Il reddito di
cittadinanza (RdC) è un misura
imperfetta che mette insieme lotta alla povertà e accesso al lavoro. Lo abbiamo
rimarcato più volte, anche sulle pagine di questo periodico. Ciò detto, il RdC va migliorato, non abolito. È una delle poche
misure che porta più benefici al sud Italia che al nord. È vero che c’è chi se ne approfitta e che, questo fenomeno, avviene più al sud che al nord. Ma allora, i
controlli che ci stanno a fare? Lo Stato ha tutti gli strumenti per controllare
(INPS, Agenzia delle Entrate etc.) In quest’ultimo periodo lo sta facendo e
infatti la Guardia di Finanza ha
individuato e denunciato chi se ne approfitta. Gli abusi vanno
repressi ovunque e con tutti i mezzi consentiti dalla legge.
A fronte di ciò ci
sono migliaia di persone e di famiglie che, grazie al reddito di cittadinanza
hanno potuto alimentarsi in maniera dignitosa e fare alcuni acquisti, non da
“poveri” ma da persone “normali”. Ecco quindi che chi vuole abolire il reddito
di cittadinanza parla così perché ha “la
pancia piena” ed approfitta dei furbetti del RdC per fare propaganda politica. Costoro
farebbero bene ad occuparsi dei grandi evasori, di come scovarli e
controllarli. Coloro che attualmente fanno propaganda sui furbetti del RdC,
sono gli stessi che, in passato, non si
sono occupati dei “grandi furboni” che sulle “quote latte” hanno potuto, per
anni commercializzare il latte senza pagare tributi. Fino a quando, nel 2015, l’UE ha abolito la misura e si è tornati al
libero mercato.
Chi vuole abolire
il reddito di cittadinanza, non si interessa delle persone che vivono
condizioni di disagio e povertà.
Sul tema
riportiamo un interessante pezzo ripreso da “Valigia Blu” del 5.11.21 (RL)
Reddito
di cittadinanza: il governo non ascolta gli esperti e «punisce» i poveri
Il 28 ottobre il Consiglio dei ministri ha
approvato il disegno di legge di Bilancio per il 2022, che ora dovrà
passare all’esame del Parlamento e ricevere il via libera definitivo entro la
fine dell’anno. Tra le altre cose, il governo ha
introdotto una serie di novità per il reddito di cittadinanza. Da un
lato ha finanziato la misura con circa un miliardo di euro in più, rispetto
alle risorse già stanziate, per ogni anno fino al 2029. Dall’altro lato, ha
proposto alcune modifiche che, come vedremo, restringono l’accesso al sussidio,
senza migliorare i suoi elementi di maggiore criticità – su cui abbiamo
già scritto in passato.
In sintesi: il presidente del Consiglio Mario Draghi – che ha
detto di condividere «il principio del reddito di cittadinanza», senza che sia
«da intralcio al funzionamento del mercato del lavoro» – sembra aver puntato a
una soluzione di compromesso al ribasso. Da mesi il reddito di cittadinanza è
al centro di forti attacchi da parte della maggior parte dei partiti,
alcuni dei quali ne chiedono l’abolizione, manipolando i
dati su chi percepisce indebitamente il beneficio o demonizzando i
giovani, che preferirebbero il sussidio pur di non lavorare.
Le novità proposte nel disegno di legge di Bilancio non
rispecchiano i numerosi suggerimenti evidenziati da diversi esperti di povertà,
che da tempo hanno raccolto evidenze e suggerimenti per rendere il
provvedimento più equo e meno discriminatorio.
Le modifiche annunciate sono state subito criticate da alcuni
esponenti del comitato
di valutazione del reddito di cittadinanza, nominato a marzo dal
Ministero del Lavoro, che presto dovrebbe pubblicare un rapporto sulle sue
ricerche. Con il disegno di legge di bilancio «si è voluto dare il messaggio
che si sarà ancora più severi con i poveri», ha
per esempio dichiarato il 30 ottobre a Il Fatto
Quotidiano Cristiano Gori, professore ordinario di Politica Sociale
all’Università di Trento e membro del comitato. «Dietro c’è lo stereotipo del
povero come una persona che non vuole lavorare, verso cui avere un approccio
coercitivo e punitivo». Su una posizione simile si è schierata lo stesso giorno
su Repubblica anche Chiara Saraceno, che presiede il comitato.
