Istat, oltre 4 milioni di residenti in meno entro il 2050. E nel 2080 saremo solo 46 mln. Nel 2043 più di una famiglia su cinque non avrà dei figli.
tratto da “Quotidiano Sanità” del 25 luglio 2024
Tra il 2023 e il 2043 la consistenza delle coppie
con figli evolve al ribasso da 7,8 a 6,2 milioni di famiglie (-20%). La
diminuzione più consistente si registrerà tra le coppie con almeno un figlio di
età compresa tra 0 e 19 anni (-23%): di tale tipologia, che oggi raccoglie cinque
milioni di famiglie, si prevede una discesa a 3,9 milioni nel 2043, con una
quota rappresentativa del totale prevista in calo dal 19,2% al 14,3%.
Lo sbilanciamento fra le nuove e le vecchie generazioni si fa sentire sempre più nel nostro Paese, che è destinato a perdere una quota di oltre 4 milioni di abitanti entro il 2050. E' quanto riportano i nuovi dati sulle previsioni demografiche italiani dell'Istat, aggiornate al 2023, che evidenziano tendenze la cui direzione parrebbe irreversibile, pur se in un contesto nel quale non mancano elementi di incertezza.
La popolazione residente - emerge dal report - è in decrescita: da circa 59 milioni al 1° gennaio
2023 a 58,6 mln nel 2030, a 54,8 mln nel 2050 fino a 46,1 mln nel 2080. Il rapporto tra individui in età lavorativa (15-64 anni) e non (0-14 e 65
anni e più) passerà da circa tre a due nel 2023 a circa uno a uno nel 2050. Con
un’età media di 51,5 anni entro il 2050 (50,8 per l’Italia), nel Mezzogiorno ci
sarà un processo di invecchiamento più rapido. Tra 20 anni ci sarà circa un
milione di famiglie in più, ma saranno più frammentate. Meno coppie con figli,
più coppie senza: entro il 2043 meno di una famiglia su quattro sarà composta
da una coppia con figli, più di una su cinque non ne avrà.
Tra il 2014 e il 2023, sotto l’azione di
dinamiche demografiche recessive, il Paese ha perso circa un milione 350 mila
residenti (da 60,3 milioni a poco meno di 59). In linea con tale tendenza, lo
scenario di previsione “mediano” contempla un ulteriore calo di 439mila
individui entro il 2030 (58,6 milioni), con un tasso di variazione medio annuo
pari al -1,1‰. Nel medio termine la diminuzione della popolazione risulterebbe
più accentuata: da 58,6 milioni a 54,8 milioni tra il 2030 e il 2050 (tasso di
variazione medio annuo pari al -3,3‰). Nella misura in cui si manifestassero le
ipotesi demografiche contemplate sotto lo scenario mediano, entro il 2080 la
popolazione scenderebbe a 46,1 milioni, diminuendo di ulteriori 8,8 milioni
rispetto al 2050 (-5,8‰ in media annua) mentre il calo complessivo dall’anno
base dell’esercizio (2023) ammonterebbe a 12,9 milioni di residenti.
Il progressivo spopolamento investe tutto il territorio, ma con differenze
tra Nord, Centro e Mezzogiorno che fanno sì che tale questione raggiunga una
dimensione significativa soprattutto in quest’ultima ripartizione. Secondo lo
scenario mediano, nel breve termine si prospetta nel Nord (+1,5‰ annuo fino al
2030) un lieve ma significativo incremento di popolazione, al contrario nel
Centro (-0,9‰) e soprattutto nel Mezzogiorno (-4,8‰) si preannuncia un calo di
residenti. Lo scenario mediano mostra che, nel passaggio che condurrà la
popolazione dagli odierni 59 milioni di individui a circa 46 nel 2080, si
avranno 21 milioni di nascite, 44,4 milioni di decessi, 18,2 milioni di
immigrazioni dall’estero e 8 milioni di emigrazioni. Nello scenario più
attendibile, quindi, la popolazione muta radicalmente, e non solo sotto il
profilo quantitativo. Le attuali anziane generazioni, infatti, portatrici di
valori, usi, livelli di istruzione e competenze proprie lasceranno il passo
alle nuove che a loro volta saranno portatrici di pari caratteristiche ma
evolute.
Nello scenario mediano, dove si contempla
una crescita della
fecondità da 1,20 figli per donna nel 2023 a 1,46 nel 2080, il massimo delle nascite risulta pari a 404mila unità nel 2038. In seguito, il previsto aumento dei livelli
riproduttivi medi non porta un parallelo aumento delle nascite, in quanto
contrastato da un calo
progressivo delle donne in età fertile.
