di Maria
Colaizzo
Nel mito le
sirene sono viste come fatalmente pericolose per gli uomini e il loro destino è
quello di sedurre e perdere gli esseri umani. Cosa cantano le sirene di
così struggente e disastroso? Che cosa promettono le sirene a Ulisse?
Ecco il passo
dell’Odissea ai versi 184-188 del libro XII:
'δεῦρ' ἄγ' ἰών, πολύαιν' Ὀδυσεῦ, μέγα κῦδος Ἀχαιῶν,
νῆα κατάστησον, ἵνα νωϊτέρην ὄπ' ἀκούσῃς.
οὐ γάρ πώ τις τῇδε παρήλασε νηῒ μελαίνῃ,
πρίν γ' ἡμέων μελίγηρυν ἀπὸ στομάτων ὄπ' ἀκοῦσαι,
ἀλλ' ὅ γε τερψάμενος νεῖται καὶ πλείονα εἰδώς.
Vieni, celebre Odisseo, grande gloria degli Achei,
e ferma la nave, così potrai ascoltarci.
Nessuno si allontana mai da qui con la nera nave
se prima non sente la voce dalle nostre labbra, suono di miele;
'δεῦρ' ἄγ' ἰών, πολύαιν' Ὀδυσεῦ, μέγα κῦδος Ἀχαιῶν,
νῆα κατάστησον, ἵνα νωϊτέρην ὄπ' ἀκούσῃς.
οὐ γάρ πώ τις τῇδε παρήλασε νηῒ μελαίνῃ,
πρίν γ' ἡμέων μελίγηρυν ἀπὸ στομάτων ὄπ' ἀκοῦσαι,
ἀλλ' ὅ γε τερψάμενος νεῖται καὶ πλείονα εἰδώς.
e ferma la nave, così potrai ascoltarci.
Nessuno si allontana mai da qui con la nera nave
se prima non sente la voce dalle nostre labbra, suono di miele;
chi si è fermato
se n’è andato dopo aver provato piacere e acquisito più conoscenza.
Se dunque Ulisse
si fermerà presso di loro, se ne andrà più felice e “sapendo più cose”. Ulisse
sperimenta la seduzione del canto delle Sirene, una melodia che induce"dipendenza"
in chi lo ascolta, che stordisce di dolcezza e calore, come il loto, come il
vino, ma che è infinitamente più pericoloso perché promettendo di saziare la
sete di conoscenza dell'uomo si rivela, alla fine, causa di rovina e morte.
Ulisse si costringe ad ascoltare le sirene senza potersi fermare sulla loro isola. Resterà in lui il rimpianto per l’occasione perduta, di apprendere da chi sa del passato e del presente e del futuro la conoscenza del tutto, ovvero attingere alla fonte divina dell’infinita dimensione dello spazio e del tempo, superare i limiti imposti all’umano, sfidarli dimenticando sé stessi, i propri affetti e legami. Ulisse affida ad altri la salvaguardia della propria esistenza, il suo stesso corpo. Il nostos è la sua meta, ma vorrebbe poterla ignorare. Quel viaggio d’altra parte gli permette di sperimentare la sua forza e la sua capacità di resistere. Noi, ugualmente sedotti dalla possibilità della conoscenza,talvolta rivolgiamo a mete ambiziose i nostri sforzi e mettiamo a rischio la sicurezza dell’umanità; le nostre sirene irresistibilmente ci attraggono celate nella tecnologia, nella promessa di successo, nella dispensazione di piaceri; ci seducono con la promessa della bellezza, della giovinezza, del potere. In una gerarchia delle offerte, la conoscenza assoluta non occupa il primo posto, ma volgarmente scivola verso il basso, verso la dimensione materiale. Ulisse sa che dovrà resistere al canto, e chiede ai compagni di legarlo saldamente all’albero della nave, di legarlo ancor più fortemente se dovesse pregarli di liberarlo. Viceversa non sono previsti ceppi ed alberi maestri per coloro che oggi scelgono di navigare verso gli scogli delle sirene, senza dare ascolto alla propria coscienza e ad un comune senso di responsabilità. Le sirene, a differenza di tanti altri mostri mitologici, ingannano seducendo, per mettere alla prova la capacità di autocontrollo e autodeterminazione dell’uomo. Per sconfiggerle valgono la forza di volontà, l’intelligenza e la capacità di valutazione. Ulisse possiede queste qualità, visto che è un uomo ‘dal multiforme ingegno’: è accorto, esperto e previdente, oltre che padrone di sé stesso. Nel corso del suo viaggio, egli non affronta eroi e guerrieri suoi pari, in una tradizionale competizione, ma situazioni nuove e complesse che richiedono soluzioni non convenzionali. Deposte le armi del conquistatore, deve affrontare il soprannaturale e modificare la propria visione del mondo. Viaggiare è pericoloso, richiede prudenza e previdenza, ma anche umiltà e scaltrezza. Metafora della vita, il viaggio lo impegna in una lotta nuova, di cui non ha esperienza. Tra gli ostacoli, i desideri cui non si può resistere (‘il mio cuore voleva ascoltare’), che mettono in crisi la capacità razionale del soggetto, modificando i suoi progetti. Potremmo dire che le sirene circolanti tra di noi interferiscono con le nostre decisioni, le nostre scelte, i nostri destini. Conoscenza e perfezione assolute poste come limiti da superare per accedere ad un livello superiore di umanità si rivelano irraggiungibili e si trasformano in ossessioni e dipendenze allontanandoci dalla normalità del nostos, il ritorno al proprio mondo e alle proprie radici per ritrovare se stessi.
