Tommaso Campanella (1568 – 1639), filosofo, teologo e frate domenicano, nato in Calabria si trasferì a Napoli in giovane età. Fu processato dalla Santa Inquisizione per eresia; venne, all’età di 30 anni, torturato e messo agli arresti domiciliari, con l’accusa di aver cospirato contro i governanti spagnoli. Poi venne accusato di pratiche demoniache. Subì cinque processi e fu condannato a 27 anni di prigione che trascorse a Napoli. Le accuse: aver scritto opuscoli contro le tre religioni monoteiste, essere eretico ed oppositore della Chiesa, aver scritto un sonetto contro Cristo. La sua strategia difensiva, per evitare la pena di morte fu quella di fingersi pazzo. Sottoposto a varie torture fu salvato dalla sua tempra fisica. Reagiva alle torture cantando e farneticando. Alla fine fu creduto pazzo e la pena tramutata in anni di galera. Fu scarcerato nel 1626 e visse a Roma; ma una nuova cospirazione contro di lui lo costrinse alla fuga a Parigi, dove, protetto dal Cardinale Richelieu, passò il resto dei suoi ultimi anni di vita, in convento. Una vita non certo tranquilla; una persona estremamente controversa ma dalle grandi passioni.
Negli anni passati in galera scrisse le
sue opere migliori tra cui “La città del sole”. Campanella descrive una città
utopica, basata su libertà e giustizia, in un contesto di regole ferree da rispettare:
i cittadini hanno una mensa comune, vestono tutti gli stessi indumenti, permane
un sostanziale rifiuto della proprietà privata. La Città del Sole era in
antitesi con la politica e la religione del suo tempo, dominate dalla
corruzione, degrado e gestione repressiva.
Quella di Campanella è una
testimonianza della passione e delle
speranze di cambiamento, nell’Europa del XVII secolo, di fronte al declino
irreversibile della società feudale. Veniamo all’oggi.
I nuovi sindaci eletti, nelle città
d’Italia, qualche mese fa, dovrebbero prendere spunto dalla passione e dalle
speranze che Campanella riversò nella sua “Città del Sole”. Nel contempo
pensare e fare cose credibili, possibili, utili per tutti.
Roma, Napoli, Milano, Bologna, Torino.
Grandi attese da parte dei cittadini che hanno votato, in maggioranza, sindaci progressisti. Attese da non deludere,
pena lo svilimento di tutto il quadro politico, anche nazionale. Un governo
“con tutti dentro”, guidato da un leader che s’ispira ad una forte volontà di
cambiamento. Un governo a favore dei poteri forti, a scapito della classe media
e dei poveri, anche se spesso afferma il contrario: cresce il PIL in maniera
inattesa, ma cresce anche l’inflazione che penalizza pensionati e lavoratori
dipendenti. Regioni governate, 15 su 20, dallo schieramento conservatore. Le
grandi città, in netta maggioranza, governate da sindaci espressione di
schieramenti progressisti. Un bel
casino.
Di fronte a tutto ciò sono musicisti pluripremiati (i Maneskin), a ricordarci che l’Italia ha vinto tanto, sul
piano dello sport, dello spettacolo, ma
resta fanalino di coda in tema di diritti civili. Affossata la legge contro
l’omofobia, dimenticati ius soli ed ius culturae, solo per citare alcuni esempi. E che dire
dell’Europa. Il vecchio continente si blinda. Col filo spinato ai confini della
Polonia ad est. Il mar mediterraneo è ormai divenuto un cimitero di migranti. I
governanti dei 27 paesi dell’UE si ostinano a lasciare al caso o all’orrore la
politica migratoria e umanitaria. Un vecchio continente che invecchia ancor
più, sempre più miope, attendista, se non vessatorio nei confronti di donne, uomini
e bambini che chiedono di essere accolti dopo esser fuggiti da condizioni di
vita inaccettabili. Altro che Città del sole. Un’Italia che non si occupa dei
diritti civili, un’UE incapace di trovare soluzioni alla domanda dei migranti
che, se accolta in maniera efficiente ed appropriata, contribuirebbe a
risolvere un annoso problema europeo: la
mancanza di energie giovani, la carenza di forza lavoro in alcuni settori
trainanti dell’economia.
Lucia
Rosa Mari