Quando il nuovo aprile inonda di luce rosata la stanza tu ancora ed improvvisamente torni a sorridere al mio cuore, bionda Maria; e il cuore che ti dimenticò dopo tanti anni e dopo tanti inutili affanni riposa in te, mio primo amore, mia dolce aurora d'amore.
Il primo amore di Carducci, nella Maremma toscana, era dunque una ragazza bionda di nome Maria. Il poeta non l'ha dimenticata, ed anzi il suo ricordo è dolce e gradito.
Dove sei ora? Certo non sei rimasta sola, ma ti sei sposata ed hai avuto dei figli; il borgo natio ti accoglie certo come madre e sposa felice, perché i tuoi bei fianchi ed il tuo seno prosperoso avranno suscitato il desiderio d'amarti nello sposo. Alle tue mammelle avrai allattato figli certamente forti, che ora saltano in groppa a qualche cavallo ancora selvaggio cercando il tuo sguardo di approvazione.
Quella fanciulla era molto desiderabile ed al Poeta piace immaginarla come una madre forte e generosa, con figli altrettanto forti e generosi. L'immagine della Maremma si profila nei suoi spazi ampi popolati di cavalli che non hanno smarrito la propria originaria purezza.
Com'eri bella, fanciulla, quando uscivi dai campi biondeggianti di spighe recando tra le mani una ghirlanda di fiori intrecciati, alta e sorridente, gioiosa, spalancando gli occhi azzurri sotto le ciglia, occhi luminosi e vivaci, che mandavano bagliori selvatici, incorniciati dai capelli biondi, come il fiordaliso azzurro tra le spighe dorate, ed era davanti a te una estate magnifica, e tutto intorno risplendeva di fiamme; spargendosi tra i rami verdi il sole rideva splendendo sul melograno, che scintillava accendendosi di rosso.
Il paesaggio maremmano qui e nei versi seguenti viene descritto con crescente nitidezza e passione. La grande e calda estate tutto illumina in maniera impareggiabile, e la forza della luce e del calore investe una natura felice, vigorosa, rigogliosa e fiera nella sua nota selvatica, anticipata dai cavalli non del tutto domati. La caratteristica della fierezza selvaggia è anche nello sguardo azzurro della fanciulla, spettacolare nel trionfo della sua giovinezza e dei suoi colori.
Quando tu passavi, come dinanzi alla sua dea, il pavone guardandoti apriva la sua coda occhiuta, e rivolgeva verso di te il suo rauco verso: com'è stata fredda la mia vita da quel momento, com'è trascorsa oscura e triste! Sarebbe stato meglio sposare te, Maria! Sarebbe stato meglio andare nella boscaglia desolata in cerca del bufalo perso, che salta nella macchia e si ferma a guardare, piuttosto che sudare per un verso modesto! Meglio dimenticare nel lavoro dei campi, senza voler indagare il troppo grande mistero dell'universo! Ora il tarlo del pensiero, freddo e continuo, mi trafora il cervello e per questo scrivo cose mediocri e parlo di cose tristi. Con il corpo ed il cuore logorati dalla mente crudele, e le ossa corrose dal male civile, mi divincolo con inutile rabbia. O lunghi filari di pioppi che al vento sussurrano! O sedile rustico sul sagrato sotto una bella ombra nei giorni festivi, da dove si vede il bruno campo arato e da una parte le colline verdi e il mare sparso di vele dall'altra, e, di lato, il camposanto! Oh il dolce conversare tra persone vicine, affini, in un quieto mezzogiorno, e il raccogliersi nelle fredde sere d'inverno intorno al focolare! Oh è gloria migliore narrare ai figlioletti attenti le prove di coraggio e le cacce faticose e gli agguati rischiosi ed indicare con il dito le ferite profonde sul corpo del cinghiale abbattuto, piuttosto che incalzare con frottole rimate i vigliacchi d'Italia e Trissottino.
Il desiderio di una vita diversa, accanto alla bellissima fanciulla, nella pace della natura che non tradisce ed è amica, la rinuncia alle gioie di una vita semplice ma autentica assalgono con amarezza il poeta. E' il rimpianto per la vita che non ha scelto, che non ha vissuto. Quella vita, sana e concreta, appare ormai irraggiungibile. Il presente è mediocre, insoddisfacente; l'attività intellettuale vana, inconsistente, inutilmente velleitaria. Nella dimensione privata si dispiega la vita vera, in quella pubblica ipocrisia e vanità vanificano ogni sforzo. La poesia non ha risarcito l'uomo per l'abbandono di quella dimensione giovanile, mitica e felice, dominata dalla biondazzurra presenza del suo primo amore. Sarebbe stato meglio raccontare le storie di caccia e di morte ai bambini, anziché inseguire inutili sogni di gloria o di impegno civile. Il Trissottino è un personaggio di Moliére, che rappresenta il prototipo del letterato servo e adulatore dei potenti.
Maria Colaizzo (tratto da“La Scuola Marginale” edizioni Millerighe Napoli 2015)