Tre brani tratti da “La Scuola Marginale”di Maria Colaizzo, offerti al piacere di lettrici e lettori.
(NdR)
C'era
una volta un cane
che non sapeva abbaiare.
andò da un lupo a farselo spiegare,
ma il lupo gli rispose
con un tale ululato
che lo fece scappare spaventato.
Andò da un gatto, andò da un cavallo,
e - mi vergogno a dirlo -
perfino da un pappagallo.
Imparò dalle rane a gracidare,
dal bove a muggire,
dall'asino a ragliare,
dal topo a squittire,
dalla pecora a fare « bè bè »,
dalle galline a fare coccodè.
Imparò tante cose,
però non era affatto soddisfatto
e sempre si domandava
(magari con un « qua qua »...):
- Che cos'è che non va?
Qualcuno gli risponda, se lo sa.
Forse era matto?
O forse non sapeva
scegliere il maestro adatto?
,
Al Maestro (di Antonio Gramsci)
Non vedo
più: come te, come Edipo,
ora non vedo più.
Consapevolmente,
l'ho voluto...
E non m'importa, non soffro,
non piango, non è rimasto
alcun sapore amaro sulle mia labbra
e in un cuore ingenuamente bambino.
E ancora:
nessuna sottile nostalgia
renderà le mie ore
più malinconiche, né farà, della mia,
una vita più aspra di quanto già sia.
Non mi dispera
non poter più soffermare lo sguardo sui visi amati.
Non ho mai
subìto appieno il fascino di un volto, di belle
membra, idoli precari, mistificanti feticci. Di una mano, invece,
non riesco a narrare con sufficiente efficacia il fascino
indiscreto, al quale non mi è concesso resistere. Mano
dell'amico che stringe la mia come fosse la prima o l'ultima volta.
Ora che non vedo più, è la mia mano che esplora in una sola
carezza,
delicatamente, il tuo viso e tutti i piccoli o grandi
volti sorridenti corrucciati morbidi rugosi di coloro che amo.
Ciò che mi circonda, d'improvviso, lo vedo con altri occhi, quelli
delicati di un animo fanciullo come il tuo. Vedere è "sentire", ora
lo so:
finalmente il fiore del tuo insegnamento ha donato il rosso frutto
prezioso. Sento il cielo, sopra noi tutti: ci contiene e ci protegge,
gli astri,
d'oro puro, trasmettono all'animo un'energia insperata,
il blu intenso narra misteri d'insonni notti in attesa di
"non-si-sa-che...".
L'alba ci rende i colori di una resurrezione, li sento vibrare
nei miei pensieri, con le mie emozioni, gialli girasoli impazziti.
S'incendia il cielo, lo sento. Brucia, là in fondo all'anonima pianura
o dietro colli armoniosi, il tramonto dell'immensa stella, metafora
di ogni
amore, di ogni speranza, di ogni respiro, generosa
dispensatrice di calore, di vita, di colori, di ideali. E sento anche
il calore di un fuoco che sostiene e indica una strada, l'unica,
insostituibile strada: è rosso, il calore; si sprigiona come sovrumano
incantamento dallo straccetto avvolto al collo delle donne dell'8 marzo,
bellezze d'ogni età, gialle come la mimosa, che tengono alta in una mano,
insieme
all'altissimo vessillo da noi sempre amato, rosso simbolo
di una passione, di una lotta che sconvolge poteri e libera l'intera umanità.
Sento, vivo, il profumo del verde prato vicino alla tua casa, Maestro:
infonde serenità, pace. Ho l'intatta sensazione di una balsamica freschezza,
nuova, mai sperimentata, neppure immaginata. Maestoso il platano diffonde
un'ombra, che sento e mi fa rabbrividire solo un poco. Violette, primule
fucsia
gialle rosse, lì presso, annunciano che quanto c'è di meglio, negli
umani, non decade mai. Rinasce primavera così come si rinnova
ad ogni stagione un'amicizia vera e profonda. Scorre, trasparente,
rapida,
cantando, l'acqua nella roggia vicino alla tua casa, Maestro;
limpida, come l'animo che da sempre tu hai forte, temprato, non
indifferente alle sofferenze dei tuoi simili. La sento zampillare, tintinnare.
E' lo specchio dei miei pensieri, dell'ansia di conoscere che mi divora
da
sempre, del piacere intenso che dà a te, a me, pensare, amare, vivere –
semplicemente vivere – una vita, necessaria a qualcuno, utile a noi
stessi, incalcolabilmente ricca.
La strada che non presi (di Robert Frost)
Due strade
divergevano in un bosco giallo
e mi dispiaceva non poterle percorrere entrambe
ed essendo un solo viaggiatore, rimasi a lungo
a guardarne una fino a che potei.
Poi presi
l’altra, perché era altrettanto bella,
e aveva forse l’ aspetto migliore,
perché era erbosa e meno consumata,
sebbene il passaggio le avesse rese quasi simili.
Ed entrambe
quella mattina erano lì uguali,
con foglie che nessun passo aveva annerito.
Oh, misi da
parte la prima per un altro giorno!
Pur sapendo come una strada porti ad un’altra,
dubitavo se mai sarei tornato indietro.
Lo
racconterò con un sospiro
da qualche parte tra anni e anni:
due strade divergevano in un bosco, e io -
io presi la meno percorsa,
e quello ha fatto tutta la differenza.
(Brani tratti da “La Scuola
Marginale” di Maria Colaizzo – Edizioni Millerighe – 2015)