Ritorniamo sul tema della medicina territoriale e su quali possano essere le soluzioni per migliorare il funzionamento della medicina generale, dei medici di famiglia. Ci troviamo di fronte ad un bivio: con i soldi del PNRR o si trasforma la medicina del territorio, in tutt’Italia, individuando un nuovo modello organizzativo ed una nuova collocazione contrattuale ed operativa dei Medici di Medicina Generale (MMG); o si sprecherà l’ennesima occasione, si butteranno alle ortiche le risorse e si lascerà centrale l’ospedale, con conseguente affollamento dei pronto soccorso ospedalieri. Sul tema è in atto un ampio dibattito.
Riportiamo di seguito alcuni scritti tratti da interventi comparsi di recente su” Quotidiano Sanità”: il primo del sindacato CGIL, sindacato scarsamente presente tra i MMG; il secondo, di Antonio Preiti, firmatario del contratto di lavoro dei MMG nel 2005; il terzo del sindacato più rappresentativo tra i MMG, la FIMMG; il quarto di Grazia Labate Ricercatrice in economia sanitaria già sottosegretaria alla sanità (NdR)
Andrea Filippi segretario Nazionale CGIL Funzione Pubblica afferma:
E’ necessario un cambiamento radicale dell’organizzazione del lavoro del Servizio socio sanitario nazionale e servono soprattutto finanziamenti per il personale che, al contrario, non si intravedono né nel Pnrr né nella Nadef, la quale invece registra un forte taglio del fondo sanitario, pari a 6 miliardi nei prossimi due anni. “Non abbiamo ricette facili - prosegue Filippi -, le soluzioni vanno trovate nel dialogo coi cittadini, ai quali le istituzioni dovrebbero dare ascolto. La prospettiva organizzativa che dobbiamo intercettare è che nella riorganizzazione del lavoro tutti i professionisti abbiano un solo datore di lavoro e possibilmente lo stesso tipo di rapporto contrattuale. Altrimenti il sistema è ingovernabile. Un rapporto contrattuale che deve garantire tutele e diritti, come nel contratto della dirigenza sanitaria, superando quello libero professionale. Ai circa 48 mila medici di medicina generale, ai quali ne andrebbero aggiunti almeno altri 20 mila, serve una diversa organizzazione che li integri nel sistema”.
Nicola Preiti Già firmatario di ACN 2005 e successivi:
Le Regioni propongono quattro soluzioni, ma a mio avviso la soluzione è solo la prima: il passaggio alla dipendenza di tutti i medici convenzionati, che diventano dirigenti in organico nel distretto.
Solo questo consente e garantisce l’evoluzione nel richiesto “quadro normativo nazionale uniforme e semplificato con regole chiare ed inderogabili”.
Le altre soluzioni porterebbero, a mio parere, a soluzioni disomogenee, confuse e contraddittorie, alcune già fallite, come i modelli di accreditamento con società di servizi lombardi (vedi pandemia). Si darebbe inoltre adito a soluzioni gattopardesche già sperimentate dove cambia l’etichetta ma non l’assistenza. Bisogna imboccare con decisione la via maestra della dipendenza che consente la piena integrazione, il coordinamento con le altre figure professionali, compreso l’infermiere di comunità, e la efficace realizzazione di quanto previsto nel PNRR (Case di Comunità, Ospedali di Comunità, Centrali Operative Territoriali, Telemedicina, Reti, gestione della Cronicità, Domiciliarità, l’integrazione sociale).
Definire dunque la questione normativa al più presto, magari con un contratto ad hoc, per rispettare i tempi fissati dalle Regioni per l’avvio del nuovo rapporto di lavoro: primo gennaio 2022.
Non ci sono problemi insormontabili. I costi non sono distanti dagli attuali, il rapporto di fiducia si mantiene e raddoppia, diventa del cittadino e del territorio, con gli ambiti di scelta che dovranno coincidere con le articolazioni distrettuali.
L’assistenza sarebbe più omogenea nel territorio. La presa in carico del cittadino sarebbe concreta (è funzione del sistema, non del singolo professionista). I medici si libererebbero dalla burocrazia e tornerebbero a fare i medici, con maggiori gratificazioni e possibilità di fare carriera nel distretto.
Si potrebbe finalmente abolire la vergogna della figura del medico di Guardia Medica-Continuità assistenziale: una parte della categoria con lo stesso titolo della Medicina Generale ma relegata in un ghetto della sanità ( e infatti non si trovano più medici disposti a fare questo lavoro).
