Nel corso di
questi ultimi anni il Premio Strega ha aggiunto una costellazione di
riconoscimenti che, mettendo al centro la promozione della lettura, incontrano
l’interesse di un pubblico sempre più ampio e stratificato. A un decennio dall’istituzione
del Premio Strega Giovani e del Premio Strega Europeo si aggiunge un nuovo e
necessario tassello: il Premio Strega Poesia, la cui prima edizione
è stata assegnata a ottobre 2023.
Perché un nuovo
riconoscimento letterario? Ci sono numerosi segnali che testimoniano una
rinascita di attenzione del pubblico verso la scrittura in versi: alcune
recenti raccolte poetiche sono diventate long-seller; si moltiplicano reading e
spettacoli di poetry slam; nascono e si rinnovano collane dedicate
(a sottolineare questa vivacità editoriale, il Rapporto AIE sullo stato
dell’editoria 2022 segnala una crescita di circa il 20% dei titoli di poesia
pubblicati); i social network, infine, sono diventati un vasto terreno di
condivisione che genera veri e propri casi letterari, seguiti anche dal
pubblico più giovane.
Del resto, è una
forma d’arte che non ha mai perso prestigio sociale e che nel pensiero comune è
istintivamente connessa alla riflessione sulle cose ultime: la poesia rimanda
da sempre a un’espressione nativa della parola, legata al respiro naturale e al
canto. E tuttavia, come è stato scritto, “poesia” rischia di essere un concetto
astratto, generico: non esiste tanto la poesia, quanto le
poesie, diverse esperienze che meritano tutte ascolto e
rappresentazione. Il Premio Strega Poesia nasce per dare loro
visibilità, segnalando la produzione di più alta qualità letteraria e
significato nel mondo contemporaneo.
Il Premio verrà assegnato annualmente a un libro di poesia scritto in lingua italiana, pubblicato in prima edizione tra il 1° marzo dell’anno precedente e il 28 febbraio dell’anno in corso. Un Comitato scientifico – composto da poeti, critici e studiosi – avrà il compito di selezionare la cinquina delle opere finaliste, mentre un’ampia Giuria, composta da personalità della cultura, determinerà l’opera vincitrice. I componenti del Comitato scientifico e della Giuria resteranno in carica un anno e potranno essere riconfermati.
Roma, 12 ottobre 2023
Vivian
Lamarque: «L’amore è una quercia e l'autoironia è la mia salvezza»
Un cuore grande, capace di ospitare molto di più di quando si è giovani. La poetessa riflette sulla bellezza delle emozioni nella terza età: «Con gli anni è come se il muscolo cuore si fosse un po’ rilassato, dilatato, e avesse acquistato maggiore capacità di contenimento»
tratto da l’Espresso del 7 novembre 2023
L’amore da vecchi, quando c’è, è universale e scanzonato. È incauto, perché è finito il tempo dei conti e della prudenza. Ed è curioso, goloso, di tutto ciò che è vita, allo scoperto. Animali alberi umani e post-umani, parole e lettere, occasioni ricordi e premonizioni, piccole cose di casa, sorprese – tutto merita attenzione e gratitudine. E non è già, tutto questo, amore?
L’amore dei vecchi non teme l’inverno, perché ne ha abitati tanti, e nemmeno il tempo, perché non contano i progetti e l’avvenire. È assoluto e scardinato, libero.
L’amore da vecchi non ha nulla da perdere, solo da vincere e sbalordire, perché è un regalo a prima vista, e a volte è oscuro il mittente. È insomma fuori misura, ma non fuori tempo.
Al tema, con la solita levità, autoironia e irriverenza, Vivian Lamarque ha dedicato l’ultimo suo libro, “L’amore da vecchia” (Mondadori), vincitore del premio Strega poesia 2023, assegnato il 5 ottobre scorso.
E a lei chiedo: quale amore?
«Non so per gli altri, conosco il mio amore da vecchia. Con gli anni è come se il muscolo cuore si fosse un po’ rilassato, dilatato, e avesse acquistato maggiore capacità di contenimento, come un magazzino di maggiore metratura. Ora può ospitare più numerose forme d’amore, in giovinezza era per me il trono, ogni volta, per un nome solo. Nel magazzino cuore ora c’è spazio per molto di più, dalla fogliolina di basilico nuova, avvistata alle otto del mattino, sino a notte. Persino il passaggio sotto casa di un tram, con tutta quell’umanità che vedo scendere salire scendere affannata a volte mi cattura. Sì ora può starmi anche un tram intero nel cuore».
