di Ilaria Dioguardi
Molti enti non profit che accolgono anziani non autosufficienti e persone con disabilità di trovano di punto in bianco a dover rinunciare ai progetti fatti per migliorare il proprio patrimonio immobiliare dal punto di vista sismico e dell’efficientamento energetico. È la conseguenza del provvedimento approvato a sorpresa dal Consiglio dei Ministri lo scorso 26 marzo, che esclude le onlus dalle residue provvidenze del cosiddetto “bonus 110”.
«Con lo schema di decreto legge sul superbonus il Governo mette in croce le onlus», dice con sdegno Franco Massi, presidente nazionale dell’Unione nazionale istituzioni e iniziative di assistenza sociale-Uneba. «Il decreto del Governo, se non cambierà, blocca sul nascere i progetti di tanti enti, impedisce di realizzare lavori mirati a offrire spazi più accoglienti ad anziani non autosufficienti o persone con disabilità e di ridurre i consumi energetici. Comprendiamo l’esigenza di limitare le spese, ma perché devono essere gli enti non profit che assistono gli anziani non autosufficienti o le persone con disabilità a pagare il conto? Non è in un settore già in forte difficoltà come il nostro che il Governo può tagliare ulteriori risorse».
Oltre la metà dei posti letto di Rsa in Italia, attualmente, è gestito da enti non profit. «In questi anni abbiamo affrontato i grandi cambiamenti legati alla Riforma del Terzo settore, poi il Covid e gli aumenti delle bollette, il Pnrr ha trascurato l’assistenza residenziale agli anziani, la riforma della non autosufficienza si è fermata in mezzo al guado, e ora arriva anche lo schiaffo alle onlus sul superbonus: la politica sembra accanirsi contro le strutture che senza scopo di lucro, da decenni se non da secoli, si prendono cura della fragilità. Dove vogliamo arrivare? A costringere gli enti a chiudere? O a perdere posti di lavoro? A lasciare le famiglie di anziani e persone con disabilità, senza i servizi in grado di accogliere i loro cari specie nelle situazioni di maggiore fragilità? Chiediamo al Governo e al Parlamento un ripensamento», continua Massi. «Lo schema di decreto legge può e deve cambiare. Nei prossimi giorni gli enti Uneba che operano con anziani e persone con disabilità contatteranno i parlamentari del proprio territorio per chiedere delle modifiche al testo nel corso dell’iter di conversione in legge».
Franco Massi, presidente nazionale Uneba
«Il nuovo provvedimento approvato in Consiglio dei Ministri, stando alle anticipazioni di queste ore, escluderebbe innumerevoli soggetti del Terzo settore dalla possibilità di godere, d’ora in avanti, dei benefici del superbonus. Si tratterebbe di un duro e inaspettato colpo per tutte quelle realtà che svolgono attività sociali senza scopo di lucro, che necessitano di riqualificare ed efficientare dal punto di vista energetico gli spazi in cui operano». A parlare è Vanessa Pallucchi, portavoce del Forum Terzo Settore.
«È evidente che senza incentivi fiscali la gran parte degli enti non sarà in grado di apportare alle strutture tutti quei miglioramenti fondamentali in ottica di sostenibilità ambientale e per il contenimento dei consumi energetici. Eliminare per il Terzo settore la possibilità di beneficiare del superbonus vuol dire non riconoscere il valore del suo apporto alla comunità, in termini sociali ed economici, ed è quindi un negativo quanto non comprensibile passo indietro», continua Pallucchi. «Il Governo è ancora in tempo per ripensarci, ci auguriamo vivamente che lo faccia».
Con lo schema di decreto legge, il Governo ha deciso di eliminare qualsiasi possibilità residua di accedere ai bonus edilizi, impedendo il ricorso anche alla cessione del credito e allo sconto in fattura. «Due eccezioni che, di fatto, erano rimaste aperte quasi unicamente per gli enti del Terzo settore e per le zone colpite da terremoti. Una nicchia, rispetto all’enorme platea del Superbonus, ma che evidentemente, secondo il Governo, rischiava comunque di gravare troppo sui conti pubblici», dichiara in una nota Ai.Bi. – Amici dei Bambini. Il Governo ha eliminato anche la cosiddetta “remissione in bonis”, ovvero la possibilità di presentare la documentazione per richiedere il “bonus 110” anche in ritardo, entro il 15 ottobre 2024, dietro il pagamento di una sanzione minima. «Ora, il termine ultimo per chiunque voglia provare a presentare domanda per lavori effettuati nel corso 2023 è il 4 aprile. All’indomani di quella data, stando così le cose, non ci sarà possibilità alcuna di accedere ai bonus edilizi visti negli ultimi anni».
Vanessa Pallucchi, portavoce del Forum Terzo Settore
Ancora manca il testo definitivo del decreto , che potrebbe riservare qualche modifica, soprattutto viste le tante critiche arrivate in queste ore, anche da diverse parti politiche, che chiedono di rivedere la norma nel suo passaggio in Parlamento. «L’auspicio è che ciò possa avvenire davvero perché in questo caso non si tratta di ristrutturare e abbellire villette o condomini di lusso, ma di poter intervenire su immobili che spesso mostrano i segni dei tempi non per incuria, ma perché tante volte si è preferito soprassedere a spese “rimandabili” per investire quante più risorse a favore dei beneficiari», si legge nella nota di Ai.Bi. «Beneficiari che sarebbero anche i primi a poter usufruire dei risparmi che gli interventi di miglioramento energetico potrebbero garantire agli enti favorendo, così, l’ulteriore implementazione delle attività».
«È assolutamente necessario garantire la tenuta dei conti pubblici dagli effetti della misura del superbonus, ma al tempo stesso occorre migliorare il decreto per evitare che anche il mondo delle onlus e del Terzo settore siano fermate ora, dopo che la cooperazione sociale non ha potuto utilizzare tale strumento nei primi due anni di vita, con conseguente rinvio di investimenti utili a rafforzare la rete dei servizi rivolti esclusivamente alle persone più fragili delle comunità locali, a causa di incomprensibili interpretazioni restrittive che sono state superate con grande ritardo. Commenta così Maurizio Gardini, presidente Confcooperative, lo schema approvato in Cdm.
Maurizio Gardini, presidente Confcooperative
«Bene, quindi,
dare un termine al superbonus, ma bisogna dare una finestra più ampia per
questi soggetti, non limitandosi solo ad includere quanto già nel frattempo è
stato avviato. Auspichiamo pertanto che lo schema approvato dal Consiglio dei
Ministri sia migliorato in Parlamento tenendo conto delle necessità di
adeguamento di enti non profit soprattutto nel caso di ammodernamento delle
strutture relative ai servizi sociali, sociosanitari educativi o di inserimento
lavorativo delle persone svantaggiate. Andrebbero infine», conclude Gardini,
«tenute in debita considerazione le zone colpite dal sisma che hanno esigenze e
priorità diverse dalle zone non colpite».