testata registrata presso Tribunale di Napoli n.70 del 05-11-2013 /
direttore resp. Pietro Rinaldi /
direttore edit. Roberto Landolfi

Percorsi di vita

Mi iscrissi a medicina per due motivi: volevo fare lo psichiatra; 3 dei 4 miei migliori amici del liceo decisero di iscriversi a  medicina.
 
Nel 1968, quando m’iscrissi all’Università, si sceglieva liberamente cosa fare. Nessun numero  chiuso, nessuna restrizione, se non una questione di censo. Se la famiglia poteva pagarti gli studi, proseguivi liberamente; se no, dovevi trovarti un lavoro. I mutamenti prodotti dal 1968 non avevano mostrato ancora i loro effetti. La mia famiglia era agiata e quando, tre dei miei amici del liceo, si iscrissero a medicina, non ebbi dubbi, mi iscrissi anch’io. Con una sola idea chiara: fare lo psichiatra.
 
I primi tre anni furono molto duri. Anche dopo la laurea, ho continuato a sognare di essere più volte bocciato all’esame di anatomia, un vero incubo.  In realtà fui bocciato al primo tentativo e me la cavai con un 28 al secondo. Gli esaminatori furono molto clementi, visto che, avevo già superato una decina di esami con la media del 30. Proseguii gli studi in un’atmosfera esaltante. Tra occupazione della facoltà e volantinaggi, tra studio e riflessione politica. Politica che per noi, nei  primi  anni 70, aveva il senso  di governo della polis e della techné. Generazione di giovani, ideologici di certo, ma anche entusiasti e con gran volontà di cambiare lo stato delle cose.
 
Dopo i primi anni, le strade, con i miei amici di scuola, si separarono. Al quinto anno approfittai della possibilità, offerta agli studenti di medicina dell’epoca, di produrre piani di studio personalizzati.
Presentai un piano di studi molto azzardato. Eliminai clinica oculistica, ginecologia, odontoiatria e li sostituii con esami inerenti le malattie mentali (psichiatria, neuropsichiatria infantile, psicologia). Introdussi anche l’esame di Epistemologia, della Facoltà di Fisica. Scelta assolutamente originale ma, non potevo perdere l’occasione di seguire i corsi e fare l’esame con il Prof. Antonino Drago, pacifista e docente di epistemologia alla facoltà di Fisica dell’ateneo napoletano.
 
Ero certo che il Consiglio Scientifico di Medicina avrebbe respinto la mia proposta ed invece il piano di studi fu approvato. Ne fui molto felice. Potevo finalmente proseguire negli studi con esami caratterizzanti il profilo che m’interessava: fare lo psichiatra. 
L’altra motivazione iniziale era saltata. I miei amici “del cuore” avevano scelto percorsi diversi. Li ritrovai, molti anni dopo, uno specialista in cardiologia, l’altro specialista in pneumologia.
Fin qui tutto sembra regolare, tutto lineare. Ma non fu così all’esame di laurea.  Arrivai alla laurea nel 1974, in sei anni come di prassi.
 
Scelsi la tesi dal titolo “Psicopatologia del linguaggio” ed il relatore fu il prof. Sergio Piro (psichiatra sociale si diceva allora).  Anche questo fu un azzardo in quanto Piro non era docente ordinario ma docente a contratto. Ancora una volta la Facoltà accettò la mia proposta e fu così che arrivai a prenotare il giorno della seduta di laurea.
Arrivato al giorno fatidico di discussione della tesi, scoprii, con mia somma meraviglia, di non esser presente nell’elenco di quelli che avrebbero discusso la tesi.
Nessuno sapeva dirmi il motivo. Corsi in segreteria a via Mezzocannone (tutto si svolgeva al vecchio policlinico tra Piazza Miraglia e Mezzocannone, quindi a poca distanza). Superai la fila, sempre presente in segreteria, chiesi di parlare con un responsabile. Costui analizzò le carte e mi disse che: “mancava lo statino dell’esame di epistemologia” in quanto la facoltà di Fisica non lo aveva trasmesso. Corsi (letteralmente) a cercare la soluzione: la segreteria di Fisica era poco distante, feci stampare lo statino e lo portai personalmente alla segreteria di Medicina.
Il tutto fu trasmesso (via fax – c’è qualcuno tra chi legge che ricorda cosa era?) ai componenti della seduta di laurea, su mia sollecitazione.
Fui così l’ultimo a discutere la tesi, il 6 aprile del 1974, col relatore che, pur spazientito, era stato lì ad attendere. Un lieto fine tra molti affanni e imprecazioni!
 
Breve analisi della vicenda: quanta fatica si fa ad essere innovatori! Bisogna essere attenti a spiegare bene le cose ai “burocrati”, esser pronti a fronteggiare gli imprevisti.
A 24 anni il tutto fu davvero complesso. A 24 anni si conosce poco il mondo del lavoro e la sua complessità.  Della mia laurea ricordo le corse fatte da una segreteria all’altra e non come andò la discussione della tesi.
 
A distanza di 50 anni posso dire che rifarei tutto. L’esame di epistemologia è stato di gran lunga il più formativo e mi ha consentito in seguito di approfondire gli studi in epidemiologia, bioetica e psichiatria.
 
RL