L’autonomia regionale in sanità è tale che ogni regione può adottare propri modelli organizzativi. Ciò è reso possibile dalla modifica del titolo V della Costituzione del 2001. Dunque l’autonomia differenziata in sanità già esiste ed ha determinato più problemi che vantaggi. La regione Marche, come riportato nell’esempio, ripreso da un articolo pubblicato su “Valigia Blu”ha previsto la creazione di strutture che rischiano di ghettizzare la diversità. Che ne pensa il Ministero della Salute? Esiste la possibilità che lo Stato intervenga a fianco delle Regioni per individuare modelli organizzativi, omogenei e condivisi, in risposta ai bisogni di salute della popolazione? Domande che, ritengo, purtroppo, sono destinate a rimanere senza risposta. (RL)
Regione
Marche e diversità (tratto da “Valigia Blu” del 22.10.21)
La
vicenda che sto per raccontare arriva dalle Marche. Io l’ho appresa dalle Witty Wheels,
Maria Chiara e Elena Paolini, formatrici e blogger marchigiane sulla giustizia
sociale applicata alla disabilità. La giunta guidata da Fratelli d'Italia, Lega
e Forza Italia che amministra la Regione ha autorizzato la costruzione di un
nuovo istituto per persone con disabilità (Decreto 48 del 23
settembre 2021).
Cosa c'è di male, direte voi? C'è di male che questa residenza tende ad
accorpare tutto in un'unica disabilità, quindi persone con disabilità, anziani
non autosufficienti, soggetti con disturbi psichiatrici minori, persone con
demenza, senza alcuna differenza. Ci sarà una concentrazione dei servizi.
Possiamo chiamarla ghettizzazione? Sì, possiamo e ci guadagneranno gestori già
economicamente forti. Non ci sarà diffusione territoriale né capillarità.
Nonostante le molteplici denunce del Gruppo
Solidarietà – associazione marchigiana di volontariato attivo contro situazioni
di difficoltà ed emarginazione, legate a condizioni di non autosufficienza –,
che per primo ha sollevato la questione, e di
altre organizzazioni attive
sul territorio, e nonostante la pandemia, il percorso, già avviato con la
precedente giunta regionale Ceriscioli di centro sinistra, è andato avanti con
la nuova giunta Acquaroli di centro destra e si è, così, disposta l’apertura di
un complesso sanitario che avrà sede a Rapagnano, in provincia di Fermo. Sarà
composta da tre palazzine per un totale di 175 posti, di cui 70 di cure
intermedie (30+40), 6 di riabilitazione intensiva, 39 di RSA (Residenze
Sanitarie Assistenziali) disabili (all’interno dell’atto erroneamente si fa
riferimento alla categoria “non autosufficienza” che farebbe pensare ad
anziani), 20 di diurno per persone con demenza. Per la salute mentale: 21 di
riabilitazione intensiva e 19 di comunità protetta. Destinatari, come detto:
anziani non autosufficienti e con demenza, persone con disabilità, persone con
disturbi mentali.
Si
tratta di una proposta che non solo tende a raggruppare senza distinzioni
situazioni differenti, ma che porterà a chiudere l’esperienza regionale dei
servizi di piccole dimensioni inseriti nei normali contesti abitativi, avviata
fin degli anni '90, a favore di grandi strutture che premiano soggetti gestori,
soprattutto for profit, economicamente forti, a scapito di dimensioni
organizzative e gestionali di tipo comunitario. Nella proposta regionale,
inoltre, non sono previste figure educative in alcuni servizi per la disabilità
intellettiva; ci sono modalità di accesso diverse per servizi analoghi; non è
definita né la composizione, né le modalità di funzionamento delle équipe per
la valutazione e l’accesso nei servizi per persone con demenza; è prevista la
possibilità di ricovero di minori in servizi rivolti ad adulti e anziani; sono
assenti indicazioni rispetto all’obbligatorietà di prestazioni essenziali nei
servizi diurni: ad esempio mensa,
trasporto, periodi di apertura garantita.
Non
c'è un interesse a obiettivi di inclusività, qualità della vita e progettualità
personalizzata e, infatti, i fondi per l'assistenza personale vengono
continuamente tagliati. Ancora più grave perché non solo non si risponde a un
progetto di vita autonoma, che è la via certamente più desiderata, ma si
rischia di fare un passo indietro e ritornare a una ”istituzionalizzazione” delle persone
con disabilità, togliendole cioè dalla loro realtà quotidiana e costringendole
a un contesto che potrebbe ledere il loro benessere psicofisico. Ciò non deve
accadere a maggior ragione dopo questi due anni di pandemia in cui le RSA hanno
mostrato tutti i loro limiti. Anziani e persone con disabilità sono rimasti
isolati per mesi, invisibili agli occhi di tutti, senza la possibilità di alcun
contatto umano. Simili progetti vengono messi in atto da chi concepisce le
politiche sociali come un’attività commerciale. In questa proposta ad essere al
centro dell’attenzione è il possibile rendimento economico delle strutture e
non il benessere delle persone perché questa politica dà molto più peso a
questo che all'inclusione vera e propria delle persone con
disabilità. Non dovremmo permetterlo. È difficile essere persone con
disabilità, è ancora più difficile in un mondo completamente disinteressato e
disattento.
di Deborah
Righettoni