di Vitalba Azzolini
tratto da “Domani” del 19 febbraio 2024
ripreso da Valigia Blu
Secondo le
disposizioni in vigore, il voto in condotta deve valutare la maturazione e la crescita
civile e culturale dello studente durante l’intero anno scolastico. Non può
essere deciso da un singolo episodio. Un’eventuale norma che consideri
responsabili di danneggiamenti tutti quelli che partecipano all’occupazione,
salvo dimostrare di esserne estranei, solleva perplessità in diritto.
Chi occupa e devasta una scuola deve essere bocciato, ha affermato il ministro dell’Istruzione, Giuseppe Valditara, a proposito di ingenti danni causati durante occupazioni scolastiche. Il ministro ha pure detto di avere allo studio «una norma per far sì che chi occupa, se non dimostra di non essere coinvolto nei fatti, risponda civilmente dei danni che sono stati cagionati». Le affermazioni di Valditara sollevano diversi dubbi e, pertanto, è necessario valutarle alla luce del diritto.
Occupare è reato?
Occorre, innanzitutto, verificare come stanno le cose sul piano penale. Per la giurisprudenza prevalente, l’occupazione di scuole non concretizza il reato di “invasione di terreni o edifici” (art. 633 c.p.). Manca, infatti, la volontà di prendere possesso del bene in maniera duratura, elemento previsto dalla norma penale: il fine delle occupazioni è solo quello di protestare per ottenere l'accoglimento di certe istanze. La Corte di Cassazione (sentenza n. 1044/2000) ha anche affermato che non c’è reato di invasione perché l’edificio scolastico, «pur appartenendo allo Stato, non costituisce una realtà estranea agli studenti», i quali possono accedervi anche al di fuori delle ore di lezione.
Tuttavia, potrebbe ricorrere il reato di “interruzione di pubblico servizio” (art. 340 c.p.), se con l’occupazione si impedisce il regolare svolgimento delle lezioni, e “violenza privata” (art. 610 c.p.), nel caso in cui venga impedito l’accesso nella scuola a chi ha diritto a entrare.
Qualora poi nel corso dell’occupazione si verifichino atti di vandalismo, può configurarsi il reato di “danneggiamento di beni pubblici” (art. 635 c.p.) e “deturpamento e imbrattamento di cose altrui” (art.639 c.p.).
Il Ministero
dell’Istruzione:
Con una nota del 5 febbraio scorso, il ministero dell’Istruzione ha definito i principi che i dirigenti scolastici devono seguire in caso di occupazione. Essi sono tenuti a denunciare eventuali reati – come quelli sopra indicati – e dovranno porre a carico degli studenti responsabili «le spese per le pulizie straordinarie e per il ripristino di arredi, pc e ogni altra attrezzatura di proprietà della scuola».
Provvedimenti
condivisibili: “chi rompe paga”. È vero che le spese, di fatto, sono sostenute
dai genitori, ma è pure vero che questi ultimi non sono esenti da
responsabilità: ai sensi del codice civile, hanno il potere-dovere di
esercitare il controllo e la vigilanza sul comportamento dei figli minori, e
rispondono degli illeciti da essi compiuti. A carico dei ragazzi, oltre al
rischio di denunce penali, ci sono le misure previste nei regolamenti di
istituto. E altre saranno sancite dalla riforma in materia di “valutazione del comportamento di studenti e
studentesse”, predisposta dal ministro e attualmente in discussione.
Le Affermazioni
e le regole:
Dopo alcune polemiche, Valditara ha chiarito che l’eventuale bocciatura legata al comportamento dello studente resta rimessa all’autonomia scolastica. Non potrebbe essere diversamente. Il voto in condotta, dal quale può derivare una bocciatura, non può basarsi su un singolo episodio, ma «deve scaturire da un giudizio complessivo di maturazione e di crescita civile e culturale dello studente in ordine all’intero anno scolastico» (decreto ministeriale n. 5/2009).
Inoltre, tale voto è personale, e non può essere assegnato in base ad un comportamento collettivo (DPR n. 249/1998). Il «maggiore peso» che al voto in condotta è attribuito dalla citata riforma di Valditara non incide su questi principi.
Rovesciare le
responsabilità:
Una norma come quella ipotizzata da Valditara, che consideri in ogni caso responsabili degli eventuali danneggiamenti tutti i ragazzi presenti all’occupazione, salvo quelli che dimostrino di esserne estranei, solleva perplessità sul piano del diritto. Chiunque, per ottenere un risarcimento, deve provare che il danno è stato commesso dalla persona da cui vuole essere risarcito.
Le scuole godrebbero, invece, di una posizione di privilegio, attraverso un ribaltamento dell’onere della prova, di cui non si comprendono le motivazioni. Peraltro, l’occupante dovrebbe fornire una prova negativa - non aver partecipato al danneggiamento - che è una prova diabolica, e lede il diritto di difesa.
