Un’ora sola ti vorrei è il titolo di un bel film
documentario presentato al Festival del Cinema di Locarno nel 2002 opera prima
della regista Alina Marazzi. Èun film
documentario realizzato a partire da un archivio di immagini di famiglia:
fotografie e filmati girati per la maggior parte dal nonno materno della
regista, l’editore milanese Ulrico Hoepli, in un lungo periodo che va dal 1926
al 1972. La protagonista è la madre di Alina Marazzi, Liseli Hoepli, nata ne
’38 e morta suicida a trentatré anni, quando la regista era ancora una bambina.Il film è un viaggio nella
memoria personale e familiare intrapreso dalla regista per avvicinarsi alla
madre. Oltre al grande archivio fotografico il film si avvale anche dei diari e
delle lettere scritte da Liseli alla madre, al marito, all’amica, ai bambini
stessi, ed anche del materiale relativo alle cartelle cliniche delle ultime
fasi della sua malattia.
Da
subito si intende il contrasto tra la bellezza spensierata e sorridente delle
immagini che ritraggono Liseli ed il suo mondo di madre e sposa perfetto, e la
manifestazione del suo senso di inadeguatezza che si legge nei suoi diari; molto bello il passaggio della lettera in cui Liseli
dichiara alla madre la sua incapacitàdi svolgere le faccende domestiche e
familiari.Genealogia femminile universale da madre in figlia con inadeguatezza
della relazione.
Alina Marazzi dà voce alle parole del diario della madre, racconta
della sua malattia oscura rispetto alla quale c’è una richiesta di aiuto
continua e inascoltata; la depressione come il capriccio di una ragazza.
Una continua richiesta di essere accettata. Rimorso e
vergogna per una condizione di malattia psichica saranno fatali per la sua
sopravvivenza. L’ultima lettera al marito della sua permanenza nella clinica è
quasi un testamento spirituale della condizione di ineluttabile disgrazia.
Il film è commovente e possente, tocca le corde del cuore ed
è un pugno nello stomaco; “Un tentativo di ridarle vita anche solo sullo
schermo, un modo per celebrarla ricordandola. Per quasi tutta la mia vita il
nome di mia madre è stato ignorato, evitato, nascosto. Il suo volto anche. Ho
la fortuna invece di poterla vedere muoversi, ridere, correre…» (Marazzi).
Il film dura un’ora, proprio quell’ora della canzone che Liseli canta in una registrazione amatoriale su vinile che da il titolo al bellissimo film.
Maria Vittoria Montemurro