La sociologa ha
auspicato che in Parlamento vengano apportate modifiche «basate
sull’analisi dei dati e non su prese di posizione ideologiche o narrazioni
senza riscontro empirico».
Nonostante questi commenti, le modifiche proposte in legge di
Bilancio sono state supportate da Giuseppe Conte, leader del Movimento 5
stelle, il partito che del reddito di cittadinanza ha fatto la sua bandiera
politica. Il 2 novembre, ospite a Porta a Porta, Conte ha
infatti dichiarato (min. 39:15) che sulle modifiche «l’equilibrio finale sia
quello giusto».
Vediamo più nel dettaglio quali sono le novità proposte dal
documento approvato dal Consiglio dei ministri e quali sono le critiche
arrivate dagli esperti negli ultimi giorni.
Quali sono le proposte del governo
Il testo ufficiale del disegno di legge di Bilancio per il 2022
non è ancora stato pubblicato, ma è
stato divulgato da diverse fonti stampa. Nello specifico, tre articoli
riguardano il «riordino della disciplina del reddito di cittadinanza», una
scelta delle parole non casuale, dal momento che non siamo di fronte a una
riforma o a modifiche organiche del provvedimento. Ma a interventi mirati per
rendere più severi i requisiti di accesso alla misura.
Come già detto, un primo articolo ha autorizzato lo stanziamento
di maggiori risorse per il reddito di cittadinanza, per oltre 9 miliardi di
euro aggiuntivi, dal 2022 al 2029. Un terzo articolo invece ha aumentato di 70
milioni di euro annuali le risorse a disposizione dei centri per l’impiego.
Il secondo articolo – quello più corposo dei tre – contiene una
serie di modifiche alla legge del 2019 con cui è
stato introdotto il reddito di cittadinanza, in particolare per quanto
riguarda le condizionalità legate alla ricerca di lavoro. Ricordiamo infatti
che una parte dei beneficiari del reddito di cittadinanza è obbligato a seguire
i percorsi per trovare un’occupazione, pena la perdita del sussidio. Secondo i
dati più aggiornati di Anpal, al 30 settembre i beneficiari soggetti al Patto
per il lavoro erano
circa 1,1 milioni, su circa 3,5 milioni di persone coinvolte dalla misura. Come
abbiamo spiegato più nel dettaglio in passato, la stragrande maggioranza di
questi beneficiari non
sono immediatamente collocabili sul mercato.
Tra le altre cose, il disegno di legge di Bilancio ha proposto
che la richiesta di percepimento del reddito di cittadinanza equivalga a una
«dichiarazione di immediata disponibilità al lavoro». Al momento questa
disponibilità deve scattare a un mese dal riconoscimento del beneficio.
Viene poi chiesto di ridurre il numero di proposte di lavoro che
si possono rifiutare prima di vedersi togliere il sussidio. Per ora chi non
accetta almeno una di tre offerte congrue di lavoro – oppure, in caso di
rinnovo del beneficio, non accetta la prima offerta di lavoro congrua – perde
l’accesso al reddito di cittadinanza. Il concetto di “offerta di lavoro
congrua” cambia a seconda di diversi parametri. Nei primi 12 mesi di fruizione
del beneficio, un’offerta di lavoro è congrua, per la prima offerta, se è entro
100 chilometri di distanza dalla residenza del beneficiario o raggiungibile in
massimo 100 minuti con i mezzi di trasporto pubblici; oppure entro 250
chilometri, se si tratta di seconda offerta. Se è la terza, l’offerta è congrua
se arriva da qualsiasi parte del territorio nazionale.
