Quindi la Costituzione va celebrata e lasciata così com’è: il principale baluardo a difesa della democrazia, dei principi di cittadinanza, uguaglianza e solidarietà. Quella di Berruto più che una proposta di modifica è una piccola aggiunta, sulla quale non si può non essere d’accordo.
All’art. 9 che recita: “La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica” andrebbe inserito il termine Sport, divenendo quindi: “La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura, dello sport e la ricerca scientifica e tecnica”. Un riconoscimento ad una disciplina che assume un valore educativo fondamentale per i giovani e non solo (NdR)
Viene l'ora di portare lo sport in Costituzione
Il 6 dicembre potrebbe diventare a suo modo una data storica per lo sport del nostro Paese. Lunedì scorso in "campo neutro", in quanto ospiti del Comitato Olimpico, la casa dello sport italiano, e convocati dall'associazione "Cultura Italiae", tutti, senza alcuna esclusione, i rappresentanti delle forze politico-parlamentari hanno convenuto sulla irrinunciabile e irrimandabile urgenza di portare, finalmente, la parola "sport" nella Costituzione della Repubblica.
Questa assenza ha radici storiche: i nostri padri e le nostre madri costituenti, quando nel 1946 iniziarono a lavorare al testo della Carta costituzionale avevano una necessità: creare discontinuità con un modello sportivo che, nel ventennio, era stato strumento per affermare la superiorità di una razza o rappresentare una metafora della guerra. L'unico intervento in tema di sport che è possibile rinvenire nei lavori dell'Assemblea costituente venne fatto dal deputato Giuliano Pajetta, il fratello di Giancarlo, nella giornata del 19 aprile 1947 nel corso della discussione relativa all'articolo 31. È sintomatico, al riguardo, come nel suo intervento l'altro Pajetta si preoccupò di riferirsi allo sport esclusivamente in funzione di tutela della salute dell'infanzia, prendendo le distanze da ciò che definì l'«aspetto marziale» di esso. Naturalmente oggi questa posizione è diventata obsoleta, anzi è semmai evidente l'esatto contrario: lo sport, al netto di sporadiche aberrazioni, è uno strumento di inclusione e di pace, oltre che un generatore di salute e qualità della vita.
Certo occorre ridefinire la parola "sport" allargando il concetto a "cultura del movimento", un concetto transgenerazionale che non riguarda solo gli adolescenti, i talenti o i performers dello sport di alto livello, ma riguarda tutti i cittadini e le cittadine, di ogni età, di ogni talento, di ogni abilità, di ogni status sociale o economico, in buona salute o meno. È questo il tipo di sport che deve diventare un diritto e che deve essere tutelato da politiche pubbliche.
La strada maestra è tracciata e c'è una proposta molto concreta: quella sull'articolo 9, recentemente sottoposto a revisione sul tema ambientale. Proprio quell'articolo, uno dei dodici che tutelano i principi fondamentali, potrebbe ospitare una semplice parola, capace di cambiare un paradigma, come mai successo prima nella storia dello sport della nostra Repubblica, e potrebbe diventare così: «La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura, lo sport e la ricerca scientifica e tecnica». Una parola che genererebbe una rivoluzione: la genesi di un diritto tutelato da politiche pubbliche e capace di dialogare con altri due diritti: quelli all'istruzione e alla salute.
Tutti i gruppi parlamentari hanno confermato questa volontà, ora si tratta di far partire l'iter necessario e il traguardo potrebbe essere tagliato entro la fine di questa legislatura. Gli sportivi lo insegnano: se vuoi fortemente una cosa e lavori duramente per ottenerla, anche ciò che sembrava impossibile può trasformarsi in realtà. E la nostra Costituzione, giustamente descritta come "la più bella del mondo", potrebbe diventare ancora più bella.
Tratto da - Mauro Berruto “Avvenire” 8 dicembre 2021