Una nostra lettrice* ci ha fatto notare che, nel precedente articolo sulla Calabria, siamo incorsi in un errore/lapsus, singolare: abbiamo cioè scritto che sarebbe giusto nominare una donna (o un uomo) calabrese quale Commissario per la sanità in Calabria. Abbiamo poi riportato il pezzo pubblicato sul “Domani” che chiudeva ironicamente, nell’attesa che il governo nomini Arcuri “il plenicommissario” anche commissario della sanità calabrese. Ma Arcuri è calabrese, di un paese vicino a Reggio Calabria. Quale strana evenienza. Un calabrese “super” che governa Invitalia, Pandemia ed altro. Se un calabrese è supercommissario in Italia è possibile che non si trovi un calabrese per la Calabria con caratteristiche etiche e di autonomia dalla politica ben sperimentate? Che sia capace di prendere decisioni in proprio senza curarsi degli interessi particolari dei potentati locali. Insomma un Gino Strada calabrese. Possibile che non esiste?
Purtroppo le cronache di questi ultimi tempi ci confermano che chi ha una reputazione da proteggere, competenze apprezzate, non si candida. Un sistema di partiti fragili e poteri opachi solidissimi non ti protegge, ti manda allo sbaraglio. Il potere politico promette, ai Direttori Generali e Commissari che nomina, di non volersi intromettere nella gestione. Poi fa il contrario. “Ai politici la programmazione, ai tecnici la gestione” è una vana asserzione che, quanto meno da vent’anni, da quando cioè è stato introdotto il meccanismo aziendalistico in sanità, viene sistematicamente contraddetta. Ne segue che i tecnici che antepongono la loro autonomia alla politica dei partiti si tengono lontani dal gioco. Quindi chi teme Corte dei Conti, Tar, Procure, intercettazioni o pignoramenti, continua a rimanere ben lontano da tutto ciò che ha a che fare con incarichi di nomina politica. Chi ha ambizione, soglia etica abbastanza bassa, capacità di assecondare in maniera acritica il potere politico, non avrà timore di infilarsi nel ristretto corridoio di coloro che attendono una nomina politica. Fortunatamente non è sempre così. La gestione locale della pandemia ha confermato che esiste una ristretta cerchia di tecnici capaci di assumere decisioni in autonomia, difenderle nel tempo, lavorare per il bene comune. Anche al sud.
Ma il caso sanità calabrese resta una ferita aperta. Dopo la prematura scomparsa della Presidente Santelli, una donna di destra capace di scelte coraggiose ed intelligenti, la guida della regione è allo sbando. Pochi giorni fa è stato arrestato il Presidente del Consiglio Regionale, a seguito di un’inchiesta della Procura sui farmaci e la sanità. Favori alla malavita organizzata in cambio di voti ed assunzioni, il solito scenario della piccola Italia.
L’ex generale dei carabinieri, commissario della sanità in Calabria dal 2018 (nominato dal Conte I e riconfermato dal Conte II), si è dimesso, dopo aver ammesso in una penosa intervista televisiva che “non sapeva” di dover predisporre il piano anti-Covid per la Calabria. Gli succede Giuseppe Zuccatelli, manager romagnolo, già Commissario Straordinario in Campania. A dire il vero senza grandi risultati: lui, come ogni altro esperto proveniente da una regione del nord, chiamato a fare il commissario straordinario in una regione del sud, ha prodotto più danni che benefici. Si potrebbe dire: “venendo al sud perdono la scienza”. Ebbene Zuccatelli è incorso, anch’egli, in un incidente mediatico: un video in cui dichiara che le mascherine non servono, anzi peggiorano la situazione. Il 16 novembre seguono dimissioni, si dice suggerite dal Ministro della Salute. E due.
Terzo arriva Eugenio Gaudio, medico, ex Rettore dell’Università Sapienza, che, pochi giorni dopo aver accettato, si dimette per motivi familiari. “La moglie non vuole trasferirsi a Catanzaro (sic!)”. Quindi Speranza e Sapienza, in Calabria, sono stati artefici di un gran fallimento.
Gran fallimento sono stati i commissariamenti della sanità nelle regioni del sud. Hanno prodotto numerosi danni, tagli lineari, chiusura di ospedali, depotenziamento dei servizi territoriali. Non può, una sola persona, con mandato a termine, individuare soluzioni appropriate per dare risposte ai bisogni di salute dei cittadini di un’intera regione. Una barbarie organizzativa di cui si sono liberate tutte le regioni del sud, tranne la Calabria. Va chiusa la stagione dei commissariamenti straordinari. L’auspicio è che anche la Calabria ritorni al più presto alla gestione ordinaria.
Per intanto ribadiamo sia il caso che il governo nomini una donna (o un uomo) calabrese alla guida della sanità calabrese. Una donna, come Jole Santelli, che un triste destino ha portato via troppo presto, ma che, nei pochi mesi in cui ha governato la Calabria, ha dimostrato di saperci fare. E’ necessario che si individui una donna autonoma, coraggiosa, competente ed attenta a considerare le ricadute delle proprie scelte. Che poi sia di destra o di sinistra, chi se ne frega.
La Redazione
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