Si tenga presente che nel 2023 il numero delle donne in età 15-49 anni ammonta
a 11,6 milioni e che, in base allo scenario mediano, tale contingente è
destinato a contrarsi fino a 9,2 milioni nel 2050 e a 7,7 milioni nel 2080.
D’altra parte, la prospettiva di una fecondità in rialzo fino a 1,85 figli per
donna nel 2080, registrando un intermedio di 1,6 figli per donna nel 2050,
ossia quanto ipotizzato nello scenario più favorevole, restituisce un livello
di nascite inferiore alle 500mila unità annue. Simili perturbazioni strutturali
interesseranno l’evoluzione della mortalità, per la quale si prevede
annualmente un numero sostenuto di eventi di decesso, fino a un picco di
851mila nel 2059 secondo lo scenario mediano, anche in un contesto di buone
aspettative sull’evoluzione della speranza di vita (86,1 e 89,7 anni quella
prevista alla nascita nel 2080, rispettivamente per uomini e donne, con un
guadagno di 4,8 anni per i primi e di 4,4 anni per le seconde sul 2023).
La struttura della popolazione residente è oggetto da anni di uno squilibrio tra nuove e vecchie generazioni, dovuto alla combinazione, tipicamente italiana,
dell’aumento della longevità e di una fecondità costantemente bassa. Oggi il
Paese presenta la seguente articolazione per età: il 12,4% degli individui ha
fino a 14 anni di età; il 63,6% tra 15 e 64 anni; il 24,0% dai 65 anni di età
in su. L’età media, nel frattempo, si è portata a 46,4 anni e ciò colloca
l’Italia, subito dopo il Giappone, tra i leader mondiali sul versante della
transizione demografica, insieme ad altri Paesi dell’area mediterranea
(Portogallo, Grecia, Spagna) e alla Germania. Le prospettive future comportano
un’amplificazione di tale processo, governato più dall’attuale
articolazione per età della popolazione che dai
cambiamenti ipotizzati circa l’evoluzione della fecondità, della mortalità e
delle dinamiche migratorie, in base a un rapporto di importanza, all’incirca,
di due terzi e un terzo rispettivamente.
Nel 2050 le persone di 65 anni e più potrebbero rappresentare il 34,5% del totale secondo lo scenario mediano, mentre l’intervallo di confidenza al 90% presenta un minimo del 33,1% e un massimo del 35,8%. Una significativa crescita è attesa anche per la popolazione di 85 anni e più, quella all’interno della quale si concentrerà una più importante quota di individui fragili, dal 3,8% nel 2023 al 7,2% nel 2050 con margini di confidenza tra il 6,4 e l’8%. Comunque vadano le cose, quindi, l’impatto sulle politiche di protezione sociale sarà importante, dovendo porsi l’obiettivo di fronteggiare fabbisogni per una quota crescente di anziani. Sul versante previdenziale, ad esempio, le ipotesi sulle prospettive della speranza di vita a 65 anni contemplate nello scenario mediano presagiscono una crescita importante, a legislazione vigente, dell’età al pensionamento. Rispetto agli attuali 67 anni, si passerebbe a 68 anni e 2 mesi a decorrere dal 2035, a 69 anni precisi dal 2045 e a 69 anni e 10 mesi dal 2055. I giovani fino a 14 anni di età, sebbene nello scenario mediano si preveda una fecondità in parziale recupero, potrebbero rappresentare entro il 2050 l’11,2% del totale, registrando una moderata flessione in senso relativo ma non in assoluto. Infatti, sul piano dei rapporti intergenerazionali si presenterà un rapporto squilibrato tra ultrasessantacinquenni e ragazzi, in misura di oltre tre a uno.
A contribuire alla crescita assoluta e relativa della popolazione anziana concorrerà soprattutto il transito delle folte generazioni degli anni del baby boom (nati negli anni ’60 e prima metà dei ’70) tra le età adulte e senili, con concorrente riduzione della popolazione in età lavorativa. Nei prossimi trent’anni, infatti, la popolazione di 15-64 anni scenderebbe al 54,3% in base allo scenario mediano, con una forchetta potenziale compresa tra il 53,3% e il 55,5%, evidenziando anche qui un quadro evolutivo certo, con importanti ricadute sul mercato del lavoro e sui fabbisogni da garantire al sistema di welfare. Tra le future trasformazioni demografiche va evidenziato il processo di invecchiamento nel Mezzogiorno. Per quanto tale ripartizione geografica presenti ancora oggi un profilo per età più giovane, l’età media dei suoi residenti transita da 45,5 anni nel 2023 a 51,5 anni nel 2050 (scenario mediano), sopravanzando sia il Nord, che nel medesimo anno raggiunge un’età media di 50,2 anni, sia il Centro che si attesta in quel momento a 51,1 anni.