In questo ambito il disegno di legge di Bilancio ha proposto di
ridurre il numero di proposte rifiutabili a due. Dal 2022 la prima offerta
congrua dovrà essere entro 80 chilometri, ma già la seconda dovrà essere
accettata se arriverà da qualsiasi parte d’Italia (se si tratta di un lavoro a
tempo determinato, valgono per prima e seconda offerta le condizioni degli 80
chilometri).
Per incentivare la ricerca di occupazione – almeno così sembra
dalle intenzioni del governo – è stata anche ideata una riduzione mensile di 5
euro del sussidio per chi riceve il reddito da almeno sei mesi e non ha trovato
lavoro. Sono esclusi dal taglio i nuclei con minori di età inferiore ai 3 anni
o con disabilità gravi, e in ogni caso il valore del beneficio non può scendere
sotto i 300 euro (nei casi di nuclei famigliari con una sola persona).
Se un percettore del reddito viene assunto grazie
all’intermediazione di un’agenzia del lavoro, a quest’ultima sarà riconosciuto
un 20 per cento dell’incentivo spettante ai datori di lavoro. L’esonero del
versamento dei contributi previdenziali e assistenziali, per una durata massima
di 18 mesi, sono poi estesi anche a chi assume a tempo determinato o con
contratti di apprendistato.
Il governo ha inoltre proposto di restringere i potenziali
beneficiari del reddito di cittadinanza, escludendo i condannati in via
definitiva per una lunga serie di reati, tra cui prostituzione minorile e
riciclaggio. Infine – per ora solo sulla carta – il testo dispone
l’introduzione di maggiori accertamenti preventivi, per esempio sullo stato
patrimoniale dei richiedenti il sussidio, con un maggiore incrocio tra le
banche dati dell’Inps e controlli a campione da parte dei comuni.
Ricapitolando: il problema più significativo è che tutte queste
novità non intervengono sui limiti
principali del reddito di cittadinanza nel contrasto alla povertà e
non solo. Per questo non sono mancate le critiche da parte degli esperti sul
tema.
Quali sono le critiche al governo
Come abbiamo già anticipato, due membri del comitato di
valutazione del reddito di cittadinanza – Saraceno e Gori – hanno espresso una
serie di osservazioni sugli errori commessi dal governo con le proposte nel
disegno di legge di Bilancio.
A Il Fatto Quotidiano Gori ha dichiarato che le
modifiche avanzate «non affrontano nessuno dei principali problemi del reddito
di cittadinanza e sono ispirate a una logica punitiva dei poveri». «La
narrazione dei “divanisti” ignora i dati e chi sono i poveri beneficiari del
reddito di cittadinanza: persone in condizione di fragilità con ridottissimi
livelli di studio», ha aggiunto Gori. «E ci si dimentica che prima di tutto
serve una domanda di lavoro».
In tutto questo bisogna ricordare che, come spiegato dall’economista
dell’OCSE Daniele Pacifico nell’ultimo rapporto Caritas sul reddito di
cittadinanza, il sussidio italiano è già tra quelli con i requisiti di ingresso
più stringenti rispetto alle altre misure di reddito minimo nei Paesi più
sviluppati.
Secondo Gori, «i difetti principali del reddito di cittadinanza
sono noti», e sono quelli di cui abbiamo
scritto più nel dettaglio in passato. In breve: il reddito di
cittadinanza – così come è concepito oggi – è discriminatorio nei confronti
degli stranieri, penalizza le famiglie più numerose ed esclude una grossa parte
delle persone che vivono in povertà assoluta. I collegamenti e le
condizionalità con le politiche attive spesso rimangono sulla carta e non si
concretizzano nella realtà, a causa anche dei forti ritardi accumulati su
questo fronte su scala nazionale.
«Il reddito di cittadinanza va migliorato per renderlo più
adeguato al duplice scopo di rimediare alla povertà grave, che non consente di
soddisfare i bisogni essenziali, e di favorire l’inclusione sociale, vuoi
tramite l’accesso al mercato del lavoro, vuoi (per la maggioranza dei beneficiari)
tramite la partecipazione ad attività socialmente utili e il contrasto alla
povertà educativa dei minorenni», ha
invece scritto su Repubblica il 30 ottobre la sociologa
Saraceno, che presiede il comitato di valutazione del Ministero del Lavoro.
