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Relazionarsi e mobilitare: le vie del cambiamento

E'possibile cambiare la storia? E' la stessa storia a dirci di sì. Essa è composta da onde lunghe e decise rotture, deviazioni che ne modificano irrimediabilmente il corso. L'uomo è l' artefice dei cambiamenti storici e proprio perché egli ha nelle sue possibilità la capacità di migliorare il suo avvenire, avrebbe il dovere di cambiare lo stato corrente delle cose, la forza di creare mobilitazione, rompere irreversibilmente con un mondo corrotto ed amorale. Omologarsi alla convenzione, a ciò che incredibilmente appare ovvio, rispettare ed investire su un potere solo perché tale non è il modo necessario per intervenire attivamente sulle problematiche della società, bensì sarebbe auspicabile investire sul potere che ognuno di noi potrebbe avere se creasse coesione, relazione nei confronti di un potere ingiusto e solo apparentemente superiore. E' evidente che il singolo ha forza relativa : il processo di cambiamento deve sì partire dalla soggettività dell'individuo, ma per poi manifestare caratteri universali che, solo allora, potrebbero essere condivisi da altri all'interno della società. E' la naturale tendenza a collaborare e non ad entrare in conflitto, il principio in base al quale gli uomini si associano: ci si riunisce per il bisogno di vivere in comunità. Platone sostiene che la formazione di una comunità e la divisione razionale del lavoro che ne segue costituisce una forma embrionale, ma pura, di giustizia, poiché in questo modo le singole capacità dell'individuo sono finalizzate al bene comune. Dal suo grande maestro Aristotele riprende l'idea che l'uomo è naturalmente portato ad associarsi: egli definisce l'uomo come un "animale politico", intendendo per politica la vita comunitaria. Solo Dio può vivere senza la collaborazione degli altri uomini e, invece, chi vive sulla terra totalmente al di fuori di un contesto comunitario, viene paragonato ad una bestia, poiché non segue la naturale tendenza umana. Su questa stessa linea di pensiero, secoli dopo, si colloca il pensiero spinoziano, secondo cui "l'uomo per l'uomo è Dio"; in aperto contrasto con Hobbes, per Spinoza nulla è più utile all'essere umano della vita in società, che gli consente di contrastare al meglio i pericoli che la parte oscura della sua natura pone alla sua stessa autoconservazione e di procurarsi, molto più facilmente, ciò di cui ha bisogno. Dal sentimento della comune natura umana e dalla necessità di creare relazioni affettive, nasce il concetto di "humanitas" di Terenzio, che si basa sulla natura essenzialmente buona dell'individuo, il quale , in quanto uomo, si approccia agli altri con benevolenza e tende a proiettare sulla sua condizione le vicende altrui, interessandosi ai mali del prossimo. In Cicerone, tale concetto di "humanitas", pur evolvendosi, rimane strettamente connesso a valori quali "felicitas" (disponibilità), "clementia" (dolcezza), e "mansuetudo" (indulgenza). Anche Seneca, nel "De Vita Beata", giunge a trattare implicitamente di "humanitas", ascrivendo nella categoria dei virtuosi coloro che manifestano solidarietà nei confronti degli altri uomini ( " la natura mi imponeva di essere di aiuto agli altri uomini" ). In qualsiasi contesto comunitario diventa necessario esporre liberamente le proprie idee per creare dibattito costruttivo, anche conflitto se necessario. Relazione in ogni caso, senza commettere l'imperdonabile errore di far soffocare e morire gli ideali all'interno dell'individuo che li sostiene. Per Hegel è proprio il movimento dei venti e l'incontrarsi delle diverse correnti a salvare il mare dalla putredine. Il progresso nasce dall'interazione costruttiva. Questa diventa proficua solo se vengono prese in esame le considerazioni di tutte le componenti che intervengono nel dibattito, più o meno ampio che sia: pensare a priori che la propria opinione sia quella giusta e quella altrui errata, è il primo passo verso la fine di qualsiasi tipo di relazione umana. Le relazioni sociali tra uomo e donna, giovani e anziani, diventano basilari in un mondo basato oggi sul narcisismo e sullo smodato uso di beni naturali. In una società fredda è proprio lo scambio interculturale fra componenti opposte a poter determinare il miglioramento della specie umana e quindi della convivenza civile. Non nascondersi dietro ad un potere e vivere in balìa di esso, ma cercare una mediazione tra quest'ultimo e democrazia, tra materialismo e idealismo. E' necessario mettere, quindi, in discussione i capisaldi sui quali il vivere quotidiano si fonda e attraverso tale critica arrivare al miglioramento di tutta la specie umana. Attraverso la storia che evolve in meglio si potranno, forse, abolire disuguaglianze ingiustificate tra individui di pari dignità e creare forti relazioni tra quest'ultimi, che non avranno più bisogno di manifestare tramite i mezzi di comunicazione il loro narcisismo ed egocentrismo che, nella vita reale e non virtuale e senza l'utilizzo di uno smartphone, si traduce in difficoltà di inserimento nella società ed in una rinnegazione totale del proprio essere umani.


Stefano Gentile