L’Emilio di J.J. Rousseau, pubblicato nel 1762, fu definito dal suo stesso autore come un “libro tanto letto, così poco capito e così mal apprezzato”.
Esso si pone a coronamento della sua riflessione politica, poiché Rousseau sostiene che il benessere dello Stato richiede cittadini capaci di realizzare il bene comune e che a tal fine è indispensabile un’educazione che rispetti la natura profonda del fanciullo, facendo emergere in lui, in modo quasi spontaneo, la razionalità e il senso morale.
L’opera si apre con una precisa condanna della situazione attuale dell’uomo, il quale nel corso del tempo ha sostituito tutto ciò che è naturale con l’artificiosità, vivendo tra pregiudizi che possono essere superati solo attraverso l’assunzione di un deciso impegno educativo.
Per Rousseau l’uomo può “ritrovare la trasparenza perduta”, essendo egli stesso artefice della propria decadenza, frutto delle sue scelte e delle sue azioni, può modificare la propria condizione, poiché la lotta contro i mali è un fatto storico, cosa umana.
(Virginia Varriale)
Di seguito alcuni passi tratti dal primo capitolo dell’Emilio:
“Tutte le cose sono create buone da Dio, tutte degenerano tra le mani dell'uomo. Egli costringe un terreno nutrire i prodotti di un altro, un albero a portare frutti non suoi; mescola e confonde i climi, gli elementi, le stagioni; mutila il cane, il cavallo, lo schiavo; tutto sconvolge, tutto altera, ama le deformità, le anomalie; nulla accetta come natura lo ha fatto, neppure il suo simile: pretende ammaestrarlo per se come cavallo da giostra, dargli una sagoma di suo gusto, come ad albero di giardino.
Pure, se così non fosse, tutto sarebbe ancora peggiore: la nostra specie non ammette di essere formata a metà. La situazione è ormai tale che un uomo, abbandonato a se stesso fin dalla nascita in mezzo ai suoi simili, sarebbe il più deforme di tutti. I pregiudizi, l'autorità, la necessità, l’esempio, tutte le istituzioni sociali in cui ci troviamo sommersi, soffocherebbero in lui la natura senza nulla sostituirle. In un uomo siffatto essa avrebbe vita stentata, quasi arboscello cresciuto per caso in mezzo a una strada e che i passanti fanno presto perire, urtandolo da ogni parte, piegandolo in ogni senso”.
“A te mi rivolgo, madre amorosa e previdente, a te che hai saputo discostarti dalla strada battuta da tutti e proteggere l'arboscello nascente dall'urto delle opinioni umane! Coltiva ed abbevera la giovane pianta prima che muoia: i suoi frutti saranno un giorno la tua gioia. Erigi al più presto un recinto intorno all'animo del tuo fanciullo; altri potrà indicarne il tracciato, ma tu sola devi costruirvi la barriera”.
“Le piante si coltivano, gli uomini si educano. Se l'uomo venisse al mondo grande e robusto, statura e forza gli sarebbero inutili, finche non avesse imparato a servirsene; gli riuscirebbero anzi dannose, impedendo agli altri di prendersi cura di lui; abbandonato a se stesso, morirebbe prima ancora di aver conosciuto i propri bisogni. E ‘consuetudine commiserare la condizione dell'infanzia: non si comprende che la specie umana sarebbe perita, se l'uomo non avesse cominciato a vivere come fanciullo”.
“Nasciamo deboli e abbiamo bisogno di forza; nasciamo sprovvisti di tutto e abbiamo bisogno di assistenza; nasciamo stupidi e abbiamo bisogno di giudizio. Tutto ciò che alla nascita non possediamo e che ci sarà necessario da adulti ce lo fornisce l'educazione. L'educazione ci viene impartita o dalla natura o dagli uomini o dalle cose. Quella della natura consiste nello sviluppo interno delle nostre facoltà e dei nostri organi; quella degli uomini c'insegna a fare un certo uso di facoltà e organi sviluppati; l'acquisto di una nostra personale esperienza mediante gli oggetti da cui riceviamo impressioni è l'educazione delle cose. Ognuno di noi è dunque formato da tre specie di maestri. I1 discepolo in cui i loro diversi insegnamenti si contraddicono riceve una cattiva educazione e non sarà mai in armonia con se stesso; ma se tali insegnamenti vertono tutti sugli stessi punti e tendono agli stessi fini, allora il discepolo raggiunge la sua meta e vive in modo coerente. Egli soltanto è educato bene. Ma delle tre diverse forme di educazione quella della natura è del tutto indipendente da noi e quella delle cose non dipende da noi che in parte. Solo l'educazione degli uomini è davvero in nostro potere; e anche questo potere è piuttosto teorico, poiché chi mai può sperare di controllare interamente discorsi ed azioni di tutti coloro che vivono intorno a un fanciullo?”
“Nella misura dunque in cui l'educazione e un'arte, appare quasi impossibile che abbia successo, poiché l'armonico concorrere dei fattori a ciò necessari non dipende da nessuno. Tutto quel che si può fare, usando ogni possibile premura, e avvicinarsi più meno alla meta, ma per raggiungerla ci vuole fortuna. E qual è questa meta? E' la stessa della natura, come abbiamo dimostrato poc'anzi. Poiché il concorso delle tre forme di educazione è necessario al loro perfetto compimento, occorre armonizzare con quella che non dipende da noi anche le altre due”.