Pierluigi (Piero) Cerato, nato a Vicenza, dopo essersi laureato in Medicina, specializzato in Cardiologia e in Igiene e Medicina Preventiva, ha lavorato nell’ospedale Psichiatrico di Trieste, insieme agli psichiatri che dettero applicazione pratica a quella che poi sarebbe diventata la legge di riforma dei manicomi, passata alla storia come legge Basaglia. Un gruppo di psichiatri ed operatori “triestini”, decisero, nel 1974, di venire, in Campania, a Napoli a lavorare. La decisione non era solo geografica. La volontà di quel gruppo di operatori, all’epoca, era di lavorare nel territorio, non più in ospedale. La volontà era di sperimentare un progetto molto innovativo ed ambizioso: mettere insieme psichiatria e medicina generale, creare una struttura nella quale si dessero risposte ai bisogni di tutta la popolazione, dei cosidetti “normali” e dei cosidetti “pazzi”.
Il contesto politico, sociale e sanitario era molto diverso da quello attuale. Gli anni 70 del secolo scorso furono un periodo di straordinaria trasformazione Basti ricordare che la legge di riforma sanitaria, la 833 è del dicembre 1978, la legge Basaglia la n.180 è del maggio dello stesso anno. Il progetto del Centro di Medicina Sociale fu pensato ben prima: nel 1975.
Piero Cerato, Luciano Carrino, Chiara Strutti, Nino Perrino, Assunta Signorelli, Giulia Dario ed altri giunsero a Napoli con l’idea che era possibile l’apertura dei manicomi e il trattamento della “follia” in strutture territoriali. A loro si aggregarono operatori sociali e sanitari del Collettivo Sanitario della Mensa Bambini Proletari, una delle tante esperienze di quartiere, presenti a Napoli in quegli anni: Teresa Maglione, Giacomo De Cunto, Sandro Corona. Gigetto Dattolico, Michele Vollaro, il sottoscritto e tanti altri.
Successivamente si aggregarono, interessati dal valore innovativo e creativo dell’esperienza: Bruno Catenacci, Peppe Orefice, Lucia Iacono, Maria Teresa Pini, Francesco Ripa di Meana e ancora tanti. L’idea di un Centro di Medicina Sociale, struttura polivalente, fu presentata in Regione Campania. Nel 1976 la Regione deliberò l’istituzione del Centro di Medicina Sociale (CMS) nel Comune di Giugliano. Il CMS nacque dunque dalla confluenza di esperienze facenti capo a gruppi diversi di operatori.: un gruppo proveniente dall’Ospedale Psichiatrico di Trieste ed un altro di volontari del Collettivo Sanitario della Mensa Bambini Proletari di Napoli.
Le idee guida del lavoro del CMS erano: psichiatria insieme alla medicina generale, per gli anziani, per i lavoratori, a favore delle donne e dei bambini. I presupposti teorici del progetto erano basati sulla ricerca/intervento (non tenere separata l’attività di ricerca dagli interventi socio sanitari), sulla “non delega”, sulla partecipazione della popolazione, degli utenti alle scelte gestionali. L’esperienza fu entusiasmante, ebbe risonanza nazionale ed internazionale, anche per gli interventi messi in campo dopo il terremoto del novembre 1980.
Nel 1982 entrarono in funzione in Campania le Unità Sanitarie Locali, in applicazione della legge di riforma sanitaria ed il CMS, con la sua esperienza, con il suo personale, transitò nell’USL 23 di Giugliano. Piero Cerato, sempre coerente con i principi ispiratori del CMS, divenne, quando furono istituite le Aziende Sanitarie Locali, prima Direttore Sanitario e poi Direttore Generale dell’ASL Napoli 2. La sua capacità gestionale, il suo rigore etico, la sua capacità di dedicarsi al lavoro “a tempo più che pieno” sono stati d’esempio per quanti l’hanno conosciuto ed hanno avuto modo di apprezzarne le capacità. Piero ci ha lasciati, nel 2016, all’età di 70 anni, ed è importante tenere viva la sua memoria. Quel che ha seminato è fisicamente presente nelle strutture che ha contribuito a far realizzare, dal nuovo Presidio Ospedaliero Rizzoli di Ischia, alla nuova sede del Distretto di Mugnano, a tanti altri.
Piero aveva tra l’altro insegnato al Master in "Direzione, Management e Coordinamento delle Strutture Sanitarie, Sociali e Socio-Assistenziali Territoriali" del Dipartimento Scienze Sociali dell’Università Federico II di Napoli. Gianfranca Ranisio, la Coordinatrice, ed altri docenti del Master hanno pensato di dedicare, alla memoria di Piero, una lezione, non solo celebrativa, ma che mettesse a confronto l’esperienza del CMS di Giugliano con l’attuale assetto della sanità territoriale. Questo il sottotitolo della lezione: “A 45 anni di distanza quali sono i contenuti, i valori che, dalle esperienze di sanità territoriale degli anni 70, si possono trasferire nella sanità territoriale che si andrà a realizzare utilizzando le risorse del PNRR? Quali insegnamenti di Piero Cerato è necessario riversare nella nuova sanità territoriale post COVID 19?”
Una mattinata, una lezione, non solo celebrativa di Piero. Alla lezione hanno partecipato, non solo gli iscritti al Master, ma anche professionisti ed esperti di sanità pubblica, desiderosi di apprendere quali insegnamenti di Piero possono essere attualizzati, ora che la sanità territoriale è destinata a cambiare, ora che finalmente arrivano le necessarie risorse, previste da Missione 6 del PNRR.
È il momento di attualizzare, in maniera diffusa, i principi ispiratori del pensiero di Piero Cerato: l’assistenza domiciliare ed il prendersi cura delle persone.
Piero, spirito libero, ci ha insegnato che non dovevamo risolvere i problemi dei malati a distanza, per telefono – unico strumento “a distanza” disponibile all’epoca. Dovevamo andare a casa di coloro che ne facevano richiesta a constatare personalmente di cosa i malati avessero bisogno. Piero ci ha insegnato a non essere superficiali, ma ad essere capaci di prenderci cura delle persone, ci ha insegnato la differenza tra il curare ed il prendersi cura.
Saranno capaci, coloro che programmano la nuova sanità territoriale – Ministeri, Regioni - (Case di Comunità, Ospedali di Comunità etc) e coloro che continuano a teorizzarla – Università Bocconi ed altri (Comunità di Pratiche), di riprendere e rendere attuali i due semplici principi - assistenza domiciliare, prendersi cura delle persone- , cui Piero ha ispirato tutta la sua umana, troppo umana, esperienza lavorativa?
Roberto Landolfi