Alcuni anni fa ho visitato la scuola di Barbiana di don Lorenzo Milani, in Toscana lontano dai centri abitati e dove fu appunto esiliato Don Milani.
La Scuola di
Barbiana, costituita da una chiesa e da alcune case, si trova nel Mugello in
mezzo ai boschi dalla quale si vede un panorama di colline e vigneti molto
suggestivo. Si intravede anche una piccola piscina che don Milani aveva fatto
costruire per far conoscere ai ragazzi il mare perché non l’avevano mai visto.
Ho iniziato ad
avvicinarmi alla pedagogia della scuola di Barbiana, negli anni 70 quando
lavoravo, come insegnante ed educatrice, in un istituto nei pressi di Torre del
Greco per bambini disagiati e disadattati provenienti dai quartieri periferici
di Napoli. Un esperienza unica che mi ha fatto da maestra di vita per entrare
nel mondo del lavoro, nella società civile. Fu allora che lessi “Lettera ad una
Professoressa” e cercai di mettere in pratica alcuni insegnamenti di Don Milani.
Infatti anche
alcuni dei bambini napoletani, dell’istituto nel quale lavoravo, erano stati
bocciati più volte e classificati disadattati dalla scuola. Grazie alla rete di
attività di reinserimento, molti bambini e bambine, fecero grandi progressi e
si sono poi inseriti bene nella società.
Nello stesso periodo mi avvicinai anche
alla Mensa Bambini Proletari di Montesanto dove Lucia e Cinzia Mastrodomenico, Peppe
Carini e gli altri applicavano già gli insegnamenti della scuola di Barbiana. Gli insegnamenti di don Milani sono sempre attuali.
Il prete di
Barbiana amava insegnare ai suoi ragazzi la Costituzione Repubblicana. A
Barbiana, nel laboratorio dove tratteneva i ragazzi, ci sono ancora visibili pezzi
della Costituzione scritti sui muri; cartelloni dove sono rappresentati i
governi, i partiti, il parlamento, copie di vecchi giornali. Don Milani faceva arrivare tutti i
giorni i giornali e iniziava così le sue lezioni.
Su un manifesto, sono segnati, all’ingresso della Scuola, frasi tratte da “Lettera ad una professoressa”: "..una volta la mamma di Giampiero le disse eppure mi pare che il bambino che va al doposcuola comunale sia migliorato tanto, la sera a casa lo vedo leggere la costituzione l'anno scorso aveva per il capo le ragazzine-, quest'anno la costituzione". Ancora troviamo scritto sempre in Lettera a una Professoressa: "ho imparato che il problema degli altri e' uguale al mio; sortirne tutti insieme e' politica. Sortirne da soli e' l’avarizia". Questa frase e stata ripresa anche da papa Francesco quando ha fatto visita a Don Milani.
Per tanti anni, con la sua scuola, si è imposto all’attenzione di molti. È apparso soprattutto un maestro o un protagonista di battaglie civili. E lo è stato effettivamente. Lettera a una Professoressa è un testo su cui si sono misurati quanti si occupavano di scuola ed educazione — chiedendosi come colmare il vuoto di futuro delle giovani generazioni e come rimuovere le discriminazioni del sistema scolastico —, ma anche molti che si sono impegnati nella società civile e nelle periferie. Quel testo, che è il frutto del lavoro collettivo della scuola di Barbiana sotto la direzione di don Lorenzo, ormai in gravi condizioni di salute, è forse il suo documento più conosciuto. Don Milani è una figura nota come educatore, ma anche attore di una pedagogia rivoluzionaria e di un’azione sociale di promozione degli ultimi.“È stato un testo di denuncia delle diseguaglianze scolastiche, molto letto e popolare quando si contestavano le istituzioni educative". Così ha illustrato Michele Gesualdi nel suo libro “Don Lorenzo Milani l’Esilio di Barbiana”.
In
questi giorni, a 100 anni dalla sua nascita, in tutta Italia si celebrano
eventi, iniziative; i giornali ne stanno parlando molto: c’è bisogno di eticità
e autenticità civile e la stessa Chiesa ne ha preso atto.
