Un paio di
giorni fa, Repubblica ha pubblicato un articolo di Darby Saxbe
in cui si proponeva di educare «i bambini alla noia» che, detta così, non
sembra una cattiva idea, ma lo proponeva sulla scia di certi studi di Barry
Hewlett riguardo «all’educazione dei figli nelle società di
cacciatori-raccoglitori dell’Africa centrale». In queste società i figli non
sono al centro delle attività dei genitori, che non devono correre dal
catechismo alla scuola o dal corso di tennis a quello di canto, ma devono
correre dietro alle antilopi o, più in generale, al cibo, pena il digiuno. I
genitori, però, con questo stile di vita non sarebbero stressati dalla cura dei
figli e anche questi ultimi ne beneficerebbero nella crescita – l’articolo non
dice se inseguire le antilopi stressi meno, ma lascia intendere che sì. In ogni
caso non è un’idea nuova. Già nel 2021, Rizzoli aveva pubblicato Cacciatore
raccoglitore genitore. Perché l’uomo primitivo cresceva bambini felici e
collaborativi? di Michaeleen Douclef, una domanda la cui risposta non
è semplicemente “perché se non collaboravano morivano di fame o di abbandono”,
ma è molto più complessa visto che il libro consta di ben 528 pagine.
Ma, al di là
della facile ironia che, per qualcuno, altro non è che etnocentrismo (cioè
giudicare le altre culture in base ai criteri della propria cultura su cosa
siano progresso, sviluppo e benessere) e al di là della questione educativa, a
me pare che sia, ancor prima, la figura del cacciatore-raccoglitore che va
studiata, non tanto in senso storico che qui non ne saremmo capaci, ma per
l’utilizzo che ne viene fatto. Per merito di Yuval Noah Harari e prima ancora di
Jared Diamond e dei loro best-seller e più in generale della passione per la
storia sempre più comune e diffusa, abbiamo imparato da un po’ a familiarizzare
con questa figura “il cacciatore-raccoglitore”, alla base di tutta l’evoluzione
umana, fino alla nascita dell’agricoltura. Il cacciatore-raccoglitore era
nomade, doveva procacciarsi il cibo – per l’appunto – cacciandolo o
raccogliendolo, viveva nella natura come un animale, trovava rifugi, non si
era imborghesito con l’agricoltura, non era diventato ancora
stanziale, non aveva praticamente proprietà privata visto che quei pochi beni
di cui era in possesso doveva condurli sempre con sé, viveva in società molto
più semplici e meno complesse di quello che si costruiranno dal Neolitico in
poi. Insomma, secondo i nostri canoni, faceva una vita infame. Ma forse non
solo secondo i nostri canoni visto che, col Neolitico, i nostri progenitori
hanno capito che l’agricoltura – pur con enormi difficoltà e non immediatamente
– avrebbe permesso di costruire società più complesse e vite meno faticose.
Ad ogni modo,
ciò che qui conta, una volta risolto questo minimo excursus storico, è che il
cacciatore-raccoglitore è diventato nel mondo pubblicitario o forse, ancora
meglio, in quel mondo che vive sul crinale tra informazione spazzatura e
pseudo-scienze, una specie di buon selvaggio di Rousseau, una sorta di
passepartout per smerciare prodotti di ogni tipo. Libri, consigli, abbonamenti,
integratori, tutto ciò che è in vendita può agganciare le sue radici nei
costumi del cacciatore-raccoglitore e beneficiare del suo status di abitante
dell’eden.
Ha per esempio,
per dirne un’altra, sempre più successo la cosiddetta “dieta carnivora”,
nonostante sia chiaramente e notoriamente una dieta addirittura pericolosa per
la salute, perché propugna l’assunzione di sole proteine animali e l’abbandono
totale delle fibre, dei cereali e dei loro derivati. L’idea scientifica che si
vorrebbe alla base di questo regime alimentare sostiene che gli esseri umani
non siano realmente onnivori, ma siano diventati onnivori solo per via della
pigrizia di chi ha abbandonato la via maestra dei cacciatori-raccoglitori. E,
dunque, pur non potendo tornare alle loro sane abitudini in ogni campo,
dovremmo quantomeno riprendere le loro abitudini alimentari (e, altrettanto
naturalmente, immortalarle sui social visto che le varie “diete carnivore” o
“paleodiete” hanno un enorme successo su Instagram e su TikTok). La dieta
promette dimagrimento a chi vuole dimagrimento, di migliorare la forma fisica a
chi vuole migliorare la forma fisica e di far superare ogni malessere a chi ha
piccoli malesseri di cui non sa comprendere l’origine. Una panacea universale,
insomma.
Ma oltre che
grandi esperti di dietistica sana, in grado di proteggere da ogni malattia o
malessere, e in grado di educare i figli a un’esistenza più felice, i
cacciatori-raccoglitori sono anche grandi esperti di forma fisica. Così come
per il calisthenics che, al momento, sembra l’allenamento più di moda, esistono
anche degli abbonamenti e consigli mirati a ottenere la forma fisica dei
cacciatori raccoglitori, visto che erano in grado di camminare, inseguire e
cacciare anche dieci ore al giorno – cosa, peraltro, in contraddizione con
quanto si dice da altre parti dei cacciatori-raccoglitori e, cioè, che
lavorassero pochissimo e, comunque, molto meno di oggi. In ogni caso, nessuno
vi proporrà di avere la forma fisica dei primi agricoltori del Neolitico,
questo è certo, la sola parola “agricoltore” non avrà mai la stessa allure di
“cacciatore”.
Ma i cacciatori
raccoglitori non avevano problemi di deficit dell’attenzione, di dipendenza
dagli schermi, di stitichezza, lavoravano molte meno ore al giorno ed erano
perfino meno violenti e addirittura, secondo alcuni studiosi, avevano una vita
più felice e appagante di quella dell’uomo contemporaneo. (Mai capito però
perché queste forme di rivelazioni non si accompagnino a una pratica reale di
tale stile di vita, ma solo alla divulgazione).
Una volta erano delle oscure ricerche delle università americane, bastava citare il nome di un’università mai sentita, che aveva effettuato una non meglio precisata ricerca sui vantaggi delle bacche di goji e si riusciva, senza alcuna verifica e solo col passaparola della scienza alternativa e con l’alterna fortuna delle mode, a diffondere un prodotto o un sapere (poche cose come l’articolo indeterminativo davanti a “sapere” suonano così immediatamente di fuffa). Oggi che tutti si sentono più scafati e, allo stesso tempo, più distanti dai ritmi che si vorrebbero naturali e oberati da complicazioni emotive e sociali, più delle ricerche come punto d’appoggio funziona questa idealizzazione di un mondo di natura che non è mai esistito.