Ed
eccoci alla terza ed ultima parte della presentazione dei risultati
dell’indagine condotta tra i volontari che si dedicano alle persone senza
dimora, nella quale ci occuperemo dei dati raccolti presso i responsabili delle
associazioni o delle strutture coinvolte (scheda B del
questionario/intervista).
Pur
se non appare possibile la realizzazione di un report “statistico” di tali dati
- in particolare a causa dell'esiguità del numero delle schede e per la
natura essenzialmente “qualitativa” e poco standardizzabile dei dati stessi - alcune parole chiave emerse in questi
colloqui risultano interessanti e stimolano altre riflessioni.
Tutte
le realtà associative oggetto di analisi sono state definite dai relativi
responsabili come “religiose” o di “ispirazione religiosa”. Non stupisce,
dunque, che le motivazioni alla base della loro costituzione e della loro
attività siano rintracciabili nello spirito evangelico di servizio/aiuto al
prossimo.
In
un caso, il riferimento evangelico fornito è estremamente preciso (Vangelo di
Matteo 25, 31-46).
Si
tratta della rappresentazione del Giudizio Finale, in cui la salvezza dei
giusti viene motivata direttamente da Gesù, con queste parole: “...perché ho avuto fame e
mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere, ero straniero
e mi avete accolto, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato,
carcerato e siete venuti a trovarmi”.
E
dinanzi allo stupore dei giusti ed alla loro richiesta di chiarimenti,
puntualizza: “...tutto quello che avete
fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l'avete fatto a me”.
È
la compiuta espressione del doppio potere “curativo” delle cosiddette opere di
misericordia corporale: al tempo stesso sollievo ai mali dell'esistenza umana e
strumento di ottenimento della grazia spirituale. Una motivazione, dunque, che
pur provenendo da un'autorità spirituale appare distante dalla quiete delle
riflessioni teologiche e immersa nella drammaticità della vita, come nei
dipinti di Caravaggio (si veda “Le Sette Opere di Misericordia”, dipinto
custodito presso il Pio Monte della Misericordia di Napoli).
In
linea generale l'accesso ai servizi offerti dai gruppi associativi intervistati
avviene, da parte dei senza dimora, senza alcuna formalità: a chi chiede, viene
dato, nei limiti delle disponibilità e con la sola eccezione delle strutture di
accoglienza, per l'accesso alle quali è di solito previsto un colloquio
conoscitivo teso – tra l'altro – a valutare la “compatibilità” dell'ospite con
l'accoglienza offerta.
Interrogati
sulle aspettative espresse dai senza dimora nei rapporti con le rispettive
associazioni, i responsabili hanno rimarcato come – accanto all'approccio
pragmatico di chi si rivolge a loro per l'ottenimento di precisi aiuti
materiali (cibo, vestiario, igiene personale) – non manca, da parte di altri,
una richiesta pressante di farsi carico “in toto” della propria condizione,
favorendone il superamento dello stato di senza dimora.
Utilizzando
un'immagine molto emblematica, uno degli intervistati risponde che i senza
dimora si aspettano dall'associazione “la bacchetta magica” che risolva tutti i
loro problemi. Non è possibile stabilire con certezza quanto questa convinzione
sia realmente radicata in chi chiede aiuto e quanto nella percezione
dell'operatore sociale di sostegno, ma certamente esprime il “carico” di
impegno materiale, ma anche emotivo, richiesto a quest'ultimo dall'impatto con
il grave disagio degli adulti. Il problema di dover fronteggiare – spesso con
risorse limitate – la complessità del disagio dei senza dimora è certamente uno
dei problemi connessi alla gestione degli operatori in questa tipologia di
servizi. La percezione dell'inadeguatezza delle risposte alla dimensione della
domanda di aiuto, può indurre a forme di ripiegamento dell'assistenza sui
versanti di intervento più facili da garantire e nel contempo mettere a dura
prova la motivazione stessa dell'operatore.
Sul
versante economico, per lo più le realtà intervistate si dichiarano autofinanziate
o sostenute da privati.
Interrogati,
infine, sull'individuazione dei punti di forza e di debolezza delle proprie
esperienze associative, si registra assoluta concordanza nel ritenere il
“volontariato” e la sua “gratuità” il punto di forza di queste realtà.
Un
volontariato che si presenta come molto motivato, ma ancora poco
“professionalizzato”, dal momento che quasi nessuna associazione riferisce di
prevedere al proprio interno la presenza di personale professionale di
supporto, oppure lo svolgimento costante di percorsi formativi per i propri
volontari, ad eccezione di alcune esperienze di formazione in materia di
gestione della relazione di aiuto oppure in materia di igiene e sicurezza del
lavoro (queste ultime limitatamente alle strutture di accoglienza).
Anche
sul versante dei “punti di debolezza” le testimonianze convergono
nell’individuarle nella stessa natura volontaria dell'impegno degli operatori,
che talvolta determina delle criticità nella gestione dei servizi, quali, ad
esempio:
la
carenza numerica degli operatori (in particolare in alcuni periodi dell'anno);
la
necessità – talora – di conciliare l'impegno volontario con il lavoro;
le
difficoltà di “convivenza” tra i diversi approcci e motivazioni dei volontari
laici e religiosi impegnati nei servizi.
Ivo Grillo (sociologo)
Hanno
partecipato al lavoro di ricerca/intervento sui senza dimora:
“La
Locomotiva ONLUS” – (Danilo Tuccillo – Rosario Di Lorenzo)
Master I
Livello in Management e Coordinamento dei Servizi Socio Sanitari – Dipartimento
di Scienze Sociali – Università Federico II – (Carmela Masuccio – Federica
Generoso)
Master II
Livello in Direzione, Management e Coordinamento delle strutture sanitarie,
sociali e socio-assistenziali territoriali – Dipartimento di Scienze Sociali – Università Federico II -
(Ivo Grillo)
“Madrigale per Lucia ONLUS” – (Rocco Maria Landolfi)
“Madrigale per Lucia ONLUS” – (Rocco Maria Landolfi)