Erano le ore diciannove di uno stanco e piovoso venerdì d’autunno. Finalmente uscita dall’ufficio, mi addentrai per le piccole strade del centro storico di Pisa, cercando la via di casa.
Destreggiandomi per non scivolare sul basolato dell’undicesimo secolo - così sdrucciolevole d’inverno, arrivai in via San Martino, strada parallela ai lungarni nota per la presenza di alcuni ristoranti e per una certa timida movida giovanile. A quell’ora, già si sentiva l’odore di cibo che addolciva l’uggiosità di quella sera e le chiacchiere di pochi adolescenti fermi a bere una birra.
Confesso: via San Martino non è mai stata una delle vie più famose o più belle di Pisa, città che da sempre offre scorci profondi e contemplativi che trasudano di storia e di vittorie. Ma da quando ho memoria,mi piace percorrere via San Martino per vedere – spesso solo con un’occhiata fugace, la statua di Kinzica De’Sismondi.
Anche quella sera, dunque, arrivai al civico 21 e alzai lo sguardo: a strizzarmi l’occhio c’era sempre quel bassorilievo raffigurante una musa (o, più probabilmente una matrona, chi può dirlo?) dedicato a Kinzica, giovane figlia di una nobile famiglia Toscana.
Circa negli anni 1000, quando la Prima Repubblica Pisana divenne una delle principali forze marinare italiane e splendeva di luce propria, l’esercito pisano andò in missione per la liberazione della Calabria, all’epoca presidio dei Saraceni. La risposta del nemico non si fece attendere: proprio nel corso di una notte semi autunnale, i pirati sbarcarono in un quartiere a sud di Pisa e dettero inizio quella che sarebbe diventata la famosa aggressione saracena.
La leggenda narra che Kinzica De’ Sismondi, signorina di buona famiglia, quella notte proprio non riusciva a dormire perché avvertiva una certa oppressione nell’aria che si abbatteva pesante sulla sua pelle diafana. Uscì dunque dal palazzo di nascosto dalla famiglia e iniziò a passeggiare per la città deserta, cercando il motivo di tanta tensione: proprio in quel momento vide gli invasori che stavano distruggendo la città, alla ricerca del rinomato tesoro posseduto dai Pisani.
Kinzicainiziò a correre scalza fino a raggiungere i consoli della città, che suonarono le campane della torre del Palazzo degli Anziani per avvisare tutti i pisani appena prima che i pirati mettessero a ferro e a fuoco la città.
Non solo, si racconta che fu proprio la stessa Kinzica a guidare la rivolta contro i Saraceni incitando i pochi soldati presenti e alcuni civili a resistere e a sconfiggere gli invasori.
Si riconduce a quella notte anche la nascita della Cecina, nota pietanza pisana: i cittadini, non avendo armi, al grido di Kinzica iniziarono a gettare istintivamente tutto ciò che avessero di contundente per respingere gli invasori: ferri, vasi, ma anche provviste alimentari fra cui bottiglie d'olio e sacchi di ceci.
Una volta vinta la battaglia, i pisani si ritirarono stremati e affamati. Stesi per terra, provarono ad assaggiare quel misto di olio e ceci essiccati e lo trovarono delizioso, tanto da soprannominarlo Oro pisano. Insomma, una leggenda nella leggenda, che ci ricorda che non tutti i mali vengono per nuocere.
Nessuno sa se effettivamente Kinzica De’ Sismondi esistette e se davvero fu lei la prima ad accorgersi dell’attacco saraceno. A dirla tutta, forse è anche un po’ azzardato paragonarla a Giovanna D’Arco, la Pucelle d'Orléans che salvò la Francia durante la Guerra dei Cent’Anni.
Certo è che la forza d’animo e acutezza che hanno contraddistinto la giovane pisana e l’hanno resa simbolo della città devono essere raccontate, così da rimanere ispirazione per le donne di domani.
Fiorenza Orsitto