E’ stato scritto molto su Don Milani,
soprattutto dai suoi ragazzi come Michele Gesualdi (diventato poi anche
presidente della provincia di Firenze) e mi ha colpito anche un testo di Rolando
Perri “Sulle
presenze femminili nella vita di Don Lorenzo Milani tra misoginia e femminismo
ante litteram“ L’Autore ha raccolto
testimonianze e lettere di don Milani e ha cercato di illustrare le sue
posizioni sulla condizione femminile. Alcune critiche gli erano state poste in
quanto nella scuola di Barbiana erano ospitati in maggioranza maschi e poche
ragazze.
Don Milani si occupò, sin dal 1947, nella
conduzione dell’azione pastorale, di analfabetismo, disoccupazione, sfruttamento
del lavoro minorile, condizione della donna, crisi degli alloggi.
Avviò un indagine sociologica su questi
temi che riportò nel libro “Esperienze Pastorali” per metterla a disposizione
di tutti.
Don Milani scriveva, tra l’altro, in
“Lettera a una Professoressa”: “Da un lato
vedo che la donna qui a S. Donato non ha ancora la posizione di parità che le
spetta (per esempio il giovane o il marito che hanno avventure non sono
disprezzati. La giovane o la sposa lo sono). Dall’altro lato vorrei che
raggiunta una pari dignità le donne si ricordassero d’avere una diversa
funzione. Gli atteggiamenti discriminatori degli uomini nei confronti delle
donne sono indotti, per lo più, dalla maniera di collocarsi delle medesime in
una posizione di pigrizia mentale e di assuefazione rispetto alla tradizione, o
di netto distacco da quest’ultima senza la mediazione di una visione più
equilibrata ed equidistante”; “come mai ci sono delle donne che han sempre
bisogno di essere servite, altre che han sempre bisogno di servire e d’essere
fuori casa? E’ bello questo, o almeno è bello sempre”; “E paradossalmente si
può dire che l’unica differenza tra maschi e femmine è che le femmine capiscono
nei fatti altrui, mentre i maschi capiscono solo nei loro propri.”; “nel lavoro
di fabbrica delle nostre giovani ho visto elevarsi di poco la parità sociale e
abbassarsi di molto la differenziazione.”; “e così non sono pochi coloro i
quali credono che una donna possa vivere anche con un cervello da gallina. I
maschi non le chiedono di essere intelligente".
Don Lorenzo Milani partecipò ad un
incontro con le ragazze di quattordici o quindici anni, organizzato da una
docente di terza media del Borgo di S. Lorenzo, Adele Corradi, nell’ambito di
una attività ludico-ricreativa sotto forma di ballo di gruppo, nei locali
scolastici in orario pomeridiano. Gli incontri vertevano su temi riguardanti la
loro condizione di vita di genere, passata, presente e futura, ma quello su cui
insisteva don Milani era sulla non utilità del ballo e momenti ricreativi,
intesi come spreco di tempo. Era un pretesto per esaltare il ruolo della donna
e il suo processo di emancipazione.
Alla replica di una ragazza “ma noi si balla per divertirci”, don
Milani rispondeva “il divertimento va
bene per uno che è riuscito a fare tutto quello che vorrebbe fare “…“A fare quelle mossettine in sala da ballo
ti riesce, e a seguire una riunione politica e sindacale che ti prepara a
essere più capace, più sovrana, ti pare di non essere
capace? Eppure l’anno prossimo andrai a lavorare e avrai davanti responsabilità
immense, licenzieranno una tua compagna di lavoro e dovrai decidere se scioperi
o no per lei, se difenderla o no, se andare in corteo davanti alla prefettura o
davanti alla direzione, se rovesciare le macchine o rompere i vetri oppure se
tu dovrai zitta zitta, chinare la testa e permettere che la tua compagna sia
cacciata fuori a pedate dalla fabbrica. Tu queste cose le dovrai decidere
l’anno prossimo e per ora ti prepari twistando in una sala da ballo, non puoi
aspettare quando sei nonna a farti una preparazione politica e sindacale. La preparazione
alla vita sociale e politica o oggi o mai.
L’età giusta e questa”.
Erano gli anni ‘60, don Milani è morto il 26 giugno 1967.
Luisa Festa