Quando
un argentino, con la testa dura, fissa un obbiettivo, ci sono veramente poche
possibilità di fargli cambiare idea e farlo ritornare sui suoi passi.
E’
il caso di Carlos Tevez che, solo qualche
mese fa, dopo una bruciante sconfitta in finale di Champions League, aveva
deciso che era giunto il momento di tornare a casa. In patria aveva un lavoro
da finire con la casacca azul y oro degli Xeneizes, del Boca, squadra in cui è
cresciuto e della quale è stato sempre tifoso.
Il
Boca non vinceva un titolo nazionale dal 2011, troppo tempo per una squadra
abituata a vincere costantemente. Il 14 luglio Carlitos è il giorno in cui torna a Buenos Aires. Torna
facendo una promessa, e uno come lui le promesse, le mantiene. Nel calcio
d’oggi, forse valgono di meno, come i giuramenti e le dichiarazioni d’amore. Ma
forse, le promesse di un argentino con la testa dura valgono di più, molto di
più.
“All’estero uno va da solo, la famiglia che
ti accompagna allo stadio non c’è più, ma il popolo è sempre con te, i titoli
che vincevo erano sempre dedicati a loro” dichiarò Carlitos appena tornato
in patria.
I
tifosi della Juventus, quest’estate, non hanno preso benissimo l’addio di
Carlitos. Si sono sentiti traditi dall’uomo che li aveva riportati al vertice
del calcio europeo e poi aveva deciso di tornare a casa. Ma forse è stata solo l’amarezza
di chi sapeva di aver perso un campione vero, uno di quelli che in campo ci
mette sempre il cuore, l’anima e l’orgoglio. Che di fronte ci fosse il Chievo o
il Barcellona, il Cesena o il Real Madrid, davvero non importava.
Carlos
Tevez è tornato al Boca perchè voleva riabbracciare la sua gente, i suoi amici,
il suo popolo. Si è rimesso la casacca numero 10 sulle spalle, quella di Diego,
quella di Juan Roman Riquelme, che si era appena ritirato e che a Buenos Aires
stavano ancora cercando di dimenticare. Si è rimesso subito al lavoro. Aveva
promesso un titolo. Il titolo di
campione d’Argentina che, dopo una
stagione lunghissima e un campionato dalla formula particolare (a 30 squadre) è
arrivato, battendo il Tigre in una Bombonera (stadio storico del Boca)
stracolma fino all’inverosimile.
A
fine partita, dopo i festeggiamenti, Carlitos Tevez ha preso la coppa, si è
issato sulla traversa, si è seduto sulla parte superiore e si è goduto il
momento. Era esattamente dove voleva essere, felice come voleva. Era l’uomo più
felice del mondo, in quell’istante. L’uomo tornato dall’Europa per vincere per
la sua gente, insieme alla sua gente. L’uomo che aveva mantenuto la promessa di
far tornare grande la squadra del suo cuore.
Rocco Maria Landolfi