«Per migliorarlo occorre partire dai dati, non da narrazioni più o meno
fantasiose».
Secondo Saraceno, «fa parte di queste ultime l’idea che i
beneficiari (adulti e in grado di lavorare) rifiutano offerte di lavoro, che
sarebbero abbondanti, perché l'ammontare del reddito di cittadinanza che
ricevono è talmente generoso da consentire loro di stare in panciolle».
Come abbiamo
sottolineato in un’altra analisi, il valore medio del reddito di
cittadinanza per i nuclei composti da una sola persona – senza minori a carico
– è di circa 550 euro: una cifra difficilmente competitiva con quella di un
salario piuttosto decoroso.
È vero però che, per come è disegnato, in diverse circostanze il
reddito di cittadinanza non offre i giusti incentivi ai percettori per cercare
lavoro, come hanno
sottolineato a settembre su lavoce.info Stefano
Scarpetta, direttore per il lavoro l’occupazione e gli affari sociali
dell’OCSE, e Pacifico. Una soluzione, proposta da tempo da diversi economisti,
è quella di introdurre il cosiddetto “in-work benefit”, ossia quella di
permettere al beneficiario che trova lavoro di mantenere una parte del
sussidio, misura in vigore in diversi Paesi europei.
«Occorre anche modificare quelle norme che, peccando di
irrealistica astrazione, identificano criteri di “lavoro congruo” lontani
dall’esperienza della maggioranza dei beneficiari del reddito di cittadinanza,
stante che questi spesso non hanno una esperienza pregressa di occupazione cui
fare riferimento in termini di qualifiche, orario, remunerazione, durata
contrattuale», ha poi aggiunto Saraceno su Repubblica.
«Un’occupazione pagata secondo i minimi contrattuali, anche se a breve termine
(un mese) e/o a tempo parziale può costituire un importante passo nel processo
di avvicinamento al mercato del lavoro per persone che ne sono lontane. E il
reddito che ne deriva dovrebbe poter essere combinato, almeno fino ad una certa
soglia, con il reddito di cittadinanza, evitando scoraggianti aliquote
marginali altissime che rendono poco utile lavorare (posto che un lavoro si
trovi)».
Anche l’Alleanza contro la povertà – nata nel 2013, con
all’interno realtà come i sindacati e ong – si è detta critica del
contenuto del disegno di legge di Bilancio per il 2022. «Il reddito di
cittadinanza, affinché sia davvero efficace, ha bisogno di una revisione
complessiva, non solo di un “piccolo tagliando”, che ci sembra invece la
direzione presa nella bozza della prossima legge di bilancio, che focalizza la
sua attenzione sul percorso di inclusione lavorativa, trascurando aspetti
altrettanto importanti per una misura che innanzitutto deve essere tarata in
modo da sostenere adeguatamente le famiglie in forti difficoltà
economiche», ha
scritto l’Alleanza contro la povertà in un comunicato. Da oltre un
anno l’organizzazione ha
presentato otto proposte per riformare il reddito di cittadinanza,
per intercettare meglio la popolazione in povertà assoluta.
In conclusione: per il momento una modifica sostanziale degli
aspetti più critici del reddito di cittadinanza sembra piuttosto lontana. La
legge di Bilancio era una prima opportunità di intervento, ma è andata in una
direzione contraria rispetto a buona parte di quanto sostenuto dagli esperti di
povertà nel nostro Paese. Entro novembre il comitato del Ministero del Lavoro
dovrebbe pubblicare i risultati della sua valutazione sulla misura. Ma, viste
le premesse, sembra molto improbabile che nel breve periodo si interverrà per
migliorare il reddito di cittadinanza.
Carlo Canepa – Valigia blu – 5.11.21