E già così sarebbe facile strutturare l’assistenza h 24 nelle Case di Comunità: si pensi che utilizzando pienamente tutti i medici di Guardia medica/CA, secondo il titolo già in loro possesso di MMG, disporremmo complessivamente di circa 56.000 MMG (13.000+43.000). Cioè avremmo 1 medico ogni 950 cittadini.
Solo se si parte da qui, dalla dipendenza per tutti i medici convenzionati, le risorse del PNRR saranno utilizzate al meglio e la sanità territoriale cambierà volto.
Ecco cosa ne pensa il sindacato più rappresentativo tra i MMG, la FIMMG:
“Integrare nella Casa di Comunità il primo punto di accesso, la struttura burocratica amministrativa, la tecnostruttura, le specialità, non può certo migliorare l’accesso al servizio, quanto renderlo sempre più distante dai bisogni quotidiani e “generalistici” dei cittadini”. È questa una delle critiche principali con cui la Fimmg boccia il documento elaborato dalle Regioni rispetto alla riforma della medicina convenzionata. Ma non solo critiche il principale sindacato dei medici di famiglia ha inviato a Governo e Regioni un documento con una serie di proposte per evolvere la medicina convenzionata ma senza minarne i suoi capisaldi: libera professione, autonomia organizzativa e scelta fiduciaria da parte del cittadino. È chiaro quindi il no ad ogni ipotesi che verta sulla dipendenza o su una sorta di accreditamento. Sulle Case di Comunità non c’è un no a prescindere ma si chiarisce che esse “possono rappresentare indubbiamente un’ulteriore opportunità solo se realizzeranno un’offerta assistenziale integrativa e non sostitutiva nel sistema attuale delle cure territoriali, opportunità che solo in questo modo sarà di potenziamento come sembra dichiarare politicamente l’investimento del PNRR”.
Respinta al mittente anche la critica che definisce il sovraffollamento dei pronto soccorso a causa delle carenze del territorio. “I numeri ci dicono che le prestazioni di primo livello erogate sul territorio sono talmente superiori da poter affermare che gli accessi impropri al PS non possono essere attribuibili ad una carente risposta da parte del territorio. Il problema del Pronto soccorso è strettamente legato alla difficoltà di assorbire tutte le persone che si rivolgono ad esso in modo appropriato e che non trovano posto successivamente al primo soccorso nelle sedi adeguate Va poi considerato che la difficile situazione economica del Paese orienta spesso molti cittadini a rivolgersi al PS per ottenere prestazioni gratuite che in altre sedi rappresenterebbero costi che il paziente non può sostenere. Appare evidente che tale riforma necessiti di strumenti di relazione tra i professionisti collegati a obiettivi di salute tali da rendere la fornitura dei servizi omogenea e garantita a tutti i cittadini, a prescindere dalle caratteristiche geografiche o di logistica, sia attraverso la rete diffusa (spoke della medicina di famiglia) sia con l’integrazione nelle Case di Comunità”.
La Fimmg difende a spada tratta anche la libera professione: “L’attuale status giuridico del medico di medicina generale (libero professionista convenzionato) è il solo che prevede e consente la libera scelta del cittadino e di conseguenza l’instaurarsi di un rapporto di fiducia. Non è in contrapposizione con l’impostazione data dal PNRR, anzi rappresenta un tassello fondamentale nel garantire un equo accesso al sistema sanitario pubblico ed un volano importante nel concorrere agli obiettivi del Piano nazionale di Ripresa e Resilienza. Giudicare il rapporto di lavoro libero professionale convenzionato come un orpello è una visione miope, che testimonia la scarsa capacità di cogliere l’opportunità che il periodo post pandemico può dare nel consentire di rendere omogeneo su tutto il territorio nazionale l’accesso al servizio pubblico, con una logica di appropriatezza e professionalismo”.
E in questo senso “lo strumento per determinare la riorganizzazione della medicina generale è certamente un nuovo Accordo Collettivo Nazionale che dovrà prevedere adeguati strumenti per il raggiungimento degli obiettivi fin qui descritti, che preveda:
1. Definizione di uno standard clinico assistenziale e organizzativo della medicina generale per attività clinico-assistenziali uniformemente garantite sul territorio nazionale.
L’offerta assistenziale, sulla base dei criteri definiti dal contratto nazionale viene garantita dal MICROTEAM - unità elementare MMG, personale sanitario e amministrativo - il cui standard organizzativo minimo deve essere individuato in base ai compiti assistenziali e definiti nell’atto di indirizzo e in un nuovo ACN.
