L’epidemia finirà e, a detta degli esperti, si trasformerà in endemia. Alto è il rischio che, alcuni di coloro che ora vengono definiti eroi, passeranno da vittime a colpevoli. Questa epidemia che ha visto morire sul campo moltissimi medici, molti infermieri, ha messo in risalto uno degli atteggiamenti più diffusi tra quanti lavorano nei servizi sanitari: il senso di abnegazione, la disposizione a sacrificarsi per l’altro. La stragrande maggioranza dei medici, non tutti (perché anche tra medici ed infermieri ci sono le pecore nere) svolge bene la sua professione non per un generico “altruismo”. Nella relazione medico paziente, c’è uno scambio. Cosa c’è di più gratificante che sentirsi capace di salvare la vita ad una persona, raccogliere il sorriso, la gratitudine sua e dei familiari, all’uscita da una terapia intensiva, alla dimissione da un ospedale? Rischiano tanto i medici, i chirurghi, nella professione. Ma la gratificazione professionale, quando le cose vanno bene, è davvero tanta. Un sorriso, un grazie di cuore valgono a ripagare ampiamente gli sforzi compiuti. Fa crescere, e di molto, l’autostima.
Ma i medici e gli infermieri, anche durante l’attuale epidemia, non sono eroi. Sono persone serie, grandi professionisti che, nella stragrande maggioranza, si ispirano a principi etici ed hanno ben presente ciò che dice l’art. 32 della nostra Costituzione.
In questi mesi invece è tutta una rincorsa a definire eroi, i medici e gli infermieri, categorie fino a qualche tempo fa nell’occhio del ciclone di un’opinione pubblica, più attenta ai casi di malasanità che ai successi della medicina. Testimonianza ne sono le aggressioni a medici ed infermieri, in special modo nei pronto soccorso degli ospedali. Tante, troppe aggressioni, si sono verificate nel corso degli ultimi anni, anche a medici di guardia medica, a medici di famiglia. Ce ne ricordiamo ancora? Vari Presidenti degli Ordini Professionali di medici ed infermieri hanno sollecitato il governo a varare leggi più severe nei confronti di chi aggredisce medici e infermieri fino a prefigurare la carica di pubblico ufficiale per gli operatori sanitari.
Negli anni 70 del secolo scorso c’erano movimenti politici e di opinione che lottavano contro il “potere medico” e la sua capacità di penetrazione sociale e politica. Si criticava il fatto che i medici avevano troppo potere e potevano decidere indisturbati della vita e della morte delle persone. In particolare un movimento. l’antipsichiatria, si proponeva di abbattere, dall’interno, il potere degli psichiatri e le scelte contenitive, coercitive che la psichiatria dell’epoca propinava agli affetti da patologie psichiche. Si parlava di “violenza addizionale”, la violenza di certi trattamenti medici (elettroshock, camice di forza etc.) ritenuti presidi terapeuti efficaci da alcuni ed inutili o dannosi da altri. A distanza di 50 anni la percezione che la gente ha dei medici è notevolmente cambiata. Prima del virus i medici avevano perso gran parte del loro prestigio e valore sociale. A mio avviso una mazzata straordinaria al prestigio dei medici è stata inferta dalle sciagurate scelte politiche che hanno messo la figura del medico alla pari con quella degli altri dirigenti della pubblica amministrazione. A partire dagli anni 90, con l’applicazione di una serie di accordi contrattuali, si è confusa la figura del medico con quella dell’impiegato, con tutto il rispetto degli impiegati, sia ben chiaro. Ma è un altro tipo di lavoro. Bene hanno fatto i medici di famiglia a rivendicare la propria autonomia professionale e, pur se travolti da una visione burocratica della loro funzione, a tener duro sulla loro capacità di essere interlocutori della cura delle persone, della relazione medico paziente. Con le dovute eccezioni, sia ben chiaro. Le pecore nere non mancano mai.
Quindi, prima del virus, la percezione che la gente aveva dei medici era ai minimi storici. Adesso, dopo due mesi di pandemia, il quadro è radicalmente cambiato: siamo passati ai “medici eroi”. Quanto durerà?
Tra eroi e responsabili di episodi malasanità occorre trovare un punto di equilibrio. Una delle possibili conseguenze di questa fase epidemica potrebbe essere prestare più attenzione al lavoro di medici ed infermieri; provare ad essere più obiettivi nei giudizi; non sparare più titoli da “sbatti il mostro in prima pagina” in maniera affrettata; valutare i singoli episodi che ci vengono narrati, relativi all’operato di medici ed infermieri, guardando loro come professionisti che, nella stragrande maggioranza, hanno valori, come dignità ed etica, ai primi posti del proprio bagaglio culturale.
Roberto Landolfi