Nei prossimi 20 anni si prevede un aumento di circa 930mila famiglie: da 26 milioni nel 2023 si arriverà a 26,9 milioni nel 2043 (+3,5%). Si
tratta di famiglie sempre più piccole, caratterizzate da una maggiore
frammentazione, il cui numero medio di componenti scenderà da 2,25 persone nel
2023 a 2,08 nel 2043. Anche le famiglie con almeno un nucleo (ossia
contraddistinte dalla presenza di una relazione di coppia o di tipo
genitore-figlio) varieranno la loro dimensione media da 2,94 a 2,79 componenti.
L’aumento del numero di famiglie deriverà prevalentemente da una crescita delle
famiglie senza nuclei (+16%) che salgono da 10 milioni a 11,5, arrivando a
rappresentare nel 2043 il 42,9% delle famiglie totali (nel 2023 erano il
38,3%). Al contrario, le famiglie con almeno un nucleo diminuiranno di oltre il
4%: tali famiglie, nel 2023 pari a 16,1 milioni (il 61,7% del totale), nel 2043
scenderanno a 15,4 milioni, costituendo così solo il 57,1% delle famiglie. Un
tale calo delle famiglie con nuclei deriva dalle conseguenze di lungo periodo
delle dinamiche socio-demografiche in atto in Italia. L’invecchiamento della
popolazione, con l’aumento della speranza di vita, genera infatti un maggior
numero di persone sole, il prolungato calo della natalità incrementa le persone
senza figli, mentre l’aumento dell’instabilità coniugale, in seguito al maggior
numero di scioglimenti di legami di coppia, determina un numero crescente di
individui soli e di monogenitori.
Tra 20 anni quattro famiglie su 10
costituite da persone sole. L’aumento
della speranza di vita e dell’instabilità coniugale fanno sì che il numero di
persone che vivono da sole, vere e proprie “micro-famiglie”, cresceranno
nel complesso del 15%, facendo aumentare il loro ammontare da 9,3 milioni nel
2023 a 10,7 nel 2043. Tra l’altro, tale aumento, tanto assoluto quanto
relativo, è quello che spiega in più larga misura la crescita globale del
numero totale di famiglie. Per le famiglie unipersonali le differenze di genere
sono sostanziali. Gli uomini che vivono soli vedranno un incremento del 10%,
passando da 4,2 a 4,7 milioni nel 2043. Per le donne sole si prevede una
crescita ancora maggiore (+20%), che ne determina un aumento da 5,1 a 6
milioni. Le famiglie monocomponente, per via della loro composizione per età,
hanno un importante impatto sociale, considerando che è soprattutto nelle età
più avanzate che le persone sole aumentano in modo significativo. Già nel 2023,
tra i 9,3 milioni di persone sole quelle con 65 anni è più ammontano a 4,4
milioni, costituendo il 47,5% del totale. Negli anni a venire l’incidenza di
ultrasessantacinquenni sul complesso delle famiglie unipersonali cresce in
misura consistente. Nel 2043, grazie a una crescita di ben il 40%, gli
ultrasessantacinquenni soli raggiungeranno i 6,2 milioni, arrivando a
costituire il 57,7% dei 10,7 milioni di persone che si prevede vivranno sole.
Per effetto della prolungata bassa fecondità,
senza significativa soluzione di continuità negli ultimi decenni, e sulla base
delle ipotesi considerate nello scenario mediano, si prevede una prosecuzione
della diminuzione delle
coppie con figli. Tale tipologia
familiare, che oggi rappresenta quasi tre famiglie su 10 (29,8%), nel 2043
potrebbe scendere a meno di un quarto del totale (23%). Tra il 2023 e il 2043
la consistenza delle coppie con figli evolve al ribasso da 7,8 a 6,2 milioni di
famiglie (-20%). La diminuzione più consistente si registrerà tra le coppie con
almeno un figlio di età compresa
tra 0 e 19 anni (-23%): di tale tipologia, che
oggi raccoglie cinque milioni di famiglie, se ne prevede una discesa a 3,9
milioni nel 2043, con una quota rappresentativa del totale prevista in calo dal
19,2% al 14,3%. Al contrario, si prevede per le coppie senza figli un aumento
da 5,3 milioni nel 2023 a 5,9 milioni dopo 20 anni (+11%). La loro quota di
rappresentanza sul totale delle famiglie cresce così dal 20,3 al 21,8%.