Sto
aspettando l’autobus, primo tiepido sole primaverile. Dal portone dell’elegante
palazzo alle spalle della fermata esce una domestica straniera con tanto di
grembiule azzurro e crestina che trascina un carrellino della spesa stracolmo
di libri. La guardo distrattamente mentre apre il carrellino, prende il primo
libro e si accinge a buttarlo nel bidone destinato alla carta. Ad uno ad uno
comincia a buttare i libri. Il tonfo dei
libri nel bidone mi disturba e così mi soffermo sulla donna che li sta buttando.
Il gesto che compie non le è congeniale; butta i libri ad uno ad uno, ma li
guarda con attenzione, gli scurissimi occhi concentrati, qualcuno lo sfoglia,
pare prendere un po’ di tempo, indugia
con lo sguardo sulla copertina e lo lascia andare nel bidone con un sospiro.
I
nostri occhi si incrociano e lei quasi giustificandosi mi dice: “mi hanno detto
di… buttarli”. Ha quasi terminato ma, gli ultimi due libri non li butta, furtivamente
li rinfila nel carrellino e rientra nel portone. Poi si rivolge verso di me e
mi guarda sorridendo. Le sorrido anch’io, l’irresistibile potenza del libro ha
avuto la meglio.
In
questo civile Paese dove specialmente al Sud si legge poco (ammesso che la
lettura abbia un troppo) ancora una volta un segno di valore ci giunge da una
straniera. Ancora una volta è un “estraneo” a farci soffermare su cose che
oramai noi europei diamo per scontate. Come nel caso dei libri, ed il loro
inestimabile valore simbolico e di contenuto. Probabilmente per alcuni
stranieri, soprattutto quelli che giungono nel nostro Paese da luoghi di
storica migrazione come l’Asia e l’Africa, il libro costituisce ancora uno dei
più formidabili strumenti di comprensione della vita, vero e proprio mezzo per
l’integrazione ed interpretazione di culture diverse, nello stesso tempo
oggetto della relazione e mezzo che consente la relazione con l’altro/a.
I
migranti che attraversano mari su carrette e affrontano cammini impensabili
sicuramente hanno bisogno di beni di primissima necessità, ma non solo di
quelli. Hanno anche bisogno di integrare la loro
cultura con la nostra e costruire nuove relazioni. I libri in questo caso, una volta assicurate
le condizioni esistenziali basilari, possono contribuire a dare loro una prospettiva
diversa.
Certo
il libro, come dice Luciano Canfora, è strumento di libertà; forse però, migranti liberi ma, più in generale, donne ed uomini liberi, servono davvero a poco, in una logica di mercato volta essenzialmente
al profitto, per la quale emarginazione
e miseria sono l’ essenziale nutrimento.
Maria Vittoria Montemurro