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Maria Colaizzo ci offre una riflessione sul Madrigale, con un particolare riferimento a Torquato Tasso che, volentieri, pubblichiamo (RL)

 

Un madrigale per Lucia

 

L’etimologia della parola madrigale è ancora oggetto di discussione. Tra le proposte e le interpretazioni vi sono quella di carmen matricale, ovvero canto nella lingua materna, carmen materiale, ovvero grezzo, non elaborato artisticamente, madregàl, che in veneziano antico vuol dire semplice, spontaneo, o anche matricalis da matrix, chiesa madre, cattedrale ove si suona. Viceversa la forma poetica del madrigale non nasce come ‘popolare’, ma come espressione artistica probabilmente destinata al canto polifonico. Le composizioni più antiche appartengono al Trecento: la loro forma metrica si conserva fino al XV secolo, e cambia con il Cinquecento, in relazione con i mutamenti dello stile musicale (R. Ceserani), raggiungendo con Tasso la massima perfezione. Ritroviamo il madrigale nel XVII e XVIII secolo, per esprimere temi morali e filosofici e non solo amorosi, come era stato prima. Fra XIX e XX secolo viene ripreso come poesia dotta e classicheggiante (Carducci e D’Annunzio).

La sua natura stilistica è naturalmente musicale e cantabile, la sua cifra l’amore.

 

Torquato Tasso


«Qual rugiada o qual pianto»
(Rime d'amore, III, 324)

 

 Qual rugiada o qual pianto,
quai lagrime eran quelle
che sparger vidi dal 
notturno manto
e dal 
candido volto de le stelle?

Quale rugiada o quale pianto, quali lacrime erano quelle che vidi spargere dal cielo notturno e dal volto delle stelle?

 

E perché seminò la bianca luna
di cristalline 
stille un puro nembo
a l'erba fresca in grembo?
Perché ne l’aria 
bruna

 E perché la bianca luna sparse una pura nube di gocce cristalline in grembo all’erba fresca? [allude al chiarore perlaceo della rugiada] Perché, nell’aria notturna,


s'udian, quasi dolendointorno intorno
gir l’aure insino al giorno?
Fur segni forse de la tua partita,
vita de la mia vita?

si udivano le brezze, simili a lamenti, scorrere tutt’intorno fino al sorgere del giorno? Forse erano presagi della tua partenza, o vita della mia vita?

 

Torquato Tasso soffre per la separazione dalla donna che ama, e chiama la natura a partecipare del suo dolore, nelle forme poeticissime del pianto e del lamento di un cielo notturno e dell’erba bagnata di una rugiada luminosa e cristallina. Un destino crudele scritto nella notte, tra le stelle, portato dal vento che scorre e sospira,quasi premonitore di una partenza inattesa.

La natura personificata è in grado di percepire emozioni e sentimenti, di accostarsi agli uomini per confortarli e condividere il loro dolore.

Il madrigale di Tasso è delicatissimo e stempera nell’andamento armonioso e musicale l’espressione del dolore, mentre racconta nelle ultime parole il dramma di chi non potrà rassegnarsi alla partenza dell’amata…”o vita della mia vita”.


Maria Colaizzo