Madri e Ritagli. Pensieri da Lucia.
Ritagli da giornali su pensieri vari e brevi frasi o poesie, dedicate alle madri, queste ultime riprese da un libretto delle “Edizioni San Paolo” del 1999.(NdR)
Madri :
“E’ un immenso miracolo per una madre vedere e tenere in braccio un essere che si è formato dentro di lei” – Simone de Beauvoir
“Essere madri è un mistero assoluto, un mistero che non somiglia a niente, un assoluto relativo a niente. Un compito impossibile eppure assolto” - Christian Bobin
“Donna, se’ tanto grande e tanto vali, che qual vuol grazia ed a te non ricorre, sua disianza vuol volar senz’ali” – Dante Alighieri
Ritagli :
Il coraggio della felicità : intervista di Laura Lamanda ad Alain Badiou
Prof. Badiou le sue lezioni sono affollatissime che effetto le fa?
Devo confessare che per un filosofo come me essere così ascoltato è veramente strano. Probabilmente devo rallegrarmene.
Il suo non è un pubblico di soli specialisti. La seguono intellettuali, artisti, creativi, cosa chiedono alla filosofia?
Alla filosofia chiediamo ciò che gli uomini le hanno sempre chiesto: di portare nuova luce nella nostra esistenza. Ovviamente anche la religione, le ideologie o le saggezze meditative si pongono lo stesso obiettivo ma con mezzi diversi che possono essere quelli della rivelazione, dell’immaginazione o dell’autorità. Gli strumenti della filosofia sono quelli della ragione, del rigore e della precisione. Questi mezzi sono a disposizione di tutti e non solo di un profeta o di un’autorità. In questo senso la filosofia è molto democratica.
Nel suo ultimo saggio lei mette in luce l’attuale corruzione e impoverimento dei nostri discorsi e della nostra lingua. Cosa può fare ciascuno di noi concretamente?
Si tratta di non perdere l’etica della parola. Questo significa principalmente non fare demagogia. Parlare per dire cose importanti e vere e non per un calcolo che concerne il nostro interlocutore. Un’altra cosa da evitare è dissimulare il nostro pensiero per diffidenza o timore di non essere capiti. Anche quando diciamo poco, anche quando pensiamo di non doverci svelare troppo all’altro, quel poco che riveliamo deve essere vero. Non ci devono essere nella nostra vita momenti in cui diciamo ciò che pensiamo e altri in cui non lo facciamo. Per quanto conscio della difficoltà di capirsi, il nostro discorso deve essere sempre nella verità.
Insomma la filosofia ci invita al coraggio?
Al coraggio ma anche ad una certa forma di eroismo. La politica, l’arte e l’amore ci offrono grandi possibilità in questo senso. La tesi che non ci siano più progetti universali in cui coinvolgersi fa parte di una propaganda a favore di una felicità limitata legata all’idea di equilibrio personale.
Invece quale idea di felicità dovremmo perseguire?
La felicità ha più forme, più nomi: l’entusiasmo, la gioia, il piacere. Tutto ciò arriva attraverso la creazione di qualcosa d’importante per la nostra vita. È grazie alla natura intensa dei nostri progetti che la felicità potrà arrivare. Per questo l’edonismo contemporaneo è pericoloso, perché in fin dei conti invita gli individui ad accontentarsi di poco.
In che senso?
È come se tutti fossimo presi da un’ossessione della sicurezza. Ci accontentiamo della realtà che abbiamo e ci chiudiamo all’esterno per evitare ogni possibile perdita o sconvolgimento. Siccome una vita che esclude il superamento di sé è una noia per sopravvivere cerchiamo gratificazioni nel danaro, nel successo personale e nel sesso. Ne consegue un’idea di felicità collegata alla possibilità di consumare il più possibile e il più tranquillamente possibile. La filosofia ci deve convincere della possibilità di un cambiamento.
Come può articolarsi questo cambiamento?
Ovviamente non c’è una formula generale. Dobbiamo prima di tutto decidere che il tempo della nostra vita non può essere scandito dall’intervallo che separa l’apparizione di un modello di computer o di una macchina dal successivo. Si tratta poi di coinvolgersi in esperienze che ci rivelino un tempo “altro” che può essere quello della passione amorosa, della scrittura, di un viaggio, dell’impegno politico, poco importa. Quando siamo coinvolti in qualcosa che ci trascende scopriamo di avere capacità insospettate e viviamo con intensità. Questo filosoficamente si dice “partecipare a un soggetto”. Allora proviamo felicità vere ed esaltanti che danno senso alla vita. Certo, queste esperienze comportano anche grandi tormenti che non possiamo risparmiarci. Ne vale la pena comunque e lo sappiamo benissimo: ad esempio sappiamo tutti che è meglio essere innamorati che vivere una vita tranquilla.
Insomma siamo di nuovo tornati alla necessità di essere coraggiosi!
Certo ogni volta che siamo chiamati a fare qualcosa che vada al di là delle nostre capacità ordinarie e rispondiamo di sì, diamo prova di coraggio. E coraggio è quindi principalmente non rinunciare con il pretesto che non abbiamo garanzie. Ma c’è una seconda forma di coraggio: continuare, anche quando le tentazioni di abbandonare sarebbero molto potenti. Ci sono insomma due imperativi etici: cominciare e continuare.
Secondo lei oggi la famiglia prepara a questa forma di coraggio e di apertura?
L’attaccamento crescente alla famiglia è sicuramente scatenato dalla rinuncia a dare una dimensione più eroica alla nostra vita. La famiglia sembra offrire tranquillità e sicurezza. Si è intanto costruita l’opinione comune che la giovinezza vada protetta al massimo. La giovinezza dovrebbe essere invece l’epoca dell’erranza , del rischio, della scelta, della rottura. Dovrebbe essere una stagione d’incontri. Per quanto sia doloroso per i famigliari, il destino di ogni figlio è quello di lasciare la famiglia. Se non parte, se resta dov’è, questo significa che anche il mondo resta dov’è. Abbiamo dunque ragione di pensare che l’avvenire sarà fortemente conservatore.
La sua giovinezza è stata una stagione d’incontri?
Gli incontri che ho fatto nel ’68 hanno rivoluzionato la mia vita aprendola a orizzonti diversi da quelli a cui sembrava destinata. Ovviamente anche gli incontri con certe donne ha davvero contato, per non parlare di quello con le opere di Lacan. Incontrare è fondamentale. Noi siamo interamente determinati, non da ciò che siamo, ma da ciò che incontriamo. Certo poi sta a noi decidere che cosa fare di un incontro, se trasformarlo o no in un evento fondatore. È questo il problema filosofico fondamentale con cui siamo chiamati a confrontarci.
(Alain Badiou è un filosofo, scrittore francese che Lucia citava spesso nelle sue riflessioni e apprezzava molto. Abbiamo ritrovato tra i suoi ritagli di giornale un’intervista a Badiou comparsa su “Repubblica” nel gennaio 2006 e ne abbiamo riportato alcuni stralci - NdR)