Provate ad andare a cercare su internet
utilizzando le sole parole “grande
distribuzione alimentare organizzata” e davanti
a voi si aprirà uno sconfinato
mondo di informazioni; addirittura per individuarla è in uso l’acronimo
GDO. Cibi e bevande di ogni ordine, grado e prezzo per umani ed animali ogni
giorno costituiscono oggetti di commercio internazionale e di distribuzione
globalizzata, con un proprio management di categoria e manuali rigorosamente
e-book, per ciascuna delle strategie di vendita a seconda delle diverse categorie
merceologiche.
D’altra parte dovunque spuntano nelle
città, ma anche in centri più piccoli, supermercati aperti continuamente di
giorno e di notte ed in tutti i giorni dell’anno, forniti dei prodotti più disparati
affinché nessun cliente possa restare insoddisfatto, dal vegano al
frequentatore delle scatolette o dei cibi precotti.
Va da se che anche il sistema valoriale
del lavoro sottostia alle stesse regole, cosicché moltissimi sono gli operatori
e gli addetti che si alternano nei diversi settori e nelle sedi della catena
distributiva, secondo necessità che rendono di fatto gli addetti assolutamente
interscambiabili tra loro.
Cibo,
“nutrimento” da prodotto alimentare diviene prodotto finanziario, nella
migliore tradizione del Mercato.
Ore 17 e trenta circa, di fronte ad uno di questi grossi
supermercati, nel cuore del quartiere napoletano di Chiaja aspetto che la
piccola salumeria apra i battenti.
La saracinesca è sollevata, dunque
Enzuccio, salumiere ormai di terza generazione, ha aperto, ma la porta a vetri
è chiusa, segno che si è dovuto allontanare, aspetto pazientemente, intanto
arriva qualche altro cliente, dal momento che prima o poi Enzuccio rientrerà
alla base.
Di li a poco infatti arriva sul suo
scalcinato motorino, con il grembiule immacolato sotto al piumino.
“Signò
scusate”- esordisce nel suo eloquio d’altri tempi nonostante sia abbastanza
giovane- “ma sono andato a fare una consegna all’ingegnere Rossi, sapete quel
vecchio ingegnere che è rimasto vedovo. Quello mi ordina ogni pomeriggio
qualcosa ma io l’ho capito vuole una piccola visita per spezzare la monotonia
dei pomeriggi solitari. Allora mi fa entrare, mi prepara il caffè, ed io me lo
piglio, anche se è tardi e tengo da fare”.
Che gli vuoi dire, penso mentre entro;
magari soltanto ricordargli che, caso mai non se ne fosse accorto, è circondato
da sfolgoranti reparti a vista della grande distribuzione pronti ad assecondare
ogni tuo desiderio. Mentre guardo gli scaffali
entrano i suoi clienti abituali; chi gli chiede se può andare a
prendergli le scarpe dal calzolaio, chi gli chiede se può approfittare un
momento del suo retrobottega per cambiare il bambino.
E mentre rifletto su cosa comprare mi
accorgo che in un angolo del negozio c’è un uomo di colore che si sta
letteralmente divorando un piatto di pasta. “Ma chi è quello che mangia là
dietro?”- gli chiedo- “Signò, è Mustafà, quello che ti mette la benzina quando
il distributore è chiuso; a furia di mangiare come capita nu sta bene, così gli
ho fatto preparare da mia moglie un poco di pasta in bianco e gliel’ho portata”
Ho preso quello che mi serve, pago, saluto
Enzuccio, che non manca di accompagnare il saluto con una battuta, ed esco.
Passo davanti al supermercato. E capisco.
Enzuccio incarna l’ economia; quella forma di scambio al cui interno le persone
che scambiano restano tali costituendone un valore aggiunto. La salumeria di
Enzuccio non è solo la sede di una attività commerciale, è anche un luogo di
relazioni umane, luogo di accoglienza; “i soldi, solo i soldi non creano
valore” ci insegna Lucia Mastrodomenico “ hanno bisogno delle relazioni per
poterlo fare”.
E così finalmente
giunta a casa svuoto le buste e mi rendo conto che Enzuccio mi ha messo nel
sacchetto del pane un panino a forma di fiore.