Non ci vengano a dire che la politica è sempre corrotta e non vi è speranza di miglioramento. Non ci vengano a dire che lo Stato Etico è una soluzione. Non ci vengano a dire che i politici sono solo degli inetti che usurpano il potere. Anche se la realtà ci porta a fare queste riflessioni, è necessario individuare qual è lo spazio d’azione che può condurre al miglioramento della situazione politica. Esiste un metodo che ci illustri cosa fare per avere un governo delle città, dello Stato che possa servire a dare risposte utili alle persone?
I corrotti e gli inetti erano un’ossessione per Machiavelli, come ci ricordano Antonio Gnoli e Gennaro Sasso nel loro volume “Conversazioni su Machiavelli” edito da Bompiani.
Solo con la forza si distrugge la corruzione e si estromettono i corrotti. Se l’eccesso di forza può risultare devastante, la moderazione rischia di dimostrarsi inefficace. Non c’è una soluzione che non comporti la paura di uno scacco. Prendiamo ad esempio la recente guerra al popolo Curdo in Siria da parte della Turchia. Solo misure forti, non necessariamente nuovi interventi bellici, possono convincere la Turchia a fermarsi. Solo misure forti possono servire a contrastare la decadenza ed a ristabilire il primato della democrazia anche nei paesi che, pur presentandosi formalmente democratici, sono governati da regimi autoritari. Di esempi al proposito ce ne sono molti, in Europa e non solo. Non bastano le sole elezioni per definire una nazione democratica.
“L’orizzonte entro il quale Machiavelli ama riflettere è antropologico e mondano, in un tale spazio, attraverso le passioni che si perpetuano, registra quanto di peggio la natura umana sa esprimere. Invidia, ingratitudine, mediocrità, infedeltà, desiderio di conquista, cupidigia e volubilità compongono l’aberrante catalogo dell’umanità. L‘uomo machiavelliano è animato da un profondo carattere distruttivo che può rivolgere tanto a sé stesso quanto, in larga parte, verso il proprio simile….L’ossessione di Machiavelli è provocata dalla corruzione dei corpi politici, dalla loro inesorabile decadenza” (dall’introduzione di A. Gnoli pag.13).
Se queste sono le premesse antropologiche come può il potere, derivante dalla politica e dalla gestione di attività pubbliche, non essere corrotto? Cosa è cambiato oggi, a distanza di 500 anni dalla riflessione di Machiavelli? Pensiamo alle nostre esperienze. Di chi si trova legittimamente a chiedere il riconoscimento di un proprio diritto e si rivolge a chi esercita un potere pubblico. Come, d’altra parte, di chi si trova ad esercitare un potere derivante da cariche politiche o amministrative. Pensiamo a un sindaco, a un presidente di regione, a un direttore generale di un’azienda pubblica. Qual è lo spazio d’azione per il riconoscimento di un giusto diritto per i cittadini, quale è lo spazio per una corretta gestione da parte di amministratori pubblici?
“In realtà il <male> machiavelliano, ossia quel tratto antropologico che si ricava da una serie di discutibili comportamenti – sopraffazione, viltà, egoismo e violenza – non ha nulla di abissale e quindi di insondabile. Esso non rinvia a nessuna ferocia metafisica – come pure talvolta si è equivocato – delle potenze infernali, non schiera angeli caduti. Con ogni evidenza egli non ricorre ad una spiegazione che metta in campo la provvidenza divina. Non c’è un disegno che dà a Dio la facoltà di mutare il male in bene…Solo il politico, servendosi di ogni mezzo che l’occasione gli presenta, può tentare di realizzare il fine che si è proposto. <Bene> e <Male> non sono per Machiavelli valori morali ma istanze politiche. L’arte del conflitto non rasenta, per lui, la perversione, ma solo la necessità”. (dall’introduzione di A. Gnoli pag. 10).
Quindi non a categorie religiose o etiche bisogna far riferimento per ottenere il soddisfacimento di un proprio diritto o per condurre una giusta ed onesta gestione del potere. E’ necessario, ma non sufficiente, rivolgersi alla politica, al suo metodo scientifico, agli studi ed agli approfondimenti che, a partire dal pensiero di Machiavelli, si sono sviluppati nel tempo.
Alle riflessioni di Machiavelli va riconosciuto il ruolo e l’importanza che lo stesso Gramsci ha messo, varie volte, in evidenza. “Senza alcun estro, per lungo tempo, il pensiero di Machiavelli fu considerato la conseguenza notturna della politica”.Bisogna invece tornare a discutere di Machiavelli, come ci ricorda Antonio Sasso, a partire da tre considerazioni: la “crudezza della politica”; il fatto che “Machiavelli non è uno scrittore cristiano e questo ha le sue conseguenze”; inoltre che “ha riflettuto sempre all’interno di una situazione di decadenza…..che lo indussero a pensare che il problema centrale della politica fosse sì la costituzione di uno Stato, ma, soprattutto, la sua difesa contro la decadenza”.
Decadenza che è anche il tratto politico dei nostri giorni.
Lucia Rosa Mari