Continuiamo la pubblicazione di testi
sulla “povertà” con due poesie, la prima di Pablo Neruda, scritta il 1952, in
Italia, durante l’esilio; la seconda “La Città vecchia” di Umberto Saba,
scritta nel 1912, fa parte della raccolta “Il Canzoniere” (NdR)
La Povertà (di Pablo Neruda)
Ahi,
non vuoi,
ti
spaventa,
la
povertà,
non
vuoi
andare
con scarpe rotte al mercato
e
tornare col vecchio vestito.
Amore,
non amiamo,
come
vogliono i ricchi,
la
miseria. Noi
la
estirperemo come dente maligno
che
finora ha morso il cuore dell’uomo.
Ma
non voglio
che
tu la tema.
Se
per colpa mia arriva alla tua casa,
se
la povertà scaccia
le
tue scarpe dorate,
che
non scacci il tuo sorriso che è il pane della mia
vita.
Se
non puoi pagare l’affitto
esci
al lavoro con passo orgoglioso,
e
pensa, amore, che ti sto guardando
e
uniti siamo la maggiore ricchezza
che
mai s’è riunita sulla terra.
(Segnalata da Virginia Varriale)
Città Vecchia (di Umberto Saba)
Spesso,
per ritornare alla mia casa
Prendo
un’oscura via di città vecchia.
Giallo
in qualche pozzanghera si
specchia
qualche
fanale, e affollata è la
strada.
Qui
tra la gente che viene e che va
dall’osteria
alla casa o al lupanare,
dove
son merci ed uomini il detrito
di
un gran porto di mare,
io
ritrovo, passando, l’infinito
nell’umiltà.
Qui
prostituta e marinaio, il vecchio
che
bestemmia, la femmina che
bega,
il
dragone che siede alla bottega
del
friggitore,
la
tumultuante giovane impazzita
d’amore,
son tutte
creature della vita
e
del dolore;
s’agita
in esse, come in me, il
Signore.
Qui
degli umili sento in
compagnia
il
mio pensiero farsi
più
puro dove più turpe è la via.
(Segnalata da Armida Parisi)