Mia madre, Giuseppina
Tagliamonte, era nata a Ponza, dove è
morta nel 2007. Ha trascorso a Ponza gran parte della sua vita. Quando tornavo a
trovarla, in special modo fuori stagione, le raccontavo della mia vita, delle
cose che mi succedevano, ed insistevo
sui miei insuccessi aspettandomi invano da lei conforto. Sovente mi diceva : “e
che sarà mai”, ricordati della poesia “eran trecento erano giovani e forti e
sono morti”. Come dire: quelli hanno creduto in ciò che facevano, hanno fallito
e hanno pagato con la vita. A quel punto capivo che era inutile insistere; i
fondamentali educativi me li aveva impartiti quando ero piccolo; adesso dovevo procedere senza lamentazioni.
Questo mi trasmetteva con il suo agire austero e recitando la prima strofa
della poesia.
Un libro pubblicato di recente
“L’Altro Risorgimento- Carlo Pisacane” con uno scritto di Nello Rosselli e la
“Spigolatrice di Sapri di Luigi Mercantini, a cura e con un saggio di
Alessandro Leogrande – “Edizioni dell’Asino” (giugno 2017), mi ha fatto
riflettere sulla figura di Pisacane e sulla spedizione dei trecento (che poi
pare fossero molti di meno). Ho riletto con emozione “La spigolatrice di Sapri”
ed ho appreso cose per me nuove sulla
controversa figura e sulla vita di Carlo Pisacane. Un uomo di pensiero e di azione, “uno
degli esempi più compiuti di quel fondersi tra vita intellettuale e vita
materiale, di pubblico e privato”, ci ricorda Alessandro Leogrande.
Davvero un “altro risorgimento”
rispetto a quello di Mazzini, Garibaldi e Cavour; il risorgimento viene
celebrato ad ogni ricorrenza e trova tanto spazio nell’attualità. Ecco perché
credo sia il caso di celebrare (luglio 1857 – luglio 2017) i 160 anni dall’impresa di Pisacane.
Nel libro vengono ripresi pezzi
dagli scritti di Carlo Pisacane che, nel volume “La rivoluzione” faceva
affermazioni molto decise : “Per quanto mi riguarda non farei il più
piccolo sacrificio per cambiare un ministero o per ottenere una costituzione,
neppure per scacciare gli Austriaci dalla Lombardia e riunire questa provincia
al regno di Sardegna. Per mio avviso la dominazione di casa Savoia e la
dominazione di casa d’Austria sono la stessa cosa” . “La miseria è la
principale cagione, la sorgente inesauribile di tutti i mali della
società…conseguenza immediata della miseria è l’ignoranza che vi rende incapaci
di governare i vostri particolari negozi, nonché quelli del pubblico. La
miseria e l’ignoranza sono gli angeli tutelari della moderna società…” .
Quasi ad unire in un’unica negativa valutazione casa Savoia ed il Regno delle
due Sicilie.
Pisacane dunque ha incarnato uno
dei massimi esempi del risorgimento che ha interpretato la necessità di una
rivoluzione profonda dell’Italia e si è
mescolato con le origini del socialismo. Sul piano militare si è trattato di un
tentativo di applicare il metodo insurrezionale mazziniano, non andato a buon
fine. Pisacane, nato a Napoli nel 1818,
da famiglia nobile, frequentò la scuola militare della “Nunziatella”. La
Nunziatella formava il meglio della classe dirigente burocratico amministrativa
nonché militare del regno. Nel caso di Pisacane formò però un uomo che le si
rivoltò contro.
Il 25 giugno del 1857 Pisacane, con una ventina di seguaci
salpò da Genova alla volta del sud per favorirne l’insurrezione. Non aveva
informazioni corrette però su quello che stava accadendo, in particolare a
Napoli. Dirottarono il postale “Cagliari”, per raggiungere Ponza, dove, in 24
ore, presero l’isola e liberarono i circa 300 detenuti ivi reclusi che,
purtroppo non erano detenuti politici, tranne uno sparuto manipolo. Gli altri,
detenuti comuni e militari in punizione si sarebbero dati alla fuga non appena
sulla terraferma. Arrivati a Sapri gli
uomini rimasti si trovarono isolati.
Leogrande ci ricorda che Rosselli scrisse, nel suo volume Carlo
Pisacane ed il Risorgimento Italiano : “ Era il popolo che si precipitava su
di loro, il popolo schiavo e sfruttato ch’egli aveva voluto redimere e perciò
s’era mosso da lungi ed aveva affrontato quel tremendo calvario”.
Il 2 luglio del 1857 Pisacane
diede l’ordine di non sparare sui contadini. Così chi non riuscì a scappare fu
ucciso sotto i colpi delle roncole e dei forconi. Ferito, Pisacane, per non
cadere nelle mani dei Borbone si tolse la vita. La stampa locale esaltò
l’efficienza della repressione e Cavour “sinceramente indignato” espresse la
sua solidarietà al governo di Ferdinando II.
Tutti i corpi dei rivoluzionari della spedizione furono bruciati. Pare che il
corpo di Carlo Pisacane sia stato inumato per volere di un ufficiale borbonico
che era stato suo compagno alla “Nunziatella”. A Sapri lo ricorda un monumento
eretto in occasione del centenario della spedizione. A Ponza la piazza ed il
corso principale dell’isola portano il nome di Carlo Pisacane.
Come ricordare Pisacane ? un
pazzo turbolento, un idealista, un sobillatore ? Nel suo Testamento, in calce
al “Saggio sulla rivoluzione” Pisacane scriveva : “profonda mia convinzione
di essere la propaganda dell’idea una chimera e l’istruzione popolare
un’assurdità. Le idee nascono dai fatti e non queste da quelle ed il popolo non
sarà mai libero perché sarà istruito ma sarà ben tosto istruito quando sarà
libero”
Roberto Landolfi