Boudicca, o più correttamente Boudica, era nata nell’Inghilterra orientale, in una data che presumibilmente era il 33 d.C. Il suo nome deriva da una parola celtica che significa ‘vittoria’. Cresciuta in un ambiente rispettoso delle tradizioni, forse nobile, aveva appreso l’arte militare e si distingueva per fierezza e determinazione. Ce ne parlano Tacito e Cassio Dione. A quest’ultimo dobbiamo un suo ritratto:
«Era una donna molto alta
e dall'aspetto terrificante. Aveva gli occhi feroci e la voce aspra. Le chiome
fulve le ricadevano in gran massa sui fianchi. Quanto all'abbigliamento,
indossava invariabilmente una collana d'oro e una tunica variopinta. Il tutto
era ricoperto da uno spesso mantello fermato da una spilla. Mentre parlava,
teneva stretta una lancia che contribuiva a suscitare terrore in chiunque la
guardasse.», nel quale leggiamo l’intenzione dello storico romano di mostrarla
nella veste di un temibile nemico di Roma, una donna barbara dalle evidenti
anomalie ‘estetiche’, e quasi una terrificante dea della guerra.
Roma, quando Boudicca era
ancora una adolescente, era alle prese con la rivolta degli Iceni, la tribù cui
ella apparteneva, che reclamava la propria indipendenza. Gli Iceni erano stati
alleati dei Romani sotto l’imperatore Claudio, ma avevano cominciato a mostrare
insofferenza di fronte alle crescenti minacce del proconsole Scapula, ed erano stati sconfitti in
battaglia. Terminata l’era dei re filo-romani, con la morte di un sovrano dal
nome difficile, Prasutago, i Romani pensarono che era giunto il momento di
rilevare il regno in prima persona. La moglie di Prasutago era Boudicca, che
gli aveva dato due figlie. Un re ‘cliente’ era tenuto a lasciare il potere ed
il territorio a Roma, ma questo re aveva voluto dividere la sua eredità tra
Nerone, la moglie e le figlie. Il testamento non venne riconosciuto dai romani,
che ammetteva solo la trasmissione in linea maschile. Giulio Cesare aveva
riferito che le donne celtiche potevano ereditare dal marito e le donne in
generale nel mondo celtico erano partecipi della formazione culturale, e forse
della gestione del potere, tanto che Tacito afferma (con una certa
preoccupazione?) che “i celti non fanno distinzione tra ruoli maschili e
femminili”. Nelle sepolture di alcune donne celtiche sono state trovate armi e
armature, la successione era matrilineare e la donna con possedimenti maggiori
del marito era capofamiglia.
Boudicca vide il suo regno e le sue terre usurpati dai Romani. Fu umiliata, esposta nuda in pubblico e fustigata, le sue figlie stuprate. Preparò la vendetta: si mise a capo di una rivolta di Iceni e di tribù vicine, sconfisse il romano Ceriale e conquistò la colonia romana che oggi è Colchester, incendiò e rase al suolo Londinium e Verulanium, fece (forse) 80.000 morti. La sua storia è ampiamente raccontata dall’arte, dalla letteratura, dalla musica e dalla cinematografia, perfino dal mondo dei videogiochi, ma non possiamo rinunciare a partecipare alla impresa straordinaria di questa donna, che strappò ad un impotente Nerone pezzi della Britannia, e obbligò i Romani a rimettere insieme le forze superstiti per fronteggiare i ribelli, averne ragione.Boudicca si avvelenò insieme alle figlie per non cadere nelle mani dei Romani (Tacito), quando non aveva neppure trent’anni, e la sua storia rimase ignorata fino al XIV secolo. Ci piace immaginarla non come l’eroina del Regno Unito, raffigurata nella grande statua di Bronzo accanto al ponte di Westminster ma, anche, come una donna che rivendica il suo posto e il suo ruolo in un mondo di uomini violenti, incapaci di riconoscere la dignità e la forza delle donne. Simbolo estremo di coraggio e determinazione, non dea straordinaria della guerra, ma donna insieme ad altre, rimaste anonime nella leggenda, che l’avevano preceduta, come Onomaris e Chiomara e Camma, Fedelma e Medb, sacerdotesse, intellettuali e guerriere, alcune ‘ridotte al rango di figure demoniache simili alle streghe’ (Ellis) dopo l’introduzione della religione cristiana che ‘segnò la fine dell’egualitarismo nella società celtica’ (Minor).
Maria Colaizzo