Il filosofo considera la fotografia con la diffidenza delle antiche culture mitiche per l’occhio vivente, quando i poteri della chiaroveggenza si attribuivano ai grandi ciechi come Omero.
L’uomo se non vuole fare come il proverbiale struzzo deve voler capire e per poter capire deve voler vedere.
Un ultima considerazione vorrei aggiungere: La Storia fino al secolo scorso quando ancora non funzionava la macchina fotografica esibiva teatralmente non solo la sua falsa solennità, ma anche il suo verace orrore, non solo le incoronazioni e le parate, ma anche le torture, le esecuzioni capitali erano programmate come grandi spettacoli.
La Storia, insomma, non si preoccupava
eccessivamente di nascondere i suoi retroscena, anzi talvolta le ostentava
addirittura mettendoli in scena.
La comparsa della fotografia curiosamente coincide con la conversione della storia al pudore, la storia da questo punto in poi mette in scena le solenni dichiarazioni dei diritti dell’uomo celebra con eloquenza la libertà e la giustizia.
Il nuovo pudore della storia trova
subito nella fotografia la sua pericolosa attentatrice, mentre la storia
sottrae molti suoi retroscena allo spettacolo collettivo come per un ufficiale dissimulazione,
così la fotografia con il suo avventuroso e privato spionaggio gli restituisce alla
pubblica visibilità sonnecchiando e mandando in pezzi i muri di cartapesta delle
menzogne del potere.
Qui si evidenzia la sua passione per la
fotografia che risulta in raccordo con l’esperienza di civile passione.