2. Obiettivi di salute prioritari. La Medicina Generale resta il primo e principale attore della presa in carico del singolo cittadino, della famiglia e della comunità a lui affidata nel campo della:
⮚ Prevenzione, dagli stili di vita alla vaccinazione alla promozione agli screening.
⮚ Gestione della Cronicità attraverso lo strumento della medicina di iniziativa, affermando il ruolo di fulcro della medicina generale attorno a cui si sviluppa il Piano Nazionale della Cronicità.
⮚ Gestione delle acuzie non complicate, attraverso un modello di risposta assistenziale h24 sette giorni su 7, anche attraverso l’integrazione con altri servizi.
⮚ Domiciliarità e Residenzialità come luogo di cura e assistenza privilegiato per la non autosufficienza, disabilità e fine vita in linea con gli obiettivi del PNRR.
⮚ Sorveglianza epidemiologica: grazie alle funzioni di diagnostica di primo livello ad oggi è possibile configurare anche alla luce del prossimo piano pandemico nazionale, una rete di sorveglianza per le principali malattie infettive conosciute e per quelle la cui presenza si sta evidenziando nel nostro Paese.
3. Diagnostica di I livello: nell’ambito del modello organizzativo standard della medicina generale è necessario che il MicroTeam si doti di adeguati strumenti di diagnostica di I livello per il raggiungimento degli obiettivi assistenziali integrati in cooperazione applicativa con i sistemi informatici regionali eo nazionali.
4. Ristrutturazione del compenso. L’evoluzione organizzativa della medicina generale attraverso la definizione di uno standard organizzativo e strutturale determina una revisione dei meccanismi di compenso che si riferiscano in maniera più incisiva alla performance dimostrata. Pertanto, il compenso sarà ristrutturato sulla base di:
⮚ Quota capitaria (che dovrà prevedere l’impegno sullo standard organizzativo);
⮚ Quota variabile erogata a fronte del raggiungimento di obiettivi di processo quali, a titolo di esempio:
5. Implementazione di un sistema informatico/informativoche presupponga una nuova impostazione del lavoro di tutti i professionisti in cui il linguaggio comune di base deve essere componente essenziale dell’attività professionale, presupposto del lavoro in rete, pur nella specificità delle competenze e nella capacità di affrontare e risolvere problemi complessi non soltanto attraverso le conoscenze di base e gli skill formativi. L’attuale condivisione della cartella clinica delle medicine di rete e gruppo deve essere estesa a tutta la AFT, compresi i medici della quota oraria, e il patient summary messo a disposizione di FSE e livello specialistico, ospedaliero e di emergenza urgenza. Occorre mettere in atto un poderoso servizio di Telemedicina nelle sue forme espressive di televisita, teleconsulto e telemonitoraggio, anche con il supporto alla gestione della terapia.
6. Rendicontazione degli enormi volumi di attività svolta e relativa raccolta e analisi dati, al fine di poter misurare il LEA Medicina Generale come già avviene per gli altri livelli di assistenza ospedaliera e territoriale.
Riportiamo infine un’utile riflessione sul tema di Grazia Labate già sottosegretaria alla Sanità, attualmente ricercatrice in economia sanitaria
La medicina generale è spesso salutata come il fiore all'occhiello del SSN. Tuttavia, oltre un decennio di sottofinanziamenti, di crescente complessità dei pazienti, di problemi con la formazione ed il reclutamento dei medici e con l’aumento della burocrazia, hanno portato a una perdita di splendore del settore.
Nel tentativo di trasferire l'assistenza nella comunità, continuiamo ad avere i medici di base più stressati del mondo occidentale. Questo ha senza dubbio un impatto sui medici in formazione e sugli studenti di medicina che contemplano una carriera nella medicina generale. La spesa per la medicina generale continua a essere superata da quella per i soli presidi ospedalieri.
Mai prima d'ora la necessità di una versione ottimizzata della medicina generale si è sentita più critica per la sostenibilità in tutta Europa e persino nella culla dei GP, General Practitioner, nel NHS, il servizio sanitario inglese.
Nell'aprile 2019 Il General Practice Forward View (GPFV) è stato lanciato dal NHS England e da Health Education England, per affrontare le difficoltà della medicina generale. È un piano complesso per una serie complessa di problemi che hanno assediato le cure primarie per troppo tempo. NHS England sostiene questo piano con un aumento del 14% in termini reali dei finanziamenti per supportare i servizi di medicina generale in 5 anni. E’ quasi il doppio dell'investimento in altre parti del SSN, un notevole cambiamento rispetto a un sistema che ha storicamente privilegiato il settore acuto. In un momento prima di austerità e poi di pandemia, questo notevole cambiamento cerca sia di stabilizzare che di ridisegnare la pratica generale e di interrompere il ciclo annuale di salvataggio delle spese ospedaliere in eccesso.
