Reykjavik, nome impronunciabile per noi italiani, è la capitale dell’Islanda, isola posta
tra Groenlandia e Gran Bretagna, quindi molto a nord, ma nonostante questo dal
clima non freddissimo, grazie a particolari correnti che portano spesso venti
da sud ovest. Venti frequentemente fortissimi, presenti in ogni dove dell’isola,
che rendono il clima non sempre piacevole. L’Islanda è caratterizzata dalla
presenza di grandi ghiacciai e di molti vulcani. La natura si è divertita a
distribuire nell’isola molta acqua ed
abbondante fuoco. Circa 320.000 abitanti (poco più di una municipalità delle
nostre principali città), è la nazione europea meno popolata, avendo uno
superficie molto estesa. Dal 1944 ha conquistato la propria autonomia
rendendosi indipendente dalla Danimarca.
La cosa originale è che una nazione così ha una
squadra di calcio che ha sconfitto l’Inghilterra ed è arrivata ai quarti di
finale, nei recenti campionati europei di calcio. Bell’esempio di come i più
piccoli, i più deboli riescano a vincere contro i più forti e più ricchi. Ma
non è solo per questo che tifiamo Islanda.
Sabrina Scampini, nel suo libro “Perché le donne
valgono anche se guadagnano poco” (Cairo ed. Milano, euro 14, pag. 176), offre
interessanti spunti di riflessione sul popolo islandese: “gli Islandesi sono stati i primi al mondo ad avere un Presidente donna
, nel 1980, poi confermata per tre mandati successivi”; l’art. 65 della
costituzione islandese afferma : “uomini
e donne hanno uguali diritti da tutti i punti di vista” e dal momento che
questo principio non è stato solo scritto ma viene anche messo in pratica, “l’Islanda è considerato il paese più
femminista della terra”. Nel 1975, in Islanda, 25.000 donne dettero vita ad
una grande manifestazione. In piazza a Reykjavik si radunarono per protestare
contro la disparità tra donne ed uomini, dando vita ad un vero e proprio
sciopero delle donne. Smisero di lavorare, nelle proprie case e nei luoghi di
lavoro, per 24 ore, abbandonando in massa anche i mariti ed i figli, mandando
in tilt il loro paese.
Donne forti, autonome e ben determinate che
hanno messo in pratica l’affermazione della giornalista statunitense Gloria Marie Steinem : “una donna ha bisogno di un uomo tanto quanto un pesce ha bisogno di
una bicicletta”.
Nel 1996 Ejour Guojoh, nella partita amichevole
Islanda Estonia, entrò in campo, nel
secondo tempo, al posto di Arnor Guojoh, suo
padre che, evidentemente, data
l’età, non reggeva i 90 minuti. Unica staffetta padre-figlio verificatasi in
una partita di calcio tra nazionali europee.
In questo campionato europeo, negli stadi di
Francia, sono presenti numerosissimi tifosi islandesi, intere famiglie che
gioiscono per le inattese vittorie della propria squadra. Si sono inventati un
battimani, a fine partita, che è diventato virale sui siti internet di tutto il
mondo.
Un piccolo popolo, dai buoni principi a quanto
pare, dove le donne contano, dove i calciatori se la stanno giocando alla pari
con le più titolate e forti nazionali europee. Fatti concreti di come un popolo,
dignitoso e lungimirante, sia divenuto esempio,
sul terreno dei diritti civili ed anche sul terreno dei campi di calcio. Esempio per i tanti calciatori super pagati ma
alle volte frustrati, esempio anche per quei tifosi violenti tifosi che producono
danni e devastazioni.
Ecco, ci sembrano tutti validi motivi, per tifare Islanda.
Lucia Rosa
Mari