facile ironia che, per qualcuno, altro non è che etnocentrismo (cioè giudicare le altre culture in base ai criteri della propria cultura su cosa siano progresso, sviluppo e benessere) e al di là della questione educativa, a me pare che sia, ancor prima, la figura del cacciatore-raccoglitore che va studiata, non tanto in senso storico che qui non ne saremmo capaci, ma per l’utilizzo che ne viene fatto. Per merito di Yuval Noah Harari e prima ancora di Jared Diamond e dei loro best-seller e più in generale della passione per la storia sempre più comune e diffusa, abbiamo imparato da un po’ a familiarizzare con questa figura “il cacciatore-raccoglitore”, alla base di tutta l’evoluzione umana, fino alla nascita dell’agricoltura. Il cacciatore-raccoglitore era nomade, doveva procacciarsi il cibo – per l’appunto – cacciandolo o raccogliendolo, viveva nella natura come un animale, trovava rifugi, non si era imborghesito con l’agricoltura, non era diventato ancora stanziale, non aveva praticamente proprietà privata visto che quei pochi beni di cui era in possesso doveva condurli sempre con sé, viveva in società molto più semplici e meno complesse di quello che si costruiranno dal Neolitico in poi. Insomma, secondo i nostri canoni, faceva una vita infame. Ma forse non solo secondo i nostri canoni visto che, col Neolitico, i nostri progenitori hanno capito che l’agricoltura – pur con enormi difficoltà e non immediatamente – avrebbe permesso di costruire società più complesse e vite meno faticose.

Ad ogni modo, ciò che qui conta, una volta risolto questo minimo excursus storico, è che il cacciatore-raccoglitore è diventato nel mondo pubblicitario o forse, ancora meglio, in quel mondo che vive sul crinale tra informazione spazzatura e pseudo-scienze, una specie di buon selvaggio di Rousseau, una sorta di passepartout per smerciare prodotti di ogni tipo. Libri, consigli, abbonamenti, integratori, tutto ciò che è in vendita può agganciare le sue radici nei costumi del cacciatore-raccoglitore e beneficiare del suo status di abitante dell’eden.

Ha per esempio, per dirne un’altra, sempre più successo la cosiddetta “dieta carnivora”, nonostante sia chiaramente e notoriamente una dieta addirittura pericolosa per la salute, perché propugna l’assunzione di sole proteine animali e l’abbandono totale delle fibre, dei cereali e dei loro derivati. L’idea scientifica che si vorrebbe alla base di questo regime alimentare sostiene che gli esseri umani non siano realmente onnivori, ma siano diventati onnivori solo per via della pigrizia di chi ha abbandonato la via maestra dei cacciatori-raccoglitori. E, dunque, pur non potendo tornare alle loro sane abitudini in ogni campo, dovremmo quantomeno riprendere le loro abitudini alimentari (e, altrettanto naturalmente, immortalarle sui social visto che le varie “diete carnivore” o “paleodiete” hanno un enorme successo su Instagram e su TikTok). La dieta promette dimagrimento a chi vuole dimagrimento, di migliorare la forma fisica a chi vuole migliorare la forma fisica e di far superare ogni malessere a chi ha piccoli malesseri di cui non sa comprendere l’origine. Una panacea universale, insomma.

Ma oltre che grandi esperti di dietistica sana, in grado di proteggere da ogni malattia o malessere, e in grado di educare i figli a un’esistenza più felice, i cacciatori-raccoglitori sono anche grandi esperti di forma fisica. Così come per il calisthenics che, al momento, sembra l’allenamento più di moda, esistono anche degli abbonamenti e consigli mirati a ottenere la forma fisica dei cacciatori raccoglitori, visto che erano in grado di camminare, inseguire e cacciare anche dieci ore al giorno – cosa, peraltro, in contraddizione con quanto si dice da altre parti dei cacciatori-raccoglitori e, cioè, che lavorassero pochissimo e, comunque, molto meno di oggi. In ogni caso, nessuno vi proporrà di avere la forma fisica dei primi agricoltori del Neolitico, questo è certo, la sola parola “agricoltore” non avrà mai la stessa allure di “cacciatore”.

Ma i cacciatori raccoglitori non avevano problemi di deficit dell’attenzione, di dipendenza dagli schermi, di stitichezza, lavoravano molte meno ore al giorno ed erano perfino meno violenti e addirittura, secondo alcuni studiosi, avevano una vita più felice e appagante di quella dell’uomo contemporaneo. (Mai capito però perché queste forme di rivelazioni non si accompagnino a una pratica reale di tale stile di vita, ma solo alla divulgazione).

Una volta erano delle oscure ricerche delle università americane, bastava citare il nome di un’università mai sentita, che aveva effettuato una non meglio precisata ricerca sui vantaggi delle bacche di goji e si riusciva, senza alcuna verifica e solo col passaparola della scienza alternativa e con l’alterna fortuna delle mode, a diffondere un prodotto o un sapere (poche cose come l’articolo indeterminativo davanti a “sapere” suonano così immediatamente di fuffa). Oggi che tutti si sentono più scafati e, allo stesso tempo, più distanti dai ritmi che si vorrebbero naturali e oberati da complicazioni emotive e sociali, più delle ricerche come punto d’appoggio funziona questa idealizzazione di un mondo di natura che non è mai esistito.