A sette mesi
dalle elezioni presidenziali, il Senegal è nel caos. I candidati che erano dati
favoriti alle elezioni, previste per il febbraio del 2024, non sono più in
corsa. L’attuale presidente, Macky Sall, che sta per terminare il suo secondo
mandato, il 3 luglio ha annunciato che non proverà a farsi eleggere per la
terza volta. Da mesi nel paese si protestava contro una sua candidatura,
illegittima dopo la riforma costituzionale del 2019 che fissa a due i mandati
presidenziali consentiti. Nelle proteste di inizio giugno contro una possibile
candidatura di Sall erano morte
sedici persone e i feriti erano stati centinaia.
D’altra parte il
leader del partito d’opposizione Patriotes africains du Sénégal pour le
travail, l’éthique et la fraternité (Pastef), Ousmane Sonko, è stato arrestato
il 28 luglio e incriminato con diverse accuse, tra cui quella di avere
fomentato le rivolte di giugno contro il presidente. In questo modo Sonko – già
condannato per altre due accuse – non potrà partecipare alle elezioni del 2024.
Dopo aver avviato uno sciopero della fame per protestare contro il suo arresto,
il 6 agosto Sonko è stato ricoverato in ospedale.
“A pochi mesi
dalle elezioni, non c’è chiarezza sui nomi dei candidati e molte nubi incombono
sulle candidature”, ha dichiarato all’Afp Babacar Fall, attivista per i diritti
umani nel paese. “È una situazione senza precedenti”. I candidati che si sono
iscritti alle liste sono quaranta, ma non c’è un favorito, nonostante siano in
corsa anche gli ex primi ministri Idrissa Seck e Aminata Touré. Non è chiaro se
gli altri due oppositori – Khalifa Sall e Karim Wade – potranno candidarsi. Gli
è già stato impedito, infatti, di partecipare al voto del 2019, a causa di
precedenti condanne giudiziarie.
Il presidente
Macky Sall, è accusato di
avere usato la sua influenza sul sistema giudiziario per incriminare sistematicamente i leader dell’opposizione e di fatto
eliminarli. Per l’opposizione, inoltre, Sall sta tentando di tenere al governo
il suo partito, anche se non si ricandiderà. La sua coalizione politica gli ha
dato carta bianca per indicare un successore, ma la nomina non è ancora
avvenuta. Tra i possibili candidati ci sono il primo ministro Amadou Ba, il
presidente del Consiglio economico, sociale e ambientale Abdoulaye Daouda Diallo,
il ministro dell’agricoltura Aly Ngouille Ndiaye, il presidente dell’Assemblea
nazionale Amadou Mame Diop e l’ex premier Mahammed Dionne.
Una democrazia fragile.
D’altra parte,
l’opposizione ha subìto diversi attacchi. Poco dopo l’incriminazione e
l’arresto di Sonko, il suo partito Pastef è stato sciolto dal ministro
dell’interno che l’ha accusato di cospirare contro il presidente, inoltre
internet è stato sospeso nel paese in diverse fasce orarie per impedire
l’organizzazione di manifestazioni attraverso i social network. Ma le proteste
sono scoppiate di nuovo. L’epicentro delle rivolte, avvenute il 31 luglio, è
stata la periferia della capitale, Dakar, e la città di Zinguinchor, di cui
Sonko è sindaco. Sono morte due persone negli scontri.
Originario della
Casamance, Ousmane Sonko è entrato in politica nel 2014 fondando Pastef e nelle
elezioni del 2019 è arrivato terzo. La sua popolarità è aumentata negli ultimi
due anni grazie a una campagna molto dura contro la corruzione e contro il
governo dell’attuale presidente. Ma è stato al centro di diversi processi e
vicende giudiziarie. Era già stato condannato a due anni per “corruzione dei
giovani” per avere avuto rapporti sessuali con una ragazza di vent’anni, anche
se è stato dimostrato che la donna era consenziente e che non si è trattato di
uno stupro. In Senegal infatti l’età in cui è consentito fare sesso è ventuno
anni.
L’opposizione
accusa il governo di avere prodotto una situazione senza uscita, che
indebolisce la democrazia senegalese. Ci sono dei dubbi anche sul futuro delle
candidature degli altri due avversari dell’attuale presidente, Khalifa Sall e
Karim Wade.
Pur avendo
ricevuto la grazia, rimangono privati dei loro diritti elettorali a causa di
condanne giudiziarie pregresse per appropriazione indebita di fondi. L’attuale
presidente ha accettato di modificare le regole elettorali per consentire ai
due di candidarsi. Ma la questione, che avrebbe dovuto essere discussa in
parlamento alla fine di luglio, non è stata ancora affrontata.
I quaranta candidati che hanno già presentato la loro documentazione, dovranno sottoporsi a dei controlli alla fine di agosto: per essere ammessi alle liste avranno bisogno di raccogliere una certa quantità di firme o del sostegno di almeno tredici dei 165 parlamentari. Il consiglio costituzionale pubblicherà la lista finale dei candidati nel dicembre del 2023.