La società contemporanea è in
continua evoluzione. Nel corso del XX secolo ci sono stati dei mutamenti
radicali che hanno portato le società a trasformarsi tecnologicamente, economicamente,
politicamente, adattandosi ai nuovi
scenari mondiali. Con un’ economia occidentale in fase di globalizzazione,
l’assetto delle nuove Nazioni e Stati, raggiunto con guerre interne a sfondo
socio/ politico/religioso, il dilagare
delle ingiustizie, della povertà, la discriminazione, lo sfruttamento, hanno
reso incerta la vita di molti popoli e gruppi umani, alimentando
l’immigrazione verso altri stati tra cui
anche gli stati dell’Unione Europea. Tutto ciò ha fatto si che, popoli diversi per origine, tradizioni,
cultura e religione, vivono fianco a fianco nello stesso Stato, creando società
multietniche.
Ogni uomo, con il suo credo, con
il suo bagaglio di esperienze, con la sua cultura, con le sue tradizioni ha
bisogno di conoscere il suo fine, il fine della sua esistenza, dare risposte ai
suoi interrogativi, specialmente in una società moderna conflittuale,
relativista, tecnologica.
Di qui l’interesse per la domanda:
cos’è la religione?
Sul fondamento delle ricerche
etnologiche, archeologiche, dell’arte e della letteratura, possiamo, anche se
con approssimazione per la carenza di dati certi
sulla religiosità antica , evincere
che la religione è nata con l’apparire dell’umanità su questo nostro
mondo. Dove c’era vita umana intelligente, sono stati ritrovati i segni di
simboli religiosi. Infatti molti studiosi affermano che l’uomo della pietra era
un essere religioso. Nel tempo sono spesso sorte religioni che hanno caratteri
affini, se non comuni, anche se poi conservano tutta la loro specificità. Per
cui possiamo parlare di costanti religiose nel tempo, intendendo per costante
ciò che in un determinato momento storico è comune a diverse religioni, da
renderle simili, affini (religiosità tellurica, celeste, etnico/politica,
misterica, cristianesimo). Il termine religione, poi, deriva dalla parola
latina religio. Sono note le tre
etimologie che vengono attribuite a questa parola da Cicerone, S.Tommaso
d’Aquino e Lattanzio. Ma in termini reali possiamo dare una descrizione, più
che una definizione, della religione. Essa è il riconoscimento dell’esistenza
della divinità, da parte dell’uomo, e della dipendenza da essa sia
dell’universo, sia dell’uomo, insieme alla esteriorizzazione di tale
riconoscimento mediante diversi riti e miti, con forme individuali e sociali.
Il Concilio Vaticano II nella Dichiarazione “Nostra Aetate”, nella parte seconda, infatti asserisce che gli
uomini dai tempi antichi a tutt’oggi, anche se
appartenenti a popoli diversi,
riconoscono una forza superiore che è presente negli avvenimenti della vita umana.
Il concetto di Sacro.
Oltre al bisogno di credere,
l’uomo ha sempre avvertito la necessità di dare una causa a tutto, alla propria
vita, all’esistenza dell’universo. Per cui l’uomo ha individuato in un essere
supremo, colui che diede via a tutto il creato. Sia negli antichi miti,
leggende o religioni politeiste, sia nelle più moderne religioni monoteiste,
l’uomo ha individuato un dio, essere supremo, chiamato con diversi nomi a
secondo della cultura e gli ha attribuito caratteristiche diverse. La nascita
del divino, in generale, si caratterizza con il timore reverenziale che conduce
all’adorazione del dio con l’obbligo di seguire alcune regole morali pratiche o
astratte di provenienza divina.
Nella religione in quanto tale
possiamo distinguere quattro componenti fondamentali : a) la divinità; b)
l’uomo; c) la relazione della divinità verso l’uomo; d) la relazione dell’uomo verso la
divinità. Il Sacro, inteso come Dio, è
qualcosa di immenso, che è al di sopra di tutte le cose, è il Creatore. L’uomo
percepisce con stupore e ammirazione questa Entità misteriosa. Si rende conto
della sua dipendenza ed inferiorità rispetto al Sacro. Il desiderio dell’uomo è
quello di comprendere razionalmente, ma
non vi riesce. Tale desiderio si tramuta
nella ricerca spasmodica di avvicinarsi ad Esso.
Iniziamo l’esame sintetico
delle diverse religioni e della
religione a partire dalla visione della Chiesa. Il 28 ottobre 1965 fu
approvata la dichiarazione “Nostra Aetate” dedicata alle Religioni
non cristiane. Alla chiusura del Concilio
questa dichiarazione si rivelò fondamentale per la missione della
Chiesa, per il dialogo interreligioso e
con il mondo contemporaneo.
Il Concilio, nella dichiarazione Nostra Aetate, asserisce che tutti i popoli della terra sono ormai
da considerarsi come una sola comunità, ed hanno una sola origine ed anche un
solo fine ultimo. Pertanto ricorre
l’opportunità che la Chiesa affronti l’esame di tutto ciò che gli uomini hanno
in comune, nonché lo scopo ed il fine della vita di ognuno in riferimento alle attese espresse
dalle varie religioni a cui appartengono.
Tutte le religioni, tendono a
dare delle risposte alle stesse questioni, in forma diversa secondo il
progresso della cultura ed il linguaggio utilizzato. Nella NAe si
afferma che la “Chiesa cattolica nulla rigetta di quanto è vero e santo” c’è
nelle altre religioni, aprendo le porte, con prudenza e carità, al dialogo ed
alla collaborazione con i seguaci di altre religioni.
La Chiesa esprime parole di stima
e di riconciliazione con i mussulmani, esortando tutti a dimenticare il passato,
dopo dissensi ed inimicizie che, nel corso dei secoli si sono susseguiti. Il
Concilio affonda le radici di tale atteggiamento sul fatto che i musulmani adorano
Dio, sottomessi come vi fu sottomesso Abramo, a cui la fede islamica
frequentemente fa riferimento. Non riconoscono Gesù come Dio ma come profeta e
“onorano la sua madre vergine, Maria,”.(NAe
3).
Nel percorso interreligioso intrapreso dalla Chiesa, di
fondamentale importanza, è l’apertura alla religione ebraica, raccomandando
vicendevole stima, basata sugli studi biblici e teologici ma anche con
fraterno dialogo. Soprattutto si attesta
“il vincolo con cui il popolo del Nuovo Testamento è spiritualmente legato con
la stirpe di Abramo” (NAe 4). Viene
evidenziata poi la
spiritualità della religione
ebraica, il patrimonio spirituale comune ai cristiani ed agli ebrei.
Il fulcro della dichiarazione si
concentra sulla eliminazione di due punti che nel passato portarono alla nascita di attività persecutorie nei
confronti del popolo ebreo: l’accusa della morte di Cristo “che non può essere
imputata né indistintamente a tutti gli Ebrei allora viventi, né agli Ebrei del
nostro tempo” (NAe 4). Pertanto la
Chiesa si allontana e condanna tutte le
forme che rappresentano tale popolo come maledetto da Dio, deplorando le
persecuzioni e tutte le forme di antisemitismo.
Nella conclusione della
dichiarazione conciliare, che può considerarsi una sintesi dei punti precedenti,
la Chiesa invoca il fraterno amore
indistintamente tra tutti gli uomini, senza distinzione di razza, colore,
religione o condizione sociale. Si auspica una pace duratura tra i popoli della
terra alla luce di essere realmente figli di Dio (fraternità universale).
Giuseppe Borriello (laurea magistrale in Scienze Religiose)