Questo il tema di fine estate.
Cominciamo con piccoli pezzi tratti da libri di autori noti: Elena Ferrante ed
Erri De Luca; a seguire alcuni pezzi di nostre collaboratrici e collaboratori.
L’Amore Molesto è uno
splendido romanzo di Elena Ferrante del
1992, da cui è stato tratto l’omonimo film per la regia di Mario Martone. Si
legge nell’ultima di copertina…”il risultato è un libro che scava nel
rapporto madre-figlia con crudeltà, con passione, con nostalgia struggente, con
torbida innocenza, trasformando una vicenda di quotidiani strazi familiari in
un thriller domestico che mozza il respiro” (NdR)
Ecco la pagina iniziale del
romanzo :
“Mia madre annegò la notte del 23 maggio,
giorno del mio compleanno, nel tratto di mare di fronte alla località che
chiamano “Spaccavento”, a pochi chilometri da Minturno. Proprio in quella zona, alla fine degli anni cinquanta, quando
mio padre viveva ancora con noi, d’estate affittavamo una stanza in una casa
contadina e trascorrevamo il mese di luglio dormendo in cinque dentro pochi
roventi metri quadrati. Ogni mattina noi bambine bevevamo l’uovo fresco,
tagliavamo verso il mare tra canne alte per sentieri di terra e di sabbia e
andavamo a fare il bagno. La notte in cui mia madre morì la proprietaria di
quella casa, che si chiamava Rosa ed aveva più di settant’anni, sentì bussare
alla porta ma non aprì per paura dei ladri e degli assassini.
Mia madre aveva preso il treno per Roma due giorni
prima, il 21 maggio, ma non era mai arrivata. Negli ultimi tempi veniva a stare
da me almeno una volta al mese per qualche giorno. Non ero contenta di sentirla
per casa. Si svegliava all’alba e, secondo le sue abitudini, lustrava da cima a
fondo la cucina e il soggiorno. Cercavo di riaddormentarmi ma non ci riuscivo:
irrigidita tra le lenzuola, avevo l’impressione che sfaccendando mi
trasformasse il corpo in quella di una bambina con le rughe. Quando arrivava
con il caffè, mi rannicchiavo da un canto per evitare che mi sfiorasse
sedendosi sulla sponda del letto. La sua socievolezza m’infastidiva: usciva a
fare la spesa e familiarizzava con negozianti con cui in dieci anni avevo
scambiato non più di due parole; andava a passeggio per la città con certe sue
conoscenze occasionali; diventava amica dei miei amici, ai quali raccontava le
storie della sua vita, sempre le stesse. Con lei sapevo solo essere contenuta
ed insincera.
Se ne tornava a Napoli alla
prima sfumatura di insofferenza. Raccoglieva le sue cose, dava un’ultima
rassettata alla casa e prometteva che sarebbe ritornata presto. Io mi aggiravo
per le stanze risistemando secondo il mio gusto tutto quello che lei aveva
disposto secondo il suo. Tornavo a dare
alla saliera lo scomparto dove la tenevo da anni, restituivo al detersivo il
posto che mi era sembrato conveniente, scompaginavo il suo ordine dentro i miei
cassetti, restituivo al caos la stanza dove lavoravo. Anche l’odore della sua
presenza – un profumo che lasciava in casa un senso d’inquietudine – dopo un
po’ passava come d’estate l’odore di una
pioggia di breve durata”