Ulisse si costringe ad ascoltare le sirene senza potersi fermare sulla loro isola. Resterà in lui il rimpianto per l’occasione perduta, di apprendere da chi sa del passato e del presente e del futuro la conoscenza del tutto, ovvero attingere alla fonte divina dell’infinita dimensione dello spazio e del tempo, superare i limiti imposti all’umano, sfidarli dimenticando sé stessi, i propri affetti e legami. Ulisse affida ad altri la salvaguardia della propria esistenza, il suo stesso corpo. Il nostos è la sua meta, ma vorrebbe poterla ignorare. Quel viaggio d’altra parte gli permette di sperimentare la sua forza e la sua capacità di resistere. Noi, ugualmente sedotti dalla possibilità della conoscenza,talvolta rivolgiamo a mete ambiziose i nostri sforzi e mettiamo a rischio la sicurezza dell’umanità; le nostre sirene irresistibilmente ci attraggono celate nella tecnologia, nella promessa di successo, nella dispensazione di piaceri; ci seducono con la promessa della bellezza, della giovinezza, del potere. In una gerarchia delle offerte, la conoscenza assoluta non occupa il primo posto, ma volgarmente scivola verso il basso, verso la dimensione materiale. Ulisse sa che dovrà resistere al canto, e chiede ai compagni di legarlo saldamente all’albero della nave, di legarlo ancor più fortemente se dovesse pregarli di liberarlo. Viceversa non sono previsti ceppi ed alberi maestri per coloro che oggi scelgono di navigare verso gli scogli delle sirene, senza dare ascolto alla propria coscienza e ad un comune senso di responsabilità. Le sirene, a differenza di tanti altri mostri mitologici, ingannano seducendo, per mettere alla prova la capacità di autocontrollo e autodeterminazione dell’uomo. Per sconfiggerle valgono la forza di volontà, l’intelligenza e la capacità di valutazione. Ulisse possiede queste qualità, visto che è un uomo ‘dal multiforme ingegno’: è accorto, esperto e previdente, oltre che padrone di sé stesso. Nel corso del suo viaggio, egli non affronta eroi e guerrieri suoi pari, in una tradizionale competizione, ma situazioni nuove e complesse che richiedono soluzioni non convenzionali. Deposte le armi del conquistatore, deve affrontare il soprannaturale e modificare la propria visione del mondo. Viaggiare è pericoloso, richiede prudenza e previdenza, ma anche umiltà e scaltrezza. Metafora della vita, il viaggio lo impegna in una lotta nuova, di cui non ha esperienza. Tra gli ostacoli, i desideri cui non si può resistere (‘il mio cuore voleva ascoltare’), che mettono in crisi la capacità razionale del soggetto, modificando i suoi progetti. Potremmo dire che le sirene circolanti tra di noi interferiscono con le nostre decisioni, le nostre scelte, i nostri destini. Conoscenza e perfezione assolute poste come limiti da superare per accedere ad un livello superiore di umanità si rivelano irraggiungibili e si trasformano in ossessioni e dipendenze allontanandoci dalla normalità del nostos, il ritorno al proprio mondo e alle proprie radici per ritrovare se stessi.