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Belle come le collane di Lucia


30 novembre. Sono rientrata tardi, stasera. Stanca, commossa. Le mie bambine dormono e io penso, la schiena contro la sedia, a queste vite che ci attraversano, che attraversiamo, sbadatamente.
Lucia me la ricordo all’ingresso dell’asilo, seduta alla scrivania,  che apriva con uno scatto elettrico la porta ai bambini che varcavano la soglia della loro giornata privata, quella che a casa non si racconta, “perché è mia”diceva Teresa “non ho fatto niente a scuola oggi, ho guardato”.
L’ho sfiorata, Lucia, in questi anni, e stasera me ne dispiace. Eppure ho avuto il tempo, giusto un po’, in questi ultimi anni, di pensare che era una persona che lasciava una qualità alle cose, che il suo sguardo altero non ti sottraeva un sorriso ma te lo chiedeva, che i suoi interventi nelle riunioni collettive con le mamme  illuminavano e determinavano un orientamento.
Le mie bambine hanno imparato le ricette di Lucia. Conservano i grembiuli di quell’esperienza e sono fiere adesso di quanto siano piccoli. Teresa ha imparato la concentrazione, a fare silenzio ed aspettare. Hanno imparato a vedere le cose belle ed a riconoscerle. Belle come le collane di Lucia. Amore per il bello, il buono, attraverso l’uso corretto e moderato, pacato e semplice dei gesti essenziali che noi adulti non valorizziamo, che neghiamo nella corsa affannosa delle nostre giornate.
La mia relazione con Lucia si è determinata in quell’ambito che lei amava tanto, perché le mie figlie hanno frequentato la sua scuola. E non penso che sia inopportuno che io racconti di lei attraverso i racconti delle mie figlie, attraverso ciò che io ho saputo leggere in alcuni momenti della loro esperienza.
Teresa ed Antonia hanno avuto riferimenti diversi, ma di Teresa so riconoscere la problematicità che in quel tempo gli incontri con Lucia le comportavano: gli appuntamenti settimanali del laboratorio di cucina, l’entusiasmo della riuscita, l’opposizione alla regola, la sfida ad accettare il nutrimento…adesso le rileggo queste cose. E sono illuminate meglio, con un elegante lampadario, per luce diffusa. Teresa non sa che Lucia non c’è più, perché quell’anno non frequentava più l’asilo. Io non ho ritenuto necessario dirglielo. Lei cita Lucia tra le persone importanti dei suoi ricordi di quando era piccola. Ora ha sei anni ed io ho deciso che non volevo darle lo strumento incomprensibile, una notizia, per accedere a una perdita. Voglio che lei la conservi, fin quando può, perché possa sentirle dire, ogni tanto, che “le vuole bene tra tutte le maestre”

Bianca D’Arienzo
(tratto da “Lucia” – interventi in occasione dell’incontro alla Mensa dei Bambini Proletari – 30 novembre 2007 – Stampa Orgrame)