«Simm’e Napule e avimma fa ’o cinema de’
napulitane!»
Di questa salernitana dotata di un occhio cinematografico formidabile e di una sensibilità ed attenzione alla gente comune ed alle donne del tutto originale, non molti ne conoscono l’esistenza. È paradossale come la Notari popolarissima nei primi anni venti del ‘900 proprio tra quella gente comune sia diventata negli anni appannaggio di intellettuali ed addetti ai lavori. Elvira nasce a Salerno nel 1875 da una famiglia semplice, conosce Nicola Notari che di mestiere fa il fotografo e da allora la pellicola sarà il suo mondo. Dapprima aiuta il marito, colora le pellicole, stampa le foto, ma presto comincia a cimentarsi nella regia, girando direttamente dapprima cortometraggi e poi veri e propri film. Elvira Notari si muove con la sua macchina da presa tra la gente comune; i suoi set sono i bassi nei Quartieri spagnoli di Napoli, oppure le strade affollate del lungomare di Napoli; descrivono la vita e l’anima della piccola borghesia e del popolino, rappresentandone contrasti e miserie. Alcune volte sono veri e propri documenti storici basti pensare all’incendio del campanile del Carmine che fa da sfondo alla drammatica vicenda di amor fou del film “E’ piccerella”. Il cinema è muto e tutto il pathos delle situazioni è affidato agli sguardi, ai gesti dei protagonisti. Indimenticabili gli occhi maliardi di Margheretella o quelli severi eppur addolorati della madre di Tore.
Notari guarda con occhio attento le donne, non solo le madri, ma anche
donne perdute e femme fatale, ma anche folli e fuori dagli schemi per
quei tempi, dotate di risolutezza nel contestare il ruolo sociale contemplato
per loro. La rappresentazione di vicende di donne anticonformiste e
ribelli, quale peraltro lei stessa era, è probabilmente il motivo per il quale
Elvira Notari è stata considerata da femministe come Lina Mangiacapre, una
sorta di pioniera della rivendicazione femminile nel cinema, tanto da istituire
nel 1987, presso la Mostra internazionale
d'arte cinematografica di Venezia, un premio a suo nome, finalizzato a
"segnalare le opere filmiche che mostrano nel segno della differenza il
cambiamento dell'immagine della donna, della donna, soggetto di storia e di
cultura."
Elvira Notari non è solo la prima regista italiana, forse del mondo, ma la prima regista meridionale; i suoi protagonisti miseri ed umani testimoniano il contrasto con il cinema “maggiore “dell’epoca che aveva il suo riferimento a Torino. Resisterà infatti alla regia e produzione di film storici molto in voga in quel periodo per continuare a raccontare la sua Napoli degli ultimi, le loro storie di riscatto umano.
Elvira Notari non ebbe una buona relazione con gli intellettuali del suo tempo. Viene ricordata l’asprezza con cui fu trattata da Matilde Serao.
L’avvento del sonoro e quello del Fascismo segnarono il declino della attività di regista e produttrice della Notari (aveva anche fondato una casa di produzione la Dora Film). Gli alti costi di produzione e la censura operata dal fascismo che consentiva lafigura femminile solo se funzionale alla causa del regime, spinsero Elvira a ritirarsi a Cava dei Tirreni dove morirà nel 1946.
I pochi film rimasti di Elvira Notari costituiscono davvero uno straordinario ed avanzato punto di avvistamento della condizione umana e femminile, da quella marginalità che sarebbe diventata determinante per le narrazioni del successivo Neorealismo.
Nel 2022 Flavia Amabile, scrittrice e giornalista de “La Stampa”, con il suo “Elvira” (Einaudi Stile Libero, 2022), ci restituisce con molte sfaccettature la memoria di questa geniale Meridionale.
Maria Vittoria Montemurro