Riprendendo una celebre frase da “Via Del
Campo” di Fabrizio De Andrè inauguriamo una rubrica estiva dedicata alla
“povertà”.
La povertà indica una scarsità,
limitatezza di risorse, ma anche semplicità, capacità di accontentarsi di
piccole cose. La povertà non è la miseria, miseria che indica sovente una
condizione di desolazione e d’infelicità. Si può essere poveri ma belli, felici
e vincenti. La povertà quando viene subìta e non scelta apre a scenari
complessi, conflittuali, drammatici. Per sconfiggere la povertà è necessario mettere
in opera politiche di contrasto. Occorre partire dalle relazioni, dai legami
solidali tra le persone, dalla dignità.
Cominciamo col pubblicare due pezzi di Lucia
Mastrodomenico ripresi dalla rivista di politica e cultura delle donne, da lei
fondata e diretta. Lucia non si accontentava dell’esistente. Dobbiamo seguire
il suo esempio. (RL)
“Alle
donne che fanno politica nei partiti dico di precisare da dove si parla, chi
parla, rendere esplicita la situazione di cui si parla, qual è l’interesse.
Alle donne che fanno politica fuori dai partiti, di non spingere le proprie
idee su un terreno non proprio. È necessario distinguere – competere, creare
non assimilazione, ma resistenza. Il mio lavoro ha una direzione: parte dalla
sua materiale esistenza, per arrivare alla dignità della sua stessa esistenza. Una
dignità nei confronti di sé stesse e delle altre, un contegno adeguato nel
fare, la consapevolezza del suo valore.
La dignità
non si misura solo occupando il posto giusto nel mondo (lavoro, danaro, potere)
ma sapendo spendere la propria vita, le proprie risorse, per permeare, con la
nostra tradizione, la storia. E nella storia dobbiamo includere il senso
profondo della povertà, non quella che gli altri ci costringono a vivere, ma
quella che scegliamo, che si avvicina all’essenziale, alla semplicità, alla
capacità di vivere le piccole cose; quella povertà che è nella storia del sud.
Le donne del sud non sono mai estranee agli accadimenti, nella loro presenza
diffidano delle situazioni facili, con pesante ingombro sembrano non esserci,
ma spesso si tengono semplicemente fuori da situazioni apparentemente
vantaggiose. Il nostro destino segue altri traguardi, la logicità dei vantaggi
e degli scambi tra donne qui ha altri esiti. La persuasione della nostra
ragione, prima dell’agire, arresta qualsiasi movimento. La lotta diventa il
coraggio di progettare l’impensabile, in questa città, nelle nostre provincie.
Un’avventura di cervello e di cuore che mai si accontenta solo dell’esistente”.
Lucia
Mastrodomenico – tratto da “Madrigale” n. 6 gennaio 1991
Per
me che sono nata nelle zone interne della Campania, certe terre, come
l’Irpinia, suscitano ancora oggi distanza e malinconia., una malinconia che
evoca un desiderio di presenze, di luoghi. Mi mancano i vincoli familiari
domestici dell’ambiente paesano, la povertà materiale che costringeva ad utilizzare
anche la più piccola risorsa e a ridurre al minimo lo spreco. Tra le donne che
lì vivono è facile cogliere debolezze, conflitti ma anche le piccole acrobazie
mentali e materiali con cui si conciliano sconfitte e dignità. La fretta non le
coglie, la luce ed il buio scandiscono il tempo; la velocità di percezione
differisce e con essa la velocità di reazione ed il tempo in cui si realizza.
Una realtà ancorata alle sue tradizioni fatte di esperienze acquisite e
consolidate. La norma non viene mai sentita come esterna al soggetto, appare
connaturata ad esso, nei suoi confronti non si è mai critici anche se capita di
violarla. La trasgressione assume un valore liberatorio proprio perché è
attuata nei confronti di una legge che non è imposta dall’esterno, si
trasgredisce una cosa che è dentro sé stessi e che reca in sé i caratteri della
sacralità ed alla sacralità si associa il rito e la festa. A Lioni, Calitri,
Teora le donne mostrano che è la tradizione a sentirsi forte e capace di
segnare una differenza. Durante il
terremoto del 1980 la loro generosità non subì alcun mutamento. Nei giorni
immediatamente successivi al terremoto andai a Calitri a vedere quali danni il
sisma aveva provocato. Loro che erano molto più poveri e disastrati di me, mi
riempirono, prima di ripartire, la macchina di olio, farina, frutta, mentre
intorno le macerie era quello che restava delle loro cose. La regola è quella,
l’autorevolezza della loro decisione è indiscutibile. Il distacco e quindi la
serenità con cui guardano alle cose del mondo è per me una lezione. Ho imparato
da loro che, per essere viva, la cultura, deve sempre ritornare alle proprie
origini. Mi serve ancora passeggiare vicino ai corsi d’acqua, ricordare
filastrocche, attraversare villaggi e strade conosciute nell’infanzia.
Lucia
Mastrodomenico – tratto da “Madrigale” n.10 febbraio 1993