Giona
(che significa colomba) figlio di Amittai è il protagonista di un piccolo
libro, dell’Antico Testamento, di soli 4 capitoli. E’ il libro più breve della
Bibbia ebraica dopo quello di Abdia. Giona è scelto da Dio per salvare Ninive,
città del peccato. Ma lui non vuole obbedire. Lo trova irrealistico e ingiusto.
Il libro di Giona è un magnifico racconto: la descrizione della città di Ninive
con le sue enormi dimensioni, il re che appare come seduto tutto il giorno sul
trono in un ambiente da mille e una notte, l’ironia sottile con cui ci descrive
l’opera di Dio che in una notte fa sorgere una pianta di ricino che fa ombra a
Giona, un verme che la rode e, poi fa soffiare il vento caldo d’oriente ad
opprimere il profeta fin quasi a fargli perdere i sensi. Ma soprattutto
elemento tipico è il grande pesce, dal quale Giona viene ingoiato e da cui
viene rigettato dopo tre giorni e tre notti, vivo, sulla spiaggia. La città di
Ninive fu la terza grande città dell’impero assiro. Sorgeva nei pressi
dell’odierna città di Mosul in Irak. Assurbanipal aveva reso questa città
centro del suo impero (669-626 a.C.) fu distrutta dai medi e babilonesi nel 612
a.C. La problematica al centro dell’avventura di Giona è la critica di fondo ad
un modo di concepire la salvezza di Dio in senso particolaristico, come
riservata ad alcuni, in senso esclusivo, nell’inimicizia verso i lontani e i
pagani. Per contro l’annuncio di fondo è la cura e la misericordia di Dio che
raggiunge in diverso modo tutti, non solo Israele ma anche i pagani e a tutti
chiede conversione. Giona è profeta che pretende di piegare Dio alle sue
vedute: non segue la chiamata a partire, secondo le indicazioni di Dio e ad
andare verso la grande città, piuttosto si dirige decisamente verso la
direzione opposta. Tutto il racconto non parla tanto della conversione di
Ninive, ma della conversione a cui Dio intende condurre Giona. Mente egli è
chiuso nella sua concezione di una salvezza riservata solo ad Israele e
indisponibile agli altri popoli, i marinai della nave prima, gli abitanti di
Ninive poi, si aprono ad un’azione di Dio che li raggiunge in modi nuovi e
inediti. Giona rappresenta l’uomo chiuso in una religiosità orgogliosa,
esclusiva ed escludente, che pretende di possedere il progetto di Dio sulla
storia. Giona è il tipo d’uomo chiuso in una identità che non deve essere
intaccata, restio a muoversi, a partire ad aprirsi a nuovi orizzonti,
l’antitesi di Abramo. Con ironia nel libro di Giona si parla della penitenza
del re di Ninive che alla predicazione di Giona risponde con il cambiamento e
il digiuno, e con lui tutta la città. Giona è indispettito e dispiaciuto perché
Dio si manifesta a lui come un “Dio misericordioso” e clemente, longanime e di
grande amore, che si lascia impietosire riguardo al male minacciato. Giona è
l’uomo sconcertato, smosso dalla imprevedibilità e dalla novità dell’agire di
Dio. Il grande protagonista del libro è Dio che si china e si rivolge
continuamente verso qualcuno: il racconto mostra come Dio si intrattenga con
Giona e come il suo sguardo sia rivolto alla città. Giona diviene così
paradigma di una scoperta che ad ogni tempo può essere rinnovata e che nel
nostro tempo è forse la sfida di fondo di fronte alla quale ci troviamo: la
sfida di accogliere l’Alterità e di rapportarci all’altro nel tempo del
pluralismo, nel tempo in cui prevale la paura e la ricerca di chiudersi in una
identità senza l’altro. Giona è l’uomo chiamato ad ascoltare in modo nuovo la
Parola, in rapporto alla grande città. Giona ci parla innanzitutto
dell’Alterità di Dio: è una sfida religiosa quella che sta davanti a noi oggi.
La questione del senso della vita, della fede si pone in termini nuovi nel
tempo della pluralità delle fedi, delle culture, delle opzioni di vita. Siamo
anche oggi chiamati ad imparare a cercare Dio, a divenire cercatori di
trasparenza, al di là di schemi rassicuranti e che talvolta rinchiudono Dio
solo in costruzioni umane. Giona incarna la nostra difficoltà a seguire Dio nei
segni della storia. Sarà sempre Dio a tirare il filo della vita, per farne un
capolavoro. Il libro di Giona si chiude con una domanda, non con
un’affermazione. Forse è uno spazio aperto perché ciascun lettore possa
riempire lo spazio aperto alla domanda per poter scrivere un finale nuovo a
questo racconto, affascinante ed inquietante.
Giuseppe Borriello (laurea magistrale in
Scienze Religiose)