Invertire la tendenza in modo che si avvertano cambiamenti palpabili richiederà tempo. Ma si stanno facendo progressi costanti. NHS England e Health Education England stanno lavorando per raddoppiare il tasso di crescita della forza lavoro di assistenza primaria. Gli sforzi nei primi 10 mesi hanno incluso: aumento dei posti di formazione del medico di base, miglioramenti sia ai programmi base di formazione che di aggiornamento e di mantenimento, forme di reclutamento anche internazionale, borse di studio post-CCT, supplementi salariali in aree difficili, di territorio e popolazione, numero crescente di farmacisti clinici, formazione per nuovi ruoli come assistenti medici di medicina generale, e associati medici.
In definitiva gli inglesi si sono detti: “se vogliamo cambiare la percezione della medicina generale per tutti i cittadini e coloro che guardano dall'esterno, la riorganizzazione deve costruire una giornata lavorativa più gestibile per i medici di base”.
In generale, il GPFV ha quattro obiettivi chiave: migliorare l'esperienza del paziente, migliorare i risultati di salute, impiegare le risorse in modo più saggio e creare ruoli più soddisfacenti per coloro che lavorano nelle cure primarie. Il ruolo che gioca il morale della forza lavoro in questo non può essere sottovalutato, e non affrontarlo mette a repentaglio l'intero piano. E’ essenziale ottimizzare l'offerta a ciascuno di questi gruppi, oltre a garantire la flessibilità per organizzare questi ruoli in fasi diverse dell’attività da svolgere.
Siamo senza dubbio all'inizio di un viaggio lungo e impegnativo. Ma la destinazione a cui mirano i medici di medicina generale britannici è quella di riscoprire che la nuova riorganizzazione possa far ritrovare l'essenza del motivo per cui sono entrati nella professione e riaffermare il loro status di fiore all'occhiello del SSN.
Solo il work in progress dirà se riusciranno a creare un punto di qualità per le cure primarie. Ma anche con la migliore strategia in mano, il loro successo dipenderà dal lavorare insieme come professione, per costruire un futuro sostenibile per la generazione che arriva attraverso i nuovi laureati e soprattutto per i pazienti, sempre più esigenti.
E per noi qual è il problema? E’ che ci attende una grande sfida con gli obiettivi indicati dal Pnrr, che occorre considerare come una importante opportunità per costruire nuovi modelli organizzativi della nostra sanità territoriale, sempre più integrati con quelli ospedalieri e aperti a recepire elementi di innovazione, in grado di consentirci di fare un passo in avanti anche sul fronte delle modalità organizzative, compresa la digitalizzazione dei servizi, per fornire ai nostri cittadini una qualità più elevata di servizi di comunità.
In questo contesto non basta un documento delle Regioni occorre definire una convinta intesa, con le organizzazioni sindacali della medicina generale ed il Governo, facendo uno sforzo di confronto veritiero e paritario sui motivi che l’hanno messa in crisi e su gli obiettivi che si intende raggiungere. Se in Italia abbiamo raggiunto una percentuale di vaccinati così elevata nell’ambito delle categorie più fragili come gli over 80, lo dobbiamo alla scelta vincente della strettissima collaborazione tra il Generale Figliuolo, le Regioni e i medici di medicina generale, che hanno svolto, anche da un punto di vista umano, un preziosissimo lavoro proprio per la fiducia che i propri assistiti ripongono in loro. La sinergia che è venuta a crearsi, in uno dei momenti tra i più complessi che abbiamo vissuto a causa dell’emergenza sanitaria, consentirà, attraverso le risorse messe a disposizione dal Recovery Fund, una serie di attività, servizi e progetti innovativi anche nell’ambito della medicina di prossimità.
Non solo va definita l’organizzazione dei professionisti ma anche i setting più idonei a garantire le risposte migliori con una più efficace integrazione circolare tra ospedale e territorio. Cronicità e fragilità devono essere al centro del sistema delle cure, gestito con un approccio proattivo, multidisciplinare e multiprofessionale, basato sulla valutazione dei livelli di multipatologia, e quindi anche con l’aiuto dei modelli di stratificazione del rischio.
I rappresentanti sindacali della medicina generale devono esprimere contenuti e disponibilità a collaborare in modo costruttivo per una medicina territoriale assistenziale di qualità e funzionale ai nuovi bisogni e di conseguenza a nuovi modelli organizzativi, che occorre delineare per una buona programmazione nazionale.