Paolo Ferrario
tratto da Avvenire del 20 ottobre 2023
Sempre meno uomini fanno i presidi e i professori. Cosa dice la norma della Pubblica Amministrazione che fa discutere. Il dibattito in Europa.
Come spesso
capita in Italia, si guarda al dito e non alla luna. E si ragiona per slogan.
Così, la previsione contenuta nella bozza del prossimo concorso per i dirigenti
scolastici che si svolgerà di qui a qualche mese, che all’articolo 10 prevede
che «all’esito della procedura concorsuale, (…) a parità di punteggio
complessivo (…), considerate le percentuali di rappresentatività di genere di
ciascuna regione (…), il titolo di preferenza sia in favore del genere
maschile», è subito diventato il cavallo di Troia per introdurre le “quote blu”
nella scuola. E la miccia che ha incendiato il dibattito ancor prima
dell’incontro tra ministero e sindacati, previsto la prossima settimana.
Nello specifico,
la bozza del bando di concorso per dirigenti scolastici, spiega una nota del
ministero dell’Istruzione e del Merito, recepisce «una norma contenuta nel
regolamento sull’accesso agli impieghi in tutte le pubbliche amministrazioni»,
che prevede che nei bandi di concorso «debba essere indicata, per la qualifica
interessata, la percentuale di rappresentatività dei generi». E, qualora
superasse il 30%, «nello scorrimento della graduatoria per le assunzioni, a
parità di titoli e merito, si applica la preferenza a favore del candidato
appartenente al genere meno rappresentato».
Nel caso della
scuola, il genere meno rappresentato è quello maschile, visto che 8 docenti su
10 sono donne e la percentuale è in costante aumento. Non soltanto alla scuola
dell’infanzia e alla primaria. Ma anche alle superiori, le professoresse sono passate
dal 48% al 67% del totale negli ultimi 55 anni. È naturale, dunque, che anche
tra i dirigenti scolastici si contino più donne che uomini.
Unica eccezione,
la Sardegna «dove il differenziale è al di sotto del 30 per cento – annota il
Ministero — e il titolo di preferenza non trova applicazione». Pertanto,
precisa viale Trastevere, «è sbagliato e fuorviante dire che il Ministero ha
introdotto le “quote blu” perché non è stata prevista nel bando alcuna riserva
a favore dei candidati di genere maschile ma solo una preferenza che non
sovverte l’ordine di graduatoria dei vincitori del concorso».
Semmai, la
domanda da farsi è: perché gli uomini non scelgono la professione
dell’insegnante? Una prima risposta la fornisce l’Ocse che, nel suo rapporto
annuale sullo stato dell’istruzione nei Paesi più industrializzati, al capitolo
Italia dice che le ragioni sono due: lo stereotipo che lega le donne ai lavori
di cura e la bassa retribuzione dei docenti, che non rappresenta certo un
incentivo a preferire l’insegnamento rispetto ad altre professioni meglio
retribuite.
Stando
all’edizione 2023 di Education at a glance, in Italia il salario reale di
maestri e professori è diminuito dell’1,3%. E ancora. Gli stipendi medi degli
insegnanti, in Italia, corrispondono al 69% di quelli di altri lavoratori con
un livello di istruzione terziaria. Sono queste le ragioni che allontanano gli
uomini dall’intraprendere la carriera dell’insegnante. Con ricadute negative
anche sulla crescita degli stessi alunni. Osserva sempre l’Ocse che, non
soltanto in Italia ma in Europa, in particolare, «si solleva il problema della
mancanza di modelli maschili per i bambini».
Una carenza che potrebbe anche diventare un problema. Come sottolineava, qualche anno fa, il sito sulle questioni educative della Commissione Europea Eurydice: «L’assenza di insegnanti maschi a scuola rafforza e perpetua gli stereotipi problematici su donne e uomini». Altro che “quote blu”.