(postfazione al libro di
Mariuccia Masala – “Signora Sezione” – Magistra Edizioni 1990)
L’esperienza raccontata in questo
libro rappresenta un’occasione imprevista, resa possibile dalla volontà di
rendere effettivi dei mutamenti, in un contesto, il P.C.I., che si rivela
statico sul piano delle scelte e delle alternative.
L’elementarietà dell’esperienza
la rende grande, visibile, esempio riproponibile, laddove le condizioni lo
consentano.
Dove si stabilisce un vincolo tra
donne si attivano risposte organizzative, riferimenti culturali e simbolici
capaci di generare nuove risorse.
La Sezione di sole donne di
Milano ne è un esempio. Il desiderio che ha mosso il lavoro di queste donne è
diventato un diritto da assumere come obiettivo, in cui ognuna ha contribuito
dalla propria collocazione e con la propria conoscenza. Uno spazio in cui la
relazione fra donne potrebbe significare autonome opzioni strategiche, governo
dei propri organismi, controllo del contesto generale.
Le mie radici culturali e politiche,
dal 1968 in poi, risalgono ai movimenti spontanei nati a Napoli a partire da
quegli anni, poi ho incontrato il femminismo.
Non conosco la realtà di un/una
militante di partito, ma aver seguito da vicino il percorso di alcune donne
comuniste, ricco di contrasti e contraddizioni, mi è servito a capire quanto è
complessa la realtà filtrata da un partito politico, quanto è complesso
trasmettere all’esterno questa realtà, ma quanto può essere utile, anche
alle donne, per sentirsi autenticamente partecipi al
cambiamento.
L’esperienza, per chi la vive,
(lo considero un dovere), va trasmessa per fare tradizione.
La privatizzazione del fare
politica, il rinchiudere l’esperienza nei soli luoghi deputati, se da una parte
ci fa rischiare poco, dall’altra ci indebolisce.
Con leggerezza si corre il
rischio di essere complici di uno stato di cose in cui la “memoria del passato”
vale più della realtà dei fatti. Svuotando l’impegno costante si ritarda il
tempo di cambiamenti profondi.
Nel caso di questo scritto la forma
del racconto dice dell’esperienza, giorno dopo giorno, con dovizia di
particolari. L’esperienza avanza, si fa viva, gli atteggiamenti di ognuna ne
fanno intravedere la fisicità.
Quando la scrittura è accattivante, la lettura diventa veloce. Il ritmo quasi
quotidiano del racconto, la parola elementare che indica facile trasmissione,
mi hanno fatto pensare ad un testo per la scuola d’obbligo o ad una telenovela.
Le telenovela sono un appuntamento diffuso nella vita di molte donne di varia
estrazione e cultura. Un misto di
sentimentalismo, luoghi comuni, le
pervade.
Potrebbero, le telenovela, essere
trasformate? Penso ad una telenovela che parli della relazione tra donne,
mettendone in risalto i vantaggi, senza escludere passioni, erotismo,
complicità.
La nostra politica deve
contagiare i mezzi di comunicazione, purché le forme ed i contenuti siano da
noi realizzati e controllati.
In un turbinio di cose spesso inutili che, per la loro
ripetizione, mozzano qualsiasi entusiasmo, questo libro, “Signora Sezione”, con
il suo programma, con la sua apparente modesta rappresentazione (di sezioni di
partito ce ne sono tante), diviene un punto fermo, un indirizzo, un numero di
codice, dei nomi, un riferimento.
C’è anche forza fisica e
psicologica nelle donne che hanno realizzato l’esperienza raccontata nel libro.
L’aspetto più interessante è il
recuperare cose perdute, frammenti da raccogliere in una scatola per concedere
alle cose, ed a loro stesse donne, un nuovo significato, un nuovo diritto di
esistenza.