Come fa presente la Corte di Cassazione (sent. n. 5744/1993), i “fatti negativi” sono «fatti non accaduti, e (…) non è possibile dare la dimostrazione di un “non accadimento”». Ci si augura che su questo punto il ministro cambi idea. Per insegnare ai più giovani la cultura della responsabilità si evitino forzature, anche di diritto.
Vitalba Azzolini
Giurista, lavora presso un'Autorità indipendente. È autrice di articoli e paper in materia giuridica, nonché di contributi a libri per IBL. A titolo personale.
tratto da “Domani” del 19 febbraio 2024
ripreso da Valigia Blu
Chi occupa e devasta una scuola deve essere bocciato, ha affermato il ministro dell’Istruzione, Giuseppe Valditara, a proposito di ingenti danni causati durante occupazioni scolastiche. Il ministro ha pure detto di avere allo studio «una norma per far sì che chi occupa, se non dimostra di non essere coinvolto nei fatti, risponda civilmente dei danni che sono stati cagionati». Le affermazioni di Valditara sollevano diversi dubbi e, pertanto, è necessario valutarle alla luce del diritto.
Occorre, innanzitutto, verificare come stanno le cose sul piano penale. Per la giurisprudenza prevalente, l’occupazione di scuole non concretizza il reato di “invasione di terreni o edifici” (art. 633 c.p.). Manca, infatti, la volontà di prendere possesso del bene in maniera duratura, elemento previsto dalla norma penale: il fine delle occupazioni è solo quello di protestare per ottenere l'accoglimento di certe istanze. La Corte di Cassazione (sentenza n. 1044/2000) ha anche affermato che non c’è reato di invasione perché l’edificio scolastico, «pur appartenendo allo Stato, non costituisce una realtà estranea agli studenti», i quali possono accedervi anche al di fuori delle ore di lezione.
Tuttavia, potrebbe ricorrere il reato di “interruzione di pubblico servizio” (art. 340 c.p.), se con l’occupazione si impedisce il regolare svolgimento delle lezioni, e “violenza privata” (art. 610 c.p.), nel caso in cui venga impedito l’accesso nella scuola a chi ha diritto a entrare.
Qualora poi nel corso dell’occupazione si verifichino atti di vandalismo, può configurarsi il reato di “danneggiamento di beni pubblici” (art. 635 c.p.) e “deturpamento e imbrattamento di cose altrui” (art.639 c.p.).
Con una nota del 5 febbraio scorso, il ministero dell’Istruzione ha definito i principi che i dirigenti scolastici devono seguire in caso di occupazione. Essi sono tenuti a denunciare eventuali reati – come quelli sopra indicati – e dovranno porre a carico degli studenti responsabili «le spese per le pulizie straordinarie e per il ripristino di arredi, pc e ogni altra attrezzatura di proprietà della scuola».
Dopo alcune polemiche, Valditara ha chiarito che l’eventuale bocciatura legata al comportamento dello studente resta rimessa all’autonomia scolastica. Non potrebbe essere diversamente. Il voto in condotta, dal quale può derivare una bocciatura, non può basarsi su un singolo episodio, ma «deve scaturire da un giudizio complessivo di maturazione e di crescita civile e culturale dello studente in ordine all’intero anno scolastico» (decreto ministeriale n. 5/2009).
Inoltre, tale voto è personale, e non può essere assegnato in base ad un comportamento collettivo (DPR n. 249/1998). Il «maggiore peso» che al voto in condotta è attribuito dalla citata riforma di Valditara non incide su questi principi.
Una norma come quella ipotizzata da Valditara, che consideri in ogni caso responsabili degli eventuali danneggiamenti tutti i ragazzi presenti all’occupazione, salvo quelli che dimostrino di esserne estranei, solleva perplessità sul piano del diritto. Chiunque, per ottenere un risarcimento, deve provare che il danno è stato commesso dalla persona da cui vuole essere risarcito.
Le scuole godrebbero, invece, di una posizione di privilegio, attraverso un ribaltamento dell’onere della prova, di cui non si comprendono le motivazioni. Peraltro, l’occupante dovrebbe fornire una prova negativa - non aver partecipato al danneggiamento - che è una prova diabolica, e lede il diritto di difesa.
Come fa presente la Corte di Cassazione (sent. n. 5744/1993), i “fatti negativi” sono «fatti non accaduti, e (…) non è possibile dare la dimostrazione di un “non accadimento”». Ci si augura che su questo punto il ministro cambi idea. Per insegnare ai più giovani la cultura della responsabilità si evitino forzature, anche di diritto.
Giurista, lavora presso un'Autorità indipendente. È autrice di articoli e paper in materia giuridica, nonché di contributi a libri per IBL. A titolo personale.