In attesa del
Premio “Lucia Mastrodomenico”
di
Virginia Varriale
Immaginando
di parlare con Lucia.
Lucia,
che cosa avresti pensato e scritto di questo nostro momento storico?
Quale
strada avresti indicato, perché la felicità potesse ancora essere un desiderio
di felicità collettiva?
Quale
“teoria politica” contemporanea o “sistema normativo” potrebbero disciplinare
controversie senza che esse si trasformino in guerre e negazioni?
La
storia è sempre al plurale perché plurali sono le prospettive da cui si osserva
il mondo, sebbene questa pluralità, o meglio la libertà di avere una
prospettiva non è mai stata garantita una volta e per sempre e per tutti. Le
conquiste sono sempre da provare, perché le azioni degli esseri umani sono
contrassegnate dall’imprevedibilità che tutto rende possibile, tradendo le
lezioni del passato da cui bisogna saper prendere le distanze, non negandolo,
bensì superandolo e non rimanendo
vittime di vincoli che condizionano il “fare” del nostro mondo.
Tu
hai scritto: “Occorre guardare al presente, attenti a ogni spiraglio che si
apre al movimento del pensiero e del mondo”.
Ma
quale dialettica sottende oggi il mondo?
Come
educare i giovani al movimento del pensiero?
Mi
viene in mente una parola che hai usato: l’osservanza.
“L’osservanza
di una disciplina ordina le cose, le rende possibili e belle. Ma l’osservanza è
anche fatica, limita lo spazio, la capienza della propria azione, come il
numero dei fiori da disporre in una brocca stretta”.
Ci
vogliono buon senso, ragione pratica, esercizio, tanto esercizio, per imparare
a misurare lo spazio delle proprie azioni e dei propri pensieri e rispettare
quello altrui. Non devo per forza capire tutto, ma accettare con umiltà quanto
ha da dirmi chi è più capace, senza provarne imbarazzo, riconoscendo che tutti
siamo uguali solo a noi stessi e per questo siamo bisognosi degli altri, per
cogliere più significati e liberarci dalla smania della “dominazione”.
Occorre
allora essere attenti alle parole, al nostro modo di giudicare quanto accade.
Avere
cura per gli altri, avere il coraggio e la grazia di farsi da parte, lasciare
che le nostre azioni siano teatro di confronto, di arricchimento emotivo e
intellettuale.
E
tu, Lucia, diresti che tutto questo è necessario non per buonismo né per
generosità, piuttosto è bisogno di luce.
Come
spiegare questo bisogno di luce!
Far
rilucere cosa? Chi è invisibile, ma vive in un mondo che non mi può essere estraneo,
perché è lo stesso mondo che abito io, che abiti tu, che abitiamo tutti.
Dar
luce a chi lotta per i propri diritti, ma da solo non può farcela.
Dar
luce alle differenze, comprenderle e rispettarle non con formale
superficialità, bensì mostrando reciproco interesse.
Dar
luce a quel che si è, essere capaci di “custodire la propria solitudine”, ma
anche “coltivare insieme l’ascolto verso la parola dell’altro”.
Tutto
questo è possibile solo attraverso la dialettica dell’amore, la philìa, il
fatto che un essere si congiunga all’altro in un rapporto di armonia, di
reciprocità, poiché sono disposti ad essere l’uno per l’altro.
Esisto perché ci
sei tu,
questo dobbiamo insegnare!
So
di essere al mondo, quando mi faccio carico di un Noi, che è uno, perché tutto
unisce…