Educare alla convivenza e riconoscerci in un’unica comunità di destino planetaria sono priorità per una legge che dal 2012 cerca di orientare l'istruzione di base nel nostro paese. Cosa accadrà d'ora in avanti?
di Franco Lorenzoni
Le “Indicazioni
nazionali per il curricolo”, che sono legge dello stato dal novembre 2012,
costituiscono il documento di orientamento della didattica che con maggiore
coerenza cerca di portare nella scuola i valori della Costituzione. Sono state
elaborate nel corso di un lungo processo, portato a compimento con grande
determinazione dall’allora sottosegretario Marco Rossi Doria, in cui sono state
coinvolte attivamente centinaia di scuole e decine di associazioni
professionali.
Ogni documento può essere certamente aggiornato e migliorato, ma con la nomina
di una nuova commissione, da parte del ministro Valditara, c’è il forte rischio
che si voglia stravolgere quel patrimonio culturale di orientamento degli
insegnamenti rivolti ad allieve e allievi dai 3 ai 15 anni.
Il fatto stesso che a guidare la commissione sia Loredana Perla, che ha di
recente firmato un libro insieme a Ernesto Galli della Loggia, che non
tralascia occasione per irridere e attaccare gli sforzi inclusivi della nostra
scuola, non fa presagire niente di buono. Per renderci conto del valore di quel
documento, oggi messo in discussione, riporto qui alcuni passaggi.
“Una molteplicità di culture e di lingue sono entrate nella scuola. L’intercultura è già oggi il modello che permette a tutti i bambini e ragazzi il riconoscimento reciproco e dell’identità di ciascuno. A centocinquanta anni dall’Unità, l’Italiano è diventata la lingua comune di chi nasce e cresce in Italia al di là della cittadinanza italiana o straniera. La scuola raccoglie con successo una sfida universale, di apertura verso il mondo, di pratica dell’uguaglianza nel riconoscimento delle differenze.
In questa situazione di grande ricchezza formativa sono presenti, al contempo, vecchie e nuove forme di emarginazione culturale e di analfabetismo. Queste si intrecciano con analfabetismi di ritorno, che rischiano di impedire a molti l’esercizio di una piena cittadinanza.
Il sistema educativo deve formare cittadini in grado di partecipare consapevolmente alla costruzione di collettività più ampie e composite, siano esse quella nazionale, quella europea, quella mondiale. Non dobbiamo dimenticare che fino a tempi assai recenti la scuola ha avuto il compito di formare cittadini nazionali attraverso una cultura omogenea. Oggi, invece, può porsi il compito più ampio di educare alla convivenza proprio attraverso la valorizzazione delle diverse identità e radici culturali di ogni studente. La finalità è una cittadinanza che certo permane coesa e vincolata ai valori fondanti della tradizione nazionale, ma che può essere alimentata da una varietà di espressioni ed esperienze personali molto più ricca che in passato.
La nostra scuola, inoltre, deve formare cittadini italiani che siano nello stesso tempo cittadini dell’Europa e del mondo. I problemi più importanti che oggi toccano il nostro continente e l’umanità tutta intera non possono essere affrontati e risolti all’interno dei confini nazionali tradizionali, ma solo attraverso la comprensione di far parte di grandi tradizioni comuni, di un’unica comunità di destino europea così come di un’unica comunità di destino planetaria. Perché gli studenti acquisiscano una tale comprensione, è necessario che la scuola li aiuti a mettere in relazione le molteplici esperienze culturali emerse nei diversi spazi e nei diversi tempi della storia europea e della storia dell’umanità.
La scuola è luogo in cui il presente è elaborato nell’intreccio tra passato e futuro, tra memoria e progetto. L’elaborazione dei saperi necessari per comprendere l’attuale condizione dell’uomo planetario, definita dalle molteplici interdipendenze fra locale e globale, è dunque la premessa indispensabile per l’esercizio consapevole di una cittadinanza nazionale, europea e planetaria. Oggi la scuola italiana può proporsi concretamente un tale obiettivo, contribuendo con ciò a creare le condizioni propizie per rivitalizzare gli aspetti più alti e fecondi della nostra tradizione. Questa, infatti, è stata ricorrentemente caratterizzata da momenti di intensa creatività - come la civiltà classica greca e latina, la Cristianità, il Rinascimento e, più in generale, l’apporto degli artisti, dei musicisti, degli scienziati, degli esploratori e degli artigiani in tutto il mondo e per tutta l’età moderna - nei quali l’incontro fra culture diverse ha saputo generare l’idea di un essere umano integrale, capace di concentrare nella singolarità del microcosmo personale i molteplici aspetti del macrocosmo umano”.
(segnalato da Maria Luisa Ronza)