La recente pandemia ha messo il dito nella piaga. Sanità e scuola ne stanno uscendo, in maniera schizofrenica, tra esaltazione per alcuni risultati straordinari raggiunti e con le ossa rotte per la riaffermazione di limiti strutturali dei due sistemi.
La sanità: ospedali e servizi territoriali sono arrivati al 2020 dopo un ventennio di tagli lineari, blocco delle assunzioni e tante, troppe differenze regionali, disuguaglianze. Senza soffermarsi in dettagli analitici è indubbio che, dal 2001, anno della modifica del titolo V della Costituzione, l’assistenza ospedaliera, specialistica ed ambulatoriale pubblica è peggiorata in tutta Italia, con veri e propri picchi negativi al sud, nelle regioni sottoposte a commissariamento (a proposito: a quando la “liberazione” della Calabria, unica regione tuttora commissariata?). Al contempo è cresciuta l’assistenza sanitaria privata (convenzionata e pagata dai cittadini), sono cresciuti i fatturati dei privati, in particolare gli utili. Mentre tutti si affrettavano a definire “eroi” medici ed infermieri del Servizio Sanitario Nazionale (SSN), le scelte di chi ci governava non cambiavano. Esempio ne è la notizia che dei 209 miliardi di euro che dovrebbero giungere in Italia dalla Unione Europea (UE), appena 9 (poco più del 2% sic) sarebbero destinati alla sanità. Briciole.
Cosa servirebbe per potenziare effettivamente il SSN? Proviamo a declinare cinque punti, cinque condizioni che, è possibile realizzare, a condizione che rimangano priorità per politica e cittadini:
1. Potenziare del 20% il finanziamento del SSN, attualmente di circa 115 miliardi di euro all’anno, riportandolo nella media dei paesi europei a noi più vicini, ad esempio Germania.
2. Rivedere i criteri di finanziamento delle regioni, fissando quote sufficienti a garantire Livelli Essenziali delle Prestazioni (LEP) sanitari, uguali in tutta Italia; per arrivare a raggiungere questo risultato occorrono molti anni ma, se non si comincia, mai si potrà ottenere una sanità uguale al sud, centro e nord Italia.
3. Piano di ristrutturazione degli ospedali e ammodernamento delle attrezzature scientifiche. È attualmente paradossale che la legge preveda requisiti minimi, per il funzionamento degli ospedali e la maggior parte di essi, specialmente al sud, non li rispetti. Le cliniche private fanno profitti che, in parte, reinvestono per adeguarsi a quanto prevede la legge. Lo Stato non si occupa, come dovrebbe, della manutenzione degli ospedali. Non ci si dovrà più trovare, sorpresi da un’emergenza, senza avere terapie intensive adeguate, senza camere operatorie e pronto soccorso a norma ed efficienti.
4. Passaggio alla dipendenza dei medici di medicina generale (MMG) e dei Pediatri di Libera Scelta (PLS). Siamo agli albori di un cambio generazionale di MMG e PLS (i medici e pediatri di famiglia per intenderci). Tanti settantenni stanno uscendo dal SSN e tanti giovani stanno entrando. Evitiamo che continui la confusione tra ASL che emanano regole rigide sul contenimento della spesa sanitaria e MMG che continuano a ritenersi dei liberi professionisti. È ora, il momento del loro passaggio alla dipendenza. Molti MMG e PLS sarebbero d’accordo, a patto di avere un loro contratto, differente da quello dei medici ospedalieri, con caratteristiche nuove e da concordare con loro. Si garantirebbe, tra l’altro, a MMG e PLS un sistema pensionistico analogo a quello dei medici dipendenti, sicuramente più vantaggioso del loro attuale.
5. Piano di Semplificazione delle procedure amministrative e di de – burocratizzazione dei servizi. Va semplificato e reso più efficace il sistema di controllo gestionale. Anche di fronte alle pandemie, tipo quella che stiamo attraversando, non si dovrà più ricorrere a commissariamenti e alla protezione civile, con poteri speciali. Si diano, con fiducia, poteri speciali a chi gestisce ospedali ed ASL, si facciano rapidi controlli sul loro operato, si individui rapidamente chi sbaglia, si valorizzino i tanti medici ed amministrativi onesti e capaci che lavorano quotidianamente, con abnegazione e professionalità, in ospedali ed ASL.
Tantissime altre cose servirebbero per avere un SSN al passo con le richieste dei cittadini. Ma affrontare e portare a soluzione le 5 questioni sopra segnalare, servirebbe a ridar fiato al SSN.
Non è solo un problema di risorse, ma anche di modelli organizzativi. Le riflessioni sulla recente pandemia possono contribuire a realizzare un cambiamento culturale, cui chiamare a partecipare gli utenti e le loro associazioni. La sanità può rappresentare un esempio di grande cambiamento da estendere ad altri settori della pubblica amministrazione
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