A proposito di tram, c’è quella poesia sulla
linea 90, che per lei esprime la vita intera: “La 90 è un continente un viaggio
/ ci sono fiumi e pianure e catene montuose e gli Incas, i favolosi Incas
e profili aztechi /…”.
«I milanesi non la amano la 90. Dicono che là ti derubano, infatti è vero, anche a me è capitato, ma anche sull’1, sul 14, sul 19, sul 33… E dicono che là non pagano il biglietto, ma nel finale ho una risposta».
Lo diceva pure il filosofo Manlio Sgalambro,
che certo non era un sentimentale: “Una sessualità totale succede a quella
genitale”. Anzi “la sacra carne del vecchio” – azzarda nel suo “Trattato
dell’età” – si oppone a quella del giovane, mera res extensa buona per la
riproduzione”. Come la vede lei?
«Quando le amiche negli anni scorsi mi chiedevano cosa stavo scrivendo e rispondevo “L’amore da vecchia”, non poche dicevano “Noooo, ti prego cambia il titolo!”. Invece a me la parola vecchio piace. Non si dice forse che bella e vecchia quercia, che bel vecchio ulivo? Comunque non è solo l’amore l’unica strada, certi restano vivi per odio, desiderio di possesso, di vendetta, sopraffazione, per avidità. Ma sto scivolando fuori tema, torniamo all’amore».
“Anche vecchiaia è bellezza / capelli color
della neve / pelle rigata come belle cortecce / e alcuni che ti vogliono bene /
e alcuni che ti cedono il posto in tram…”. Nei suoi versi nomina Guido
Gozzano ed Emily Dickinson, e a volte, come qui, ci sono tutti e due.
«L’autoironia è il mio scudo, la mia arma, la mia salvezza. Non mi fa piacere
quando, quasi ottantenne, mi dicono che sono infantile, però è vero che
dell’infanzia una cosa mi è rimasta appiccicata addosso peggio che con l’attak,
lo stupore. Basta un niente, un filo d’erba fuori sede, il luccichio di una
carta di cioccolatino, l’incredibile velocità di Google nel rispondere alle mie
domande per restare incantata, è una fortuna, alleggerisce tanto il peso della
vita».
“Colpo di fulmine in assenza di metà fulmine…
Non accadrà tramonto di un astro mai sorto / mai lasciata mai essendo stata
avvistata”. Nella sezione I nomi degli amanti parla di trasalimenti, incanti
segreti. Succede ancora?
«Ogni tanto sì. Capitano ancora dei batticuori. Ma mi guardo bene dal rivelarlo all’interessato, chi vorrebbe essere corteggiato da una quasi ottantenne? A volte mi festeggio anche il primo anniversario di questi unilaterali batticuori».
“Certi fotogrammi in bianco e nero / nella
nostra mente certi giorni sanguinano”. Nel suo libro c’è un grande spazio
dedicato ai film.
«Da bambina ho passato giornate intere nei cinematografi e questo ha contribuito certo a spalancarmi gli occhi, però alla lunga mi ha anche creato non pochi problemi nel distinguere il reale dall’immaginato: “avevo cancellato con una bianca gomma / l’inutile linea di confine”. Ha dovuto tanto lavorare il Signore d’oro, cioè il dottor B.M., con decenni d’analisi junghiana, per ridisegnarmela».
Lo teorizza: “Tenere sempre appuntita / la rima
vita-matita”. A me ricorda quel verso di Valentino Zeichen, “È bene tenere le
unghie corte / lo stesso vale per i versi”. Occorre metodo per vivere. Limare,
raccogliere, meravigliarsi. E allenare lo sguardo tra le cose minime e quelle
invisibili.
«Ho una decina di temperini e un esercito di matite, anche colorate. Non riesco a staccarle quelle due, vita/matita come vita/poesia, ho provato in tutti i modi. Niente, si inseguono come pulci l’una con l’altra. Ogni mattina, in cucina metto il disordine/in ordine